Corriere della Sera, 18 ottobre 2016
11 figli (e cento mesi incinta)
Cento mesi incinta nell’arco di 16 anni (192 mesi) di matrimonio. È la storia di Cristina Scaglione, 34 anni, di San Fratello nel Messinese, che sabato scorso ha partorito Alfio: l’undicesimo figlio. Una scelta consapevole presa con il marito Alfio Scannavacche, bracciante agricolo di 36 anni.
«Quando mi sono sposata a 18 anni – ha raccontato – desideravo avere una famiglia numerosa perché sono cresciuta in una casa piena d’amore rallegrata dai miei tre fratelli. Per questo con Alfio abbiamo rinunciato ai piccoli lussi per sentirci “ricchi” di crescere tanti figli e dare loro tutto quello che possiamo».
La famiglia Scannavacche vive grazie al lavoro di Alfio e alla gestione della casa con piglio ingegneristico impartita da Cristina. Ogni figlio (7 femmine e 4 maschi) sa che deve aiutare i più piccoli. Non manca poi il sostegno dei nonni che vivono nel piccolo centro aggrappato sui Nebrodi.
Il racconto di Cristina ha appassionato migliaia di lettori che hanno commentato la notizia sia sul sito del Corriere sia sui social network. Alcuni hanno sottolineato il coraggio di avere tanti figli in un’era dove si ha paura di farne uno. La maggioranza però ha espresso giudizi molto taglienti: dai dubbi sul poter garantire «persino l’essenziale per una famiglia monoreddito» sino al presunto «egoismo di fare 11 figli sapendo che è quasi impossibile dedicare a tutti le stesse attenzioni».
«Prima di commentare ci vorrebbe un po’ di misericordia perché questa famiglia è già sotto stress», dice lo psicoterapeuta Fulvio Scaparro. «Leggendo le dichiarazioni della madre noto che è ben consapevole della sfida che la attende. Mi chiedo piuttosto come mai questi commentatori taglienti, se pensano davvero che gli Scannavacche siano così in difficoltà, non si propongano per un aiutarli. Vedo anche del pregiudizio perché mi sembra che sparino a prescindere, senza approfondire». Per Scaparro, un paese piccolo e i nonni sono dei punti cardinali. «Detto che in linea generale prima di creare una famiglia così numerosa occorre essere consapevoli delle difficoltà – continua —, si deve in questo caso valutare che la vita in un paese siciliano costa meno che in una città del Nord e che poi nonni, parenti, vicini e amici sono un’importante rete». La Rete web però non la considera.
Spiega Franco La Cecla, docente di antropologia culturale alla Naba di Milano: «Oramai tutti commentano tutto e tutti giudicano gli altri perché la società ha sostituito con il web la logica dell’appartenenza politica, molti si sentivano di rivendicarla con forza se qualcuno dissentiva dalla propria». Il cambiamento sarebbe arrivato dagli Stati Uniti: «È un popolo estremamente puritano e ha influenzato l’Occidente – prosegue La Cecla, già professore nell’ateneo californiano di Berkeley – che ora, come loro, si sente in dovere di spiegare agli altri come vivere». Pesanti le «pene». «Sui social le “aggressioni” sono quotidiane – conclude – e per salvarsi bisogna essere sempre politicamente corretti, perché i più sono bigotti e scartano i diversi come accadeva nelle parrocchiette secoli fa». Epoche, però, in cui avere 11 figli era normale. «Procreavano 10 figli per essere sicuri di avere eredi e aveva senso perché la mortalità infantile sino al Dopoguerra era alta – ricorda il sociologo Domenico De Masi —. Mio nonno era medico ma ha visto morire 5 dei 9 figli. Oggi invece chi ha tre figli sa che diventeranno grandi». Il problema è anche di prospettive. «Per lavorare la laurea è doverosa e dalle elementari al titolo di dottore occorrono 400 mila euro. La metà è a carico della famiglia – spiega De Masi – e allora quanto dovrebbe guadagnare questo padre per dare la possibilità agli 11 figli di laurearsi? È difficile che ci riesca ed è come sottrarre a qualcuno di questi figli la possibilità di vivere bene nella società post-industriale».