Massimo Lopes Pegna, La Gazzetta dello Sport 18/10/2016, 18 ottobre 2016
TANTI AUGURI NAVRATILOVA, TALENTO E BATTAGLIE DA NUMERO 1
La settimana scorsa, Martina Navratilova era al Dipartimento di Stato a Washington a parlare di diritti umani: da sempre il suo tema preferito. Ormai è in quel campo, che spedisce al di là di una simbolica rete gli straordinari ace e volée di chi per anni è stata la regina del tennis. Basta un’occhiata a come si descrive sul suo account Twitter per capire: «Mi piace la politica, sebbene molti vorrebbero che continuassi a occuparmi di tennis. Nessuna chance».
LA MIGLIORE La sua carriera si è chiusa ufficialmente nel 2006, ma da singolarista ha vinto l’ultimo Slam nel 1990: a Wimbledon, il torneo di cui detiene il primato di successi (9). Quando la incontrammo un po’ di tempo fa descrisse quel meraviglioso capitolo della sua vita con una frase forse un po’ autocelebrativa: «Che cosa penso dei miei record? E’ qualcosa su cui rifletto quando qualcuno me lo chiede. Però so che sono stata la miglior giocatrice di tutti i tempi. Il mio obiettivo era arrivare a livello di gente come Margaret Court, Billie Jean King e Steffi Graf. Ma quando si mettono insieme tutti i miei numeri, credo di essere stata io la migliore». Non c’era né spocchia né arroganza, solo la sua verità senza peli sulla lingua. La diplomazia non è mai stata il suo forte. L’altro giorno dopo quel suo intervento fra i congressman Usa, al New York Times è stata chiara come sempre: «Molti atleti oggi hanno paura di esporsi in prima persona. Lo trovo deprimente. Io non avrei mai potuto mettermi un bavaglio, visto dove e come sono cresciuta». E’ cittadina americana dal 1981, ma è nata nella Cecoslovacchia comunista, dove i genitori furono costretti a lasciare l’università per via delle loro idee. Raccontava che fin da bambina aspettava che rientrassero dal lavoro con i giornali, avida di notizie dal mondo.
SCELTEPreferisce sorvolare sulle sue epiche sfide con Chris Evert e il resto delle più tenaci rivali. Le piace piuttosto ricordare i suoi due grandi atti di coraggio. Il primo, quello del ’75, quando non ancora 19enne chiese asilo politico agli Stati Uniti: «Non ho dimenticato alcun dettaglio di quel giorno. Il momento in cui andai alla Polizia, le emozioni che mi passarono per la testa. A quell’età siamo un po’ incoscienti. Ma io ero un’emigrante speciale: conoscevo l’inglese, sapevo che avrei giocato a tennis e vissuto negli Usa. Facile così». Il secondo atto di coraggio, nel 1983: dichiara prima di essere bisessuale e successivamente omosessuale, diventando una dei primi atleti a fare outing: «Mi costò probabilmente milioni di dollari in sponsorizzazioni. Sarebbe bello oggi non doverne neppure più parlare e invece dobbiamo continuare a discuterne finché non avremo raggiunto una totale eguaglianza con gli etero». Fra l’altro, il 6 settembre 2014 si è sposata a New York con Julia Lemigova. Mai un passo indietro, Martina. Né quando affrontava le avversarie a cui non stava particolarmente simpatica, né nella vita. E neppure quando nel 1992, con la racchetta in mano, accettò la sfida dei sessi con Jimmy Connors. Perse 7-5 6-2, su un campo rivisitato che la favoriva leggermente, ma dette del filo da torcere a Jimbo e soprattutto fece maledettamente sul serio.
OFFESE Animalista, e sempre in strenua difesa dei bambini e dei diritti per i gay, per i quali partecipò a una storica marcia nel 1993. Anni dopo criticò pubblicamente George W. Bush di cui disse di vergognarsi. Oggi su Twitter riceve tanti messaggi offensivi dai sostenitori di Donald Trump: «Ma lui non mi ha mai scritto. Gli rimarrebbe difficile insultarmi. Cosa potrebbe dirmi: “Sei una fallita perdente?». Sì, a 60 anni Martina Navratilova è ancora orgogliosa dei suoi trionfi e di non essersi mai piegata alle ingiustizie.