
Il fatto del giorno
di Giorgio Dell'Arti
La Caritas ci fa avere il solito rapporto annuale sulla povertà, e, come sempre, ci si stringe il cuore
• Che cos’è la Caritas, che citiamo spesso e non spieghiamo mai?
È il braccio misericordioso dei vescovi italiani, cioè della Cei, che agisce attraverso 1.649 Centri dislocati in 173 diocesi. La guida adesso l’arcivescovo di Agrigento, cardinale Francesco Montenegro. Nel primo articolo dello Statuto leggiamo che la Caritas promuove «la testimonianza della carità nella comunità ecclesiale italiana, in forme consone ai tempi e ai bisogni, in vista dello sviluppo integrale dell’uomo, della giustizia sociale e della pace, con particolare attenzione agli ultimi e con prevalente funzione pedagogica». L’accoglienza, o l’ascolto, come amano dire sacerdoti e volontari di quest’organizzazione benemerita, consiste nel mettere a disposizione degli infelici un letto, un pasto, cose con cui ripararsi dal freddo. È un mestiere difficile, che mette in evidenza la grandezza dell’animo umano, e provo qualcosa dentro di me nel dirlo, dato che in genere qui ci occupiamo di brutture, essendo purtroppo le notizie propriamante dette pura cronaca dell’abominio.
• La povertà è abominio.
Don Ciotti dice che la povertà andrebbe considerata «illegale». E comunque la Caritas, in questo rapporto, ci dice che gli italiani poveri nel Sud hanno superato gli stranieri, mentre al Nord la comunità dei poveri stranieri è superiore a quella degli italiani. A livello nazionale, poi, gli immigrati poveri sono più dei poveri nostri, 57,2% contro il 42,8. Ma anche al Nord, non creda: indagini a campione hanno mostrato che la comunità di italiani che cercano un letto o un pasto nelle strutture specializzate è la seconda, per numero, dopo quella dei romeni e prima di quella dei marocchini. Si rivolgono ai Centri Caritas in maggioranza donne ma in una percentuale (50,1) molto inferiore a quella di un tempo. In pratica, maschi e femmine sono poveri quasi nello stesso numero. Chi si rivolge a un Centro Caritas è in genere coniugato (47,8%), ha la licenza media inferiore (41,4%) o solo quella elementare (16,8%) e qualche volta è diplomato (16,5%), ma molto di rado laureato. Il 60,8% è disoccupato o inoccupato.
• Per qualche ragione mi impressionano di più quelli che avevano una casa, un lavoro, una vita normale, e si sono ridotti sulla strada, a dormire all’ospizio.
Spesso succedono più disgrazie nello stesso momento. Si viene licenziati, e la famiglia si sfascia. Uno su quattro ha perso per qualche ragione la casa, un altro 13 per cento è stato buttato fuori dal coniuge. Quanto ai profughi o ai richiedenti asilo, nel corso del 2015 si sono rivolti ai centri di ascolto della Caritas in 7.770. Sono quasi tutti uomini (92,4%) e hanno in genere fra i 18 e i 34 anni. Uno su quattro è analfabeta. Quando gli si chiede: di che cosa hai bisogno, prima di tutto?, rispondono: di una casa.
• Che cosa si intende esattamente per «povero»?
La Banca Mondiale, prendendo in considerazione l’intero pianeta, aveva fissato la soglia di povertà a due dollari al giorno. Cioè, aveva calcolato che, mediamente, un uomo si procura il necessario per vivere se riesce a mettersi in tasca due dollari al giorno. Questo standard, di recente, è sceso a un dollaro e 90, come spiega la stessa Banca Mondiale nel suo ultimo rapporto (Povertà e prosperità condivisa) reso noto pochi giorni fa. La Banca ci fa sapere che i poveri nel mondo sono diminuiti benché gli abitanti della Terra continuino ad aumentare di numero. Questo è dovuto alla crescita di quello che una volta si chiamava Terzo Mondo, non solo i paesi dell’Estremo Oriente, ma anche l’Africa, che oggi ha un Pil di 500 miliardi di dollari, ma tra dieci anni arriverà a un Pil di 930 miliardi, con aumento della popolazione urbana (+187 milioni) - un tratto tipico delle società opulente - con raddoppio della produzione manifatturiera e un quarto del fatturato determinato dall’export (queste ultime sono stime McKinsey). Tornando alle valutazioni della Banca Mondiale, si calcola il numero di poveri nel mondo in 767 milioni, contro i due miliardi di 25 anni fa.
• È vero che la distanza economica tra il segmento ricco della società e quello povero è aumentata?
Dipende. Sempre secondo la Banca Mondiale, la distanza media tra paesi ricchi e paesi poveri è diminuita, e questo è quasi intuitivo perché la grande crisi cominciata con i subprime ha colpito soprattutto le nazioni occidentali, e molto meno le asiatiche e le africane. Ma, dice la Banca Mondiale, anche all’intero dei singoli Paesi, in genere (e sottolineo in genere), la distanza tra il segmento più ricco e quello più povero non è aumentata. In quasi i due terzi degli 80 paesi presi in considerazione, i redditi del 40% più povero sono cresciuti più rapidamente degli altri. Nell’altro terzo, invece, è accaduto il contrario: ai poveri è andata, percentualmente, peggio che ai ricchi.
• L’Italia?
Sta in questo terzo rimanente, purtroppo, con Francia, Grecia e Spagna. Da noi i poveri sarebbero 4 milioni e 800 mila. Il reddito nazionale medio è sceso in media dell’1,82% l’anno, ma per questi sfortunati è sceso invece del 2,86.
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