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 2016  ottobre 18 Martedì calendario

Condannata senza attenuanti. Veronica è l’unica assassina. Colpevole anche di calunnia per aver accusato il nonno

Colpevole. La mamma di Santa Croce Camerina, per il giudice del primo grado, merita trent’anni di prigione e nessuna attenuante. Stando a questa prima sentenza sarebbe stata lei e soltanto lei a strangolare il figlio Lorys la mattina del 29 novembre 2014, con una fascetta di plastica. Sempre lei ne avrebbe (...) buttato il corpo senza vita dentro un canale di scolo a ridosso del paese. 
Esce invece dalla scena dell’omicidio nonno Andrea Stival, il suocero di questa giovanissima mamma, che lei aveva accusato di avere ucciso il bambino. Motivo: il timore che il piccolino potesse rivelare a suo padre Davide la presunta relazione di sesso fra la stessa Veronica e il suocero. Sulla chiamata in correità nel delitto e per le accuse al nonno, il giudice di Ragusa ha inviato gli atti per calunnia alla procura che dovrà decidere se Veronica sia colpevole anche di questo reato. La richiesta dell’accusa, ieri, è stata accolta in pieno. Anche se il giudice Andrea Reale ha rigettato la premeditazione e le sevizie. La mamma di Santa Croce ha scelto il rito abbreviato: sarebbe stato ergastolo, in un processo ordinario. Per trent’anni, la durata della pena, lei non potrà esercitare la potestà genitoriale nei confronti di Diego, il figlio più piccolo che da 22 mesi chiede di poter incontrare in cella. Ed è a questo punto, quando il giudice pronuncia queste parole, che lei non riesce più a trattenere il pianto. Scoppia in lacrime, e al suo avvocato mormora: «Sono innocente». 
Per tutta la mattina Veronica era rimasta in silenzio. Muta anche quando in aula hanno replicato la difesa e le parti civili. Presenti suo marito Davide (che ha chiesto la separazione) e il suocero, che lei ha accusato del delitto. I loro sguardi non si sono mai incrociati. Nessun commento dal papà di Lorys. Dopo la lettura del verdetto Davide si allontana senza voltarsi e lasciando alle spalle la ressa di telecamere. Non c’è cronista che tenti di violare il suo silenzio. Davide se ne va così, senza che nessuno tenti di fermarlo e di rubargli un commento. 
«Una sentenza che prima di tutto dà pace e giustizia a Lorys. Ho sofferto, ho smesso di dormire da quel giorno del delitto, le accuse di Veronica non mi hanno mai preoccupato perché io non avevo alcun motivo di temere niente» dice invece nonno Andrea Stival, dimagrito e provato. «Ora che ogni ombra è stata cancellata anche dal giudice, può cominciare il momento della riconciliazione tra me e mio figlio Davide». Il suo difensore, Francesco Biazzo, aggiunge che «la trasmissione degli atti alla Procura per il reato di calunnia nei confronti di Andrea Stival sono la dimostrazione che il mio assistito non ha mai mentito». Il gup, oltre a disporre la libertà vigilata per cinque anni, ha inoltre condannato Veronica al risarcimento delle pari civili: 350 mila euro al marito e 100 mila ciascuno ai suoceri Andrea Stival e Pinuccia Aprile. 
«La prova, manca la prova, non si può condannare» era la tesi della difesa. L’avvocato Francesco Villardita lo ha urlato forte, al punto di far valicare il vocione dalla porta chiusa dell’aula del tribunale. E inutilmente ha ribadito la sua richiesta di assoluzione per l’imputata: «Impugneremo ha annunciato all’uscita dal Tribunale, noi non siamo abituati a criticare le sentenze. Siamo abituati, da giuristi e da avvocati, ad accettarle o a impugnarle nelle opportune sedi, ed è ciò che faremo non appena avremo avuto la motivazione». 
Serviranno novanta giorni per conoscere i motivi del verdetto. «Intanto è la sentenza che ci aspettavamo» replica Davide Scrofani, difensore di Davide Stivale. «Il mio assistito è molto provato da questa enorme tragedia. Il momento della sentenza è stato per lui e per coloro che erano presenti in aula di grandissima emozione. Siamo abituati a governare sentimenti, ma è stato come capire che è tutto vero. Vero che lei ha ucciso suo figlio, che ha calunniato il suocero, vero che ha distrutto la vita al marito e a tutti coloro che ha coinvolto in questa vicenda terrificante». 
Sono le sette della sera quando le guardie penitenziarie prendono Veronica sottobraccio e la riportano nel carcere di Catania. Lei non smette di piangere e prima di lasciare l’aula ripete: «Io sono innocente». Svanisce così Veronica, portando con sé le sue tante versioni dei fatti. Troppe verità per essere creduta: «Ho portato Lorys a scuola, ve lo giuro. No, adesso ricordo: lui si è strangolato da solo giocando con le fascette di plastica e io non ho chiamato il 118 per paura di essere incolpata dell’omicidio. Per questo l’ho gettato al canalone». Infine le accuse al suocero, che potrebbero costarle anche la condanna per calunnia: «Lo ha ucciso lui, con un cavo usb. Lo ha fatto perché il bambino ci ha sorpresi a fare sesso e temeva che il piccolo potesse dire tutto a mio marito». Veronica per il giudice ha mentito e ucciso. E lo avrebbe fatto da sola. Merita trent’anni. Il massimo della pena, come richiesto dall’accusa. Resta un cellulare che va verso la prigione di Catania, portando con sé questa madre di 28 anni. E resta la foto di Lorys che sbuca dallo schermo del telefonino del suo papà. Aveva 8 anni e il grembiule della scuola, Lorys. Lui: il più dimenticato di questa storia nera.