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 2016  ottobre 18 Martedì calendario

Elena Ferrante spopola anche in Germania

Andare alla Buchmesse di Francoforte per chi ama la lettura è come entrare in un harem per Donald Trump. Un harem della nostra immaginazione morbosa di occidentali. Quelli autentici, descritti dalle viaggiatrici, che poi riferivano ai compagni scrittori, erano di una noia mortifera. Così non capisco perché alla più grande fiera del libro al mondo che apre domani (fino a domenica), non venga il ministro alla cultura Dario Franceschini, tra l’altro anche romanziere.
Al suo posto verrà il sottosegretario allo sviluppo, Ivan Scalfarotto. Ma gli impegni romani sono sempre über alles, e comunque il nostro governo, da sempre, per la lettura fa ben poco, o niente.
La Buchmesse per la prima volta vede come ospite d’onore non un paese, ma una zona linguistica, il fiammingo. La rassegna è dedicata all’Olanda e a una parte del Belgio. Terra felice per gli autori. Gli olandesi, poco più di 6 milioni, comprano e leggono, e non hanno bisogno di traduzioni. Non vale la pena, per un mercato così ridotto tradurre dall’inglese, o dal tedesco, lingue che quasi tutti conoscono. Per fare solo un esempio, un libro di poesie vende in media 10 mila copie. Da noi, in proporzione, dovrebbe sfiorare le 100 mila. In compenso noi moltiplichiamo i saloni del libro. Quello di Torino non era affatto male. A Francoforte è vietato vendere uno dei 500 mila volumi esposti, e alcune giornate sono riservate agli addetti ai lavori. A Torino si assisteva all’assalto dei lettori, alla scoperta anche dei piccoli editori. Peccato. Ora avremo una Buchmesse anche a Milano, forse una terza a Firenze, senza dimenticare la fiera dell’editoria per ragazzi a Bologna, e quella della piccola editoria a Roma.
I dati dell’Aie, l’Associazione degli editori, che si batte bene da anni contro tutto e tutti, verranno comunicati domani, ma sembra che il 2015 abbia visto una modesta inversione di tendenza, forse un più uno per cento, dopo anni di crisi. Dal 2010 al 2014 si era perso oltre l’11%, scendendo a 1,9 miliardi di fatturato.
A Francoforte saranno presenti 250 editori italiani (su oltre 7 mila provenienti da cento paesi), ma 107 esporranno nello stand comune Italia curato dalla Aie. L’anno scorso erano 47. Dimostra il buon lavoro dell’Associazione, ma temo, spero sbagliando, che l’aumento sia dovuto alle crescenti difficoltà dei piccoli, e ai costi crescenti della Buchmesse. Uno stand singolo anche minuscolo diventa un lusso. Risparmiano anche i grandi. Qualche anno fa, gli editori rimanevano a lungo, oggi conclusi gli appuntamenti concordati in anticipo si affrettano a tornare a casa. Non solo gli italiani.
La Buchmesse quest’anno è tardiva, di solito apre agli inizi di ottobre, e così il Nobel per la letteratura che viene per tradizione reso noto durante la fiera, è stato già assegnato. Critiche al premio a Bob Dylan? Certamente, non farà vendere un solo libro in più, comunque meglio lui di almeno tre laureati degli ultimi dieci.
Nel 2015, le traduzioni dall’italiano in tedesco sono state 272, contro le 1.131 dal francese, e le oltre 6 mila dall’inglese. Non è un dato negativo. Quest’anno la star è la Ferrante, lanciata sul mercato tedesco con una straordinaria operazione commerciale. Wer ist sie? Chi è lei? In realtà non importa a nessuno, ma fa vendere. Il primo volume della saga partenopea, «Meine geniale Freundin», la mia amica geniale, edito da Suhrkamp, è già al terzo posto, al primo sempre Harry Potter, al secondo un giallo teutonico.
Infine, in Germania si è riusciti a bloccare il leggero calo degli ultimi anni: nel 2015, si era perso l’1,4% scendendo a 9,4 miliardi, sempre oltre il quadruplo rispetto all’Italia. Ma il mercato negli ultimi dieci anni è rimasto in complesso stabile, e il calo del fatturato è dovuto anche al calo del prezzo concordato tacitamente dagli editori. L’amore per la lettura si mantiene anche così. Un romanzo rilegato non supera in media i 26 euro, quello della Ferrante si ferma a 22. I tedeschi rimangono fedeli alla carta: l’eBook sale con lentezza, rappresenta il 4,5% del mercato, contro il 4,3 del 2014, e il 3,9 dell’anno precedente.