Libero, 18 ottobre 2016
Per fermare i neo-nazisti abbattono la casa di Hitler
Nell’anno in cui il Mein Kampf ha rivisto la luce in tutta Europa, ripubblicato in edizione critica, e numerosi saggi e film, tra storia e satira, hanno indagato nei segreti del Führer (vedi il bestseller Il diario perduto del nazismo di Robert K. Wittman e David Kinney) o immaginato un suo improbabile ritorno (di gran successo la pellicola Lui è tornato), la politica prova a sbarazzarsi definitivamente delle tracce biografiche di Adolf Hitler.
Ieri infatti l’Austria ha deciso di abbattere la casa natale del dittatore nazista a Braunau am Inn, al confine con la Germania, ponendo così fine ad anni di battaglie giudiziarie sulle sue sorti. A dare l’annuncio il ministro degli Interni Wolfgang Sobotka che ha fatto sapere: «Della casa resteranno solo le fondamenta, al suo posto nascerà un nuovo edificio con scopo caritatevole o amministrativo». Alla base della decisione c’è l’intenzione di evitare che il luogo natio del Führer continui a essere meta di pellegrinaggio di curiosi e nostalgici del nazismo, godendo peraltro dello statuto tuttora riconosciutogli di edificio sotto tutela artistica e storica. Un proposito di distruzione cavalcato in questi mesi di campagna elettorale (in Austria si voterà nuovamente per le presidenziali il 4 dicembre) sia dai socialdemocratici dell’attuale presidente Heinz Fischer che dal candidato di estrema destra Norbert Hofer che si è detto «a favore della demolizione», probabilmente per guadagnarsi le simpatie della folta comunità ebraica austriaca. Eppure, l’abbattimento era solo una delle soluzioni prospettate. L’altra ipotesi era quella di riconvertire soltanto l’edificio, come aveva suggerito il direttore del centro austriaco di documentazione sulla Resistenza Gerhard Baumgartner, che aveva proposto di “spoliticizzare” completamente il luogo, destinandolo a caserma dei pompieri o a supermercato. D’altro canto, filtri critici e utilizzi della struttura che permetterebbero di non trasformarla in una meta di culto esistono già: davanti all’edificio è presente una lapide che commemora le vittime del nazismo con tanto di epigrafe: «Per la pace, la libertà e la democrazia, mai più il Fascismo. Milioni di morti ricordano». E il primo piano dell’edificio è adibito a sede di una società caritatevole, che si occupa di assistere persone con gravi handicap psico-fisici, una categoria fortemente perseguitata dal regime hitleriano. Ciò non è bastato a fermare il tentativo di damnatio memoriae che fa il paio con quanto già accaduto al Führerbunker, l’estremo rifugio di Berlino dove Hitler si suicidò il 30 aprile 1945: danneggiato prima dai sovietici nel 1947 e poi dal governo della Germania Est nel 1959, il sito del bunker fu prima sigillato e poi occultato alla fine degli anni ’80 onde evitare manifestazioni celebrative, fino a essere indicato da dieci anni a questa parte solo da un pannello commemorativo. Nondimeno la distruzione della casa natia del Führer rappresenta un unicum per quanto riguarda i luoghi biografici dei grandi dittatori novecenteschi. Se a Predappio l’abitazione dove nacque Benito Mussolini è stata ristrutturata e riaperta al pubblico e oggi viene utilizzata come sede espositiva, a Gori, in Georgia, la casa natale di Stalin è stata inglobata all’interno di un museo che ne raccoglie, senza troppi filtri critici, le memorie e le vestigia. Per non parlare di Mao, all’interno dei cui villaggio natale, Shaoshan nella provincia dello Hunan, è stato addirittura allestito un memoriale, con tanto di gigantografia, oggetti-feticcio e una statua bronzea.