La Stampa, 18 ottobre 2016
Tennis e battaglie. Navratilova, sessant’anni sempre all’attacco
Martina Navratilova compie 60 anni e non ha mai smesso di scendere a rete. Ieri erano volée mancine affilatissime sul dritto di Chris Evert e Steffi Graf, sulla mitraglietta bimane della Seles. Oggi sono parole che tagliano in due chiunque secondo lei minacci la libertà: sua e del mondo. Donald Trump, ad esempio, in passato anche George W. Bush e Bill Clinton: «So quando fanno propaganda. Perché la propaganda io la conosco bene». E quando ti pianta addosso quegli occhi da lupo della steppa, quando ti incarta di ironia in un secondo se la domanda è troppo ingenua, capisci che la signora sa colpire al cuore anche fuori dal campo.
Per i diritti dei gay
Martina è stata ragazzina in Cecoslovacchia, i suoi genitori furono cacciati dall’Università di Praga perché poco in sintonia con il regime. Nel ’75 decise di tagliare i ponti con un orizzonte che le stava stretto, «scelse la libertà», come si diceva quando farlo costava lacrime e sangue; e da allora è diventata, ma forse lo era sempre stata, più americana di molti americani. Non solo atleta sublime, forse la più Grande Tennista di sempre – 167 tornei vinti in singolare, 177 in doppio, 18 dello Slam, 9 a Wimbledon -, oltre che la più longeva dell’era moderna (Australian Open in doppio misto nel 2006 a 50 anni suonati) e la prima a capire l’importanza di alimentazione e preparazione atletica. Martina ha avuto anche il coraggio di lottare contro la discriminazione dei gay facendosi allenare dalla transessuale Renée Richards, amando la campionessa di basket Nancy Lieberman, sposandosi due anni fa con la ex modella Julia Lemigova. «Sono bisessuale – disse una volta –, ma la mattina preferisco svegliarmi nel letto con una donna».
«Non riesco a stare zitta»
La sua rivalità con Chris Evert è stata la più lunga e combattuta nella storia dello sport (80 match, 43-37 per Martina), la loro finale del Roland Garros 1985, vinta da Chrissie, una delle più belle del tennis, maschi compresi. Nel frattempo si è riconciliata con la sua vecchia patria, ha scalato il Kilimangiaro, battuto un cancro al seno e lottato per mille cause. L’hanno appena invitata al Dipartimento di Stato per parlare dei diritti umani e lì ha difeso gli atleti che protestano contro le ingiustizie, e attaccato chi invece «se ne sta zitto per paura di perdere un po’ di soldi». Del resto sul suo attivissimo profilo di Twitter c’è scritto: «Cerco di parlare solo di tennis, ma non ci riesco mai». Auguri Martina, nipotina atletica di Voltaire.