Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2016  ottobre 18 Martedì calendario

APPUNTI PER GAZZETTA - RENZI IN AMERICA Agnolotti di patate dolci, insalata di zucca, manzo della California e crostata di mele verdi: lo chef stellato italo-americano Mario Batali e le sue assistenti presentano il menu della serata di gala organizzata da Obama alla Casa Bianca in occasione dell’incontro con Renzi REPUBBLICA

APPUNTI PER GAZZETTA - RENZI IN AMERICA Agnolotti di patate dolci, insalata di zucca, manzo della California e crostata di mele verdi: lo chef stellato italo-americano Mario Batali e le sue assistenti presentano il menu della serata di gala organizzata da Obama alla Casa Bianca in occasione dell’incontro con Renzi REPUBBLICA.IT ROMA - Un legame indissolubile e mai così forte come quello che ora unisce l’America a l’Italia. E un’alleanza che vede agende e impegni condivisi. A sottolinearli, davanti alle telecamere di tutto il mondo, Matteo Renzi e Barack Obama, che si incontrano alla Casa Bianca per quella che è l’ultima cena di Stato per il presidente Usa uscente. E proprio da Obama arriva a Renzi l’appoggio per il lavoro fatto in patria per le riforme e la crescita: "Il ’sì’ al referendum aiuterà l’Italia. Le riforme sono quelle giuste. Spero che Matteo resti al timone, faccio il tifo per lui". Si comincia intorno alle nove, ora locale. In Italia sono poco più che le 15 quando il presidente del Consiglio Matteo Renzi viene accolto alla Casa Bianca dal garrire delle bandiere americane e italiane. A riceverlo il presidente degli Stati Uniti Barack Obama e la moglie Michelle nel South Lawn della Casa Bianca che si trova nella parte absidale del palazzo presidenziale: il massimo riconoscimento per un premier straniero. Dopo essersi scambiati i baci di saluto, le due coppie hanno salutato uno a uno i membri della delegazione. Il presidente Renzi è stato ricevuto dal picchetto d’onore e dalla banda musicale. Tutto intorno, centinaia di bandierine a stelle e strisce e col tricolore, sventolate dagli ospiti presenti sul prato. Washington: Matteo Renzi accolto da Obama alla Casa Bianca Condividi Il meglio alla fine. Il primo a prendere la parola, salutando in italiano, è stato Obama: "Abbiamo tenuto il meglio per la fine", ha scherzato Barack, dando il benvenuto al premier italiano e alla moglie. "Oggi è una giornata piacevole perché sancisce l’ultima cena di Stato per la mia presidenza e ci siamo riservati il meglio per la fine e quindi da parte nostra è un grande onore dare il benvenuto al primo ministro Renzi e alla signora Agnese Landini". "Amiamo il vino, il cibo, Sophia Loren - ha proseguito il capo della Casa Bianca -. Il nostro amore per l’Italia è profondo", ha proseguito, dichiarando di considerarsi "italiano onorario" dopo tutti i viaggi in Italia "da quando io e Michelle non avevamo figli". Poi Barack ha proseguito: "Siamo qui perché i padri fondatori americani hanno avuto ispirazione direttamente dall’Italia". E ancora: "L’America è forte e grande grazie agli immigrati". "Patti chiari e amicizia lunga", ha concluso sempre in italiano, dopo aver lodato il lavoro di Renzi: "In Italia sta sfidando lo status quo con riforme coraggiose... è giovane, è bello, ha lanciato una visione di progresso che non affonda le sue radici nelle paure della gente, ma nelle loro speranze. Sa che come nazioni e come individui abbiamo il potere di raggiungere grande cambiamento". Usa, l’arrivo di Renzi e Agnese alla Casa Bianca: li accolgono Obama e Michelle Navigazione per la galleria fotografica 1 di 54 Immagine Precedente Immagine Successiva Slideshow () () Condividi Legame indissolubile. "È un incredibile onore e un’incredibile opportunità per mia moglie Agnese e per me essere qui", ha detto in inglese Renzi, che ha lodato l’eccezionale organizzazione della visita: "Grazie per questa grande accoglienza. Il presidente Obama ha organizzato tutto, anche il sole...Vi siamo grati per questa occasione incredibile di celebrare le nostre relazioni", ha sottolineato il presidente del Consiglio italiano, sottolineando che "Italia e Stati Uniti, il cui legame non è mai stato così forte e profondo, cooperano a livello globale contro il terrorismo e per creare opportunità economica". "Se pensiamo alla nostra storia immaginiamo 5 secoli fa quando un giovane italiano, Amerigo Vespucci, diede il suo nome all’America e pensiamo a 70 anni fa quando tanti giovani americani hanno sacrificato la loro vita per ridare la libertà all’Italia, grazie a queste persone", ha proseguito Renzi, "Oggi fronteggiamo la sfida di una nuova era, piena di opportunità. Il nome del futuro deve esser libertà, educazione, sostenibilità non distruzione, ponti non muri. Non austerity". "Il nome del futuro - ha concluso - deve essere crescita. L’Italia ama la storia, perché è maestra di vita. E credo che la storia sarà gentile con lei. Perché il suo Paese ha cominciato a crescere nonostante la crisi. Lei è differente, presidente. Noi siamo differenti". Riforme e crescita. Nel corso della conferenza stampa congiunta, Obama ha rivolto un affettuoso pensiero alla popolazione di Amatrice colpita dal terremoto del 24 agosto e ha ringraziato l’alleato per l’ospitalità riservata ai militari Usa. Puntando l’attenzione soprattutto sull’importanza della crescita, Obama ha raccontato di aver parlato con Renzi "di tante sfide che affronta la Ue e siamo d’accordo che bisogna concentrarsi nella crescita. Matteo si sta adoperando per le riforme e spesso incontra alcune resistenze. Ci sarà un referendum che crediamo possa accelerare il percorso dell’Italia verso un’economia più vibrante ed un sistema politico più efficace". Senza l’enfasi sulla domanda, ha insistito Obama "la crescita, gli investimenti che creano lavoro, la fragilità economica in Ue tornerà ed avrà impatto sul mondo e sugli Stati Uniti". A Obama Renzi ha risposto lodando lo "straordinario supporto degli Stati Uniti per affermare un paradigma di crescita e non di austerity a tutti i livelli. Gli Stati Uniti sono un modello in questo". Renzi: "Grazie a Obama per il sostegno nella battaglia contro l’austerity" Condividi Impegno contro l’Isis. Per il presidente Usa, Renzi "rappresenta una nuova generazione di leader non solo in Italia, ma in Ue e nel mondo". Ringraziando ancora l’Italia per l’amicizia, il presidente Usa ha ribadito che gli americani "hanno nell’Italia uno dei migliori alleati" e ha lodato il nostro Paese "per il suo ruolo chiave nella coalizione contro l’Isis...L’Italia sta dando un contributo diplomatico in Libia, vogliamo continuare a sostenere il governo di unità nazionale che vuole espellere l’Isis dalla Libia". "L’agenda internazionale italiana - ha risposto Renzi - coincide totalmente con quella americana. Il nostro impegno continua a fianco della coalizione internazionale in tutti i teatri, a cominciare da quello difficile in Iraq", dove siamo impegnati per "il salvataggio della diga di Mosul". E ha precisato: "Mentre qualcuno sceglie l’odio e la cultura dell’intolleranza, noi vogliamo scommettere sulla libertà, sulla nostra identità e i nostri ideali". Referendum. Ringraziando Obama per l’appoggio, anche per quanto riguarda le riforme, Renzi ha citato alcuni risultati positivi conseguiti dal governo italiano: "Mi sono dovuto scusare per aver usato l’espressione Jobs act che è copiata. Questa scelta ha portato 588 mila posti di lavoro in più, ancora non sono sufficienti ma sono un primo passo per uscire dalla situazione di difficoltà". A chi gli chiedeva del referendum alle porte e di una previsione nel caso dovesse prevalere il ’no’, il premier ha risposto che non crede "che vi saranno cataclismi in caso vinca il no, ma per non avere dubbi preferisco fare di tutto per vincere il referendum. Se a dicembre vinceremo questo referendum per l’italia sarà più facile continuare la lotta per cambiare l’Europa, perché le riforme strutturali sono importanti per noi ma anche per le istituzioni europee. L’unica conseguenza è che se vinceremo l’Italia sarà più forte nel dibattito nell’Unione europea". E a proposito di Europa, Renzi ha precisato che l’Italia rispetta "le regole europee anche se talvolta un po’ a malincuore. Vorremmo regole diverse, ma finché non cambiano le rispettiamo. Lavoriamo che cambiarle, ma finché ci sono le rispettiamo". "Matteo ha ragione quando dice che l’Italia ha mantenuto la sua parole rispetto all’Ue sulle riforme - ha detto ancora Obama - e l’Ue deve trovare il modo per crescere più rapidamente". "Le riforme lanciate da Matteo Renzi, soprattutto in campo economico - ha sottolineato ancora, ribadendo la sua approvazione - sono quelle giuste. Tifo per Matteo perché abbia successo e credo debba restare in politica qualunque sia il risultato del referendum". Trump. Non è mancato il capitolo ’elezioni Usa’ nelle domande della stampa e Obama ha criticato l’atteggiamento del candidato repubblicano, Donald Trump, nei confronti della Russia: è "senza precedenti" il fatto Trump "continui ad adulare" il presidente della Russia Vladimir Putin, e che "ammiri il modo in cui (Putin) si approccia" ai problemi internazionali, ha detto Obama. "Pensiamo che la Russia sia un paese molto importante, un esercito secondo solo al nostro e deve essere parte della soluzione, non dei problemi del mondo. Ma hanno violato norme internazionali e chi occuperà questo ufficio dovrà rispettare questi valori". Sulla crisi in Siria, ha detto ancora, "Ho suggerito a Putin che, se Assad fosse rimasto al potere, ci sarebbe stata una guerra civile. Piuttosto che lavorare con noi per risolvere il problema, lui ha raddoppiato il sostegno ad Assad e sappiamo com’è finita". Migranti. La crisi dei migranti è sotto la lente anche dell’America: "Gli Stati uniti sono impegnati per risolvere l’emergenza. Noi stiamo lavorando molto in Libia per rafforzare il governo, così che possiamo investire e loro possono difendere i loro confini. Apprezziamo pienamente la generosità e gli impulsi umanitari mostrati dal popolo italiano con l’operazione Sofia, che ha salvato molte vite. Le nostre forze navali sono pronte ad assistere e ad aiutare. Se voi avete bisogno noi lavoreremo". E ha lanciato un messaggio all’Europa: "L’Italia o la Grecia non possono essere lasciate sole a sostenere il fardello dell’immigrazione. Se c’è un’Unione europea bisogna essere uniti nel bene e nel male, bisogna condividere i benefici ma anche i costi". Pienamente d’accordo Renzi, secondo il quale "non possiamo continuare a lungo a farci carico da soli della Libia e dell’Africa, al Consiglio europeo porremmo con forza la questione" e, pur ringraziando per la disponibilità americana, ha ribadito: "La nostra posizione è sempre la stessa: l’Europa deve guardare con più convinzione all’Africa e non possiamo tutte le volte chiedere aiuto agli Stati Uniti senza fare prima la nostra parte. Siamo molto fieri di salvare la vita a tante persone, ma per evitare che il Mediterraneo sia un cimitero occorre bloccare in partenza con una strategia di lungo periodo e anche azioni immediate". La giornata. L’appuntamento successivo è al Dipartimento di Stato, per un pranzo al quale parteciperanno il vice presidente Joe Biden e il segretario di Stato Usa John Kerry. Ma l’evento più atteso è quello della sera, per la cena di Stato alla Casa Bianca alle 19 (l’una del mattino in Italia), con lo chef stellato italoamericano Mario Batali. Il menu utilizzerà in parte le verdure dell’orto voluto dalla first lady Michelle Obama, che accompagnerà Agnese Renzi a visitarlo, e ingredienti locali tra cui formaggio e vino. Le ricette saranno però di tradizione italiana, ha spiegato Batali. A intrattenere i 400 invitati ci sarà una performance della cantante vincitrice dei Grammy Award, Gwen Stefani. Dagli agnolotti al tiramisù: la cena di Stato alla Casa Bianca è un omaggio all’Italia Condividi Il presidente del Consiglio è atterrato ieri pomeriggio nella capitale Usa accompagnato dalla moglie Agnese e da una delegazione che comprende i due registi premi Oscar Roberto Benigni e Paolo Sorrentino, lo stilista Giorgio Armani, la campionessa paralimpica Bebe Vio, il sindaco di Lampedusa Giusi Nicolini, la direttrice del Cern Fabiola Gianotti e la curatrice del dipartimento di Architettura e design del Moma, Paola Antonelli. Al suo arrivo alla base di Andrews, Renzi è stato accolto con tappeto rosso, rullo di tamburi e inni nazionali. La visità durerà tre giorni: il premier è ospite alla Blair House, la residenza in cui il governo americano accoglie le delegazioni straniere di particolare riguardo. Ieri sera la cena privata nella residenza dell’ambasciatore italiano negli Stati Uniti, Armando Varricchio. Domani, invece, gli appuntamenti saranno due: alle 10 locali l’intervento di Renzi alla Johns Hopkins University, un’ora più tardi la visita al cimitero monumentale di Arlington. FORMICHE E’ il Pd di Matteo Renzi uno dei ultimi partiti in Italia che non faccia dell’antimericanismo una bandiera? La domanda sorge spontanea alla luce delle scelte e delle dichiarazioni di cui continuano a rendersi protagoniste alcune delle principali forze politiche del nostro Paese. Mentre oggi il premier incontra negli Stati Uniti Barack Obama, il MoVimento 5 Stelle prepara un tour internazionale che terminerà a Mosca e che non passerà per gli Stati Uniti. E Matteo Salvini, dal canto suo, non perde occasione per riaffermare la sua preferenza per Vladimir Putin. In realtà però – racconta a Formiche.net il politologo ed economista Carlo Pelanda – le cose sono molto più semplici di così: “Se queste forze politiche avessero un’influenza diretta o indiretta sul governo italiano, è assai probabile che finirebbero con l’assumere una posizione molto diversa. Chiunque governi in Italia, non può fare a meno di un rapporto bilaterale privilegiato con gli Stati Uniti“. Eppure – per rimanere alla stretta attualità – il movimento fondato da Beppe Grillo e Gianroberto Casaleggio, pur ribadendo per bocca di Luigi Di Maio la sua equidistanza tra Russia e Usa, nelle prossime settimane farà tappa a Mosca e non negli States. Niente di preoccupante o definitivo, taglia corto Pelanda, per il quale su queste tematiche “il M5S si presenta più che altro come un animale sconosciuto. Certo è possibile che se arrivi al governo introduca una netta discontinuità nella politica estera italiana. E’ possibile, ma è altamente improbabile“. Lo stesso discorso – sottolinea l’esperto geopolitica e relazioni internazionali – dovrebbe applicarsi anche alla Lega salviniana: “Alcuni partiti stanno utilizzando argomenti che possono apparire antiamericani come il rapporto con la Russia o il no al TTIP. Ma lo stanno facendo per semplici motivi di contingenza, per interessi politici interni“. Un conto è il linguaggio, anche duro, che talvolta viene usato nel dibattito pubblico da alcuni partiti. Tutt’altro conto sono però le scelte concrete di politica estera. Dall’atlantismo non si torna indietro, anche perché l’Italia avrebbe molto da perdere e pochissimo da guadagnare: “Questa è la nostra linea ormai da cinquant’anni. Una linea ideata da Giulio Andreotti e condivisa anche dai grandi imprenditori italiani, che ha contribuito in modo fondamentale allo sviluppo economico del Paese“. Il rapporto privilegiato con gli Usa – spiega Pelanda – coincide largamente con gli interessi nazionali: “Ed è complicato ipotizzare che chi vada al governo – cinque esso sia – non tenga questa tradizione in debito conto“. Rimane, però, il tentativo da parte di molti partiti italiani di trovare interlocutori internazionali al di fuori dell’asse con gli Stati Uniti: “E’ naturale. Per ogni forza politica è molto importante avere alleati esterni in modo da poter aumentare il proprio peso specifico. E’ quanto sta facendo ad esempio Salvini, che ha scelto Marine Le Pen e aderito al progetto russo di cercare di sabotare la relazione bilaterale tra Europa occidentale e Stati Uniti“. E’ questo uno degli elementi a cui si presta maggiore attenzione negli Usa: il tentativo da parte di Cina e Russia di frenare l’integrazione tra il Vecchio Continente e gli States: “Vogliono evitare a tutti i costi che venga firmato il TTIP che procurerebbe ad entrambi i Paesi un evidente svantaggio. E per farlo non esitano a sostenere quelle forze politiche che si potrebbero definire irrazionali o discontinuiste in politica internazionale“. Questa sarebbe in particolar modo la strategia di Putin: “Ha una paura matta che l’asse tra Stati Uniti ed Europa si rinforzi. Per questo cerca di assumere costantemente un ruolo centrale, attraverso una capacità che è soprattutto di interdizione“. “In ogni ufficio dell’amministrazione a stelle e strisce” – afferma ancora il politologo – “c’è scritto che qualsiasi competitore o nemico degli Usa vorrà per prima cosa sperare l’America e l’Europa occidentale“. Oggi Matteo Renzi, come si diceva, è stato ricevuto a Washington, ultimo capo del governo dell’era Obama ad essere accolto alla Casa Bianca: il segno del rapporto privilegiato che esiste tra Italia e Stati Uniti e della stima che lega il presidente americano all’ex sindaco di Firenze. Dietro questa visita però c’è di più, come ha sottolineato il Washington Post secondo cui l’obiettivo di Obama è rinforzare il ruolo italiano all’interno dell’Unione Europea. Un’analisi che Pelanda condivide in pieno: “L’enfasi con cui si guarda all’Italia non dipende dalla preoccupazione per il quadro politico interno. Quello che si chiedono in America è su quali amici poter contare in un’Unione Europea che non si capisce bene dove voglia andare“. Un processo che nell’ottica statunitense passa anche attraverso il rafforzamento di Renzi, come emerge abbastanza chiaramente da quanto Obama ha dichiarato nel corso del suo incontro con il presidente del Consiglio a proposito del referendum costituzionale: “Siamo d’accordo sul fatto che bisogna concentrarsi sulla crescita per la prosperità delle persone: Matteo sta facendo le riforme in Italia, a volte incontra resistenze e inerzie ma l’economia ha mostrato segni di crescita, anche se ha ancora tanta strada da fare. Ci sarà un referendum per ammodernare le istituzioni italiane che può aiutare l’Italia verso un’economia più vibrante“. In questo senso, dunque, è il destino di Bruxelles la preoccupazione più pressante degli Stati Uniti: “Il principale interlocutore europeo degli Usa è da sempre la Germania, mentre l’alleato più importante è il Regno Unito“. A seguire ci sono Spagna e Italia “di cui gli Stati Uniti si fidano ma che, però, non rappresentano i Paesi più potenti dell’Europa continentale“. Ciò nonostante l’amministrazione americana ha deciso comunque di puntare sull’Italia: sia perché il Regno Unito, dopo la Brexit, è destinato a pesare sempre meno in Europa, sia perché la fiducia di Washington nei confronti di Berlino è scarsa, per non dire inesistente: “Non si fidano assolutamente perché la Germania persegue con evidenza una politica dei due forni caratterizzata una strategia che definirei mercantilista“. Da qui la scelta “di rinsaldare i rapporti con l’Italia“, pure con un occhio interessato a ciò che avviene nel Mediterraneo. D’altronde, “gli Stati Uniti hanno perso da tempo la Turchia, mentre la Grecia conta poco e la Francia si è dimostrata inaffidabile. E’ logico quindi che ci rinforzino anche per verificare cosa siamo in grado di fare in quello scenario“. In quest’ottica qualche punto l’Italia sembra averlo acquisito durante la gestione della crisi libica del 2011, quando – racconta Pelanda – “decise di sacrificare il suo interesse nazionale per rimanere leale alla Nato. Sono cose molto importanti, anche perché in questa materia a contare maggiormente è ciò che pensano i tecnici, che poi trasferiscono queste convinzioni ai politici“. D’altro canto – anche in questa complessa fase a Tripoli – “l’Italia è stata brava perché è riuscita a depotenziare il progetto dei francesi e degli inglesi per il dopo Gheddafi“. Una strategia molto apprezzata a Washington perché ha mostrato come l’Italia rappresenti “un’affidabile alleato della Nato, ma anche un Paese con una sua politica estera autonoma da rispettare“. Ma è giusto affermare che anche l’Italia, al pari della Germania, abbia messo in campo talvolta una politica cerchiobottista tra Stati Uniti e Russia? “Non è così“, risponde Pelanda: “L’Italia non ha mai fatto una politica dei due forni, non la può fare e non la farà mai. Semplicemente – avendo dimostrato di essere un alleato di ferro – ha ottenuto uno spazio di autonomia in politica estera, soprattutto nella relazione con la Russia“. Un rapporto, quello con Putin, che negli Usa viene in fondo valutato in modo positivo: “A Washington sono ben contenti che l’Italia – di cui si fidano – abbia buoni rapporti con Mosca con cui è necessario tenere aperti canali formali e informali di comunicazione“. MASSIMO TEODORI La visita del premier Matteo Renzi al presidente Barack Obama il 18 ottobre si svolge all’insegna della “relazione speciale” che connota il rapporto tra Italia e Stati Uniti. Una relazione speciale in cui si intrecciano una molteplicità di fili che riguardano non solo la politica estera, l’economia e il militare, ma investe anche la società statunitense e i rapporti culturali sviluppatisi dal secondo dopoguerra. L’Alleanza atlantica e le basi Nato e Usa in Italia non sono state mai messe in discussione. Ieri erano la prima linea sul fronte sovietico, ed oggi hanno acquisito l’importanza di baluardo euroatlantico nella crisi del Mediterraneo, in particolare rispetto alla Libia, uno degli anelli fragili di grande interesse per l’Italia in ragione delle risorse energetiche e delle migrazioni. Nei rapporti transatlantici, occorre tenere conto anche di un altro filo che lega gli Stati Uniti all’Italia. La nostra emigrazione, che tra Ottocento e Novecento ha contribuito alla formazione della società multietnica, esprime oggi significativi segmenti della classe dirigente politica ed economica oltre che dello spettacolo. Basta ricordare i nomi dei sindaci e governatori di New York, Mario e Andrew Como, Rudy Giuliani e Bill De Blasio, della ex speaker della Camera dei Rappresentanti Nancy Pelosi, e dei giudici supremi Samuel Alito e Anthony Scalia, per comprendere come gli Italiansnon sono più soltanto “pizza e mafia”. L’ENDORSEMENT DI OBAMA A RENZI Il presidente Renzi arriva a Washington con l’onore della “cena di Stato” alla Casa Bianca. Più volte l’Amministrazione democratica ha manifestato l’endorsement per l’attuale governo. Nell’aprile 2015 Obama dichiarò di essere “impressionato dall’energia di Renzi e dalla sua volontà di sfidare lo status quo”, complimento che era stato già espresso nel G20 del marzo 2014. Al di là delle dichiarazioni d’occasione a favore dell’“alleato fedele”, l’apprezzamento per Renzi nasce dalla valutazione che il suo governo ha portato stabilità istituzionale nel travaglio della politica italiana, un valore che per Washington è il primo che deve avere un alleato in posizione geopolitica sensibile in tempi di scomposizioni internazionali. Ed è proprio in questa ottica che va interpretata la dichiarazione dell’ambasciatore John Phillips contro l’incertezza che potrebbe seguire la bocciatura del referendum costituzionale. CENA DI STATO, I TEMI IN TAVOLA I più importanti dossier sul tavolo del prossimo vertice Italia-Usa riguardano il Mediterraneo, l’Europa di fronte alla Russia, il commercio e gli investimenti. La politica estera di Obama è stata tesa, se pure tra ondeggiamenti, alla progressiva riduzione degli impegni militari sui teatri europeo e mediorientale a favore di un maggiore dislocamento di risorse nell’Asia sud-orientale. In generale il presidente ha promosso una strategia internazionale incentrata sulla trattativa e sulla leadership esercitata più con la diplomazia del soft power che non dell’hard power, ed ha abbandonato la filosofia degli Stati Uniti come “gendarme del mondo” che per anni ha guidato l’interventismo internazionale di Washington. Da tempo l’Amministrazione statunitense richiede un maggiore impegno militare degli alleati Nato e in particolare una larga disponibilità italiana sul fronte libico. Per ora l’Italia ha risposto con l’invio di 100 medici protetti da un piccolo contingente di parà non combattenti. Pertanto è possibile che la Casa Bianca avanzi nuove richieste in tal senso – anche se non sappiamo cosa farà il nuovo presidente -, e spinga per più decise sanzioni alla Russia come risposta all’aumentata aggressività di Vladimir Putin. Obama avrebbe voluto portare a compimento i due trattati di liberalizzazione commerciale, oltre all’area del Pacifico (Ttp), anche in quella d’Europa (Ttip). A fine mandato appare però improbabile che il progetto vada in porto per cui l’America potrebbe volere sviluppare rapporti commerciali più aperti con i singoli Stati con la dilatazione dei vincoli dei trattati europei in cambio di maggiori investimenti. La “cena di Stato” alla Casa Bianca potrebbe avere anche un altro risvolto. L’8 novembre andranno alle urne alcune decine di milioni di cittadini statunitensi di discendenza italiana che, dopo una originaria fedeltà democratica, hanno rivolto in parte le loro preferenze verso i repubblicani. L’immagine dei buoni rapporti con la “madrepatria” potrebbe stimolare l’indicazione democratica patrocinata dal presidente, soprattutto negli Stati come New York e Pennsylvania dove più significativa è la presenza delle nostre comunità. CHI È MARIO BATALI Quando cominciò a studiare l’età d’oro del teatro spagnolo alla Rutgers University, Mario Batali non immaginava che il destino lo avrebbe portato tra i fornelli. Dopo mille esperienze, di successo e non, stasera il cuoco italo-americano cucinerà per Barack Obama e Matteo Renzi all’ultima cena ufficiale del presidente americano alla Casa Bianca. L’ULTIMA CENA UFFICIALE DI BARACK Non ci sarà il menù di 17 antipasti, 20 piatti di pasta e 15 a 18 piatti principali, come al suo ristoranti Babbo, ma tutti mangeranno lo stesso. Batali ha promesso di non spiazzare nessuno con il menù, lasciando fuori le proposte più azzardate, i suoi cavalli di battaglia: ravioli di fegato d’oca, trippa o stinco di maiale. “Alcune delle mie persone preferite nel mondo mi stanno chiedendo di cucinare per l’ultima cena di Stato della presidenza. Oh, e gli italiani che sono in arrivo? Non c’è niente di meglio”, ha detto Batali in un’intervista al New York Times. “Mentirei a dire che non mi tremano un po’ gli stivali – ha aggiunto -. O meglio, le Crocs arancioni”. ISPIRAZIONE TRA USA E ITALIA Lo chef ha guardato cosa hanno fatto i suoi colleghi in occasioni simili: Marcus Samuelsson per la prima cena ufficiale nel 2009, Rick Bayless per la cena offerta al presidente messicano Felipe Calderón nel 2010; Masaharu Morimoto per il premier giapponese Shinzo Abe e l’attivista gay e chef Anita Lo per la seconda cena di Stato per il presidente cinese Xi Jinping. Batali porterà in tavola una sua interpretazione della cucina italiana. “Le pietanze sono tutte ispirate alla cucina italiana, in modo semplice e riconoscibile, ma ciascun piatto avrà qualcosa di sorprendente. E userò quasi al cento per cento ingredienti americani”, ha raccontato al quotidiano americano. PRODOTTI DALL’ORTO PRESIDENZIALE Batali è conosciuto alla Casa Bianca. L’anno scorso ha accompagnato Michelle Obama all’evento sulla nutrizione all’Expo di Milano. Per quella che sarà l’ultima cena ufficiale degli Obama alla Casa Bianca, Cris Comerford e Susan Morrison, chef e pasticciere ufficiali del palazzo presidenziale, hanno preparato tartine con gli ingredienti dell’ultima raccolta dell’orto della first lady: ci saranno anche centrotavola da dessert con zucche e cornucopie di cioccolato e dolci in miniatura, tra cui una crema di mais dolce e mora, omaggio a uno dei dolci preferiti di Batali. Per chiudere la serata ci sarà uno spettacolo della cantante Gwen Stefani. GLI INIZI A BORGO CAPANNE Cresciuto a Seattle negli Stati Uniti, Batali ha un bisnonno italiano da parte di padre. Ha però scelto la Spagna, Madrid, per frequentare il liceo. I primi trascorsi culinari sono stati a Londra, affiancando lo chef e star televisiva, Marco Pierre White. Ma i veri trucchi li ha imparati in tre anni di intensa formazione nel villaggio italiano di Borgo Capanne di Granaglione, provincia di Bologna, un paesino di 200 anime e molta tradizione culinaria. Lì Batali ha imparato le competenze essenziali per affermarsi saldamente nella cucina italiana, una volta tornato negli Stati Uniti. FILOSOFIA CULINARIA A dare il benvenuto sul sito di Batali c’è la scritta “Wheee!”. Di origini italiane, ora lavora a New York e cerca di mischiare con armonia i sapori della cucina italiana con quella americana. La filosofia di Batali? “Utilizzare i migliori ingredienti locali nel modo più semplice possibile e servirli con gioia. Come un cuoco toscano in Chianti, come una cuoca napoletana sulla costiera amalfitana, come i cuochi siciliani a Pantelleria”. PREMI E LIBRI Il suo socio nel ristorante Babbo e l’Enoteca sul Waverly Place nel 1998 è Joe Bastianic. Insieme hanno aperto altri ristoranti a New York, Los Angeles, Las Vegas, Singapore e Hong Kong. Batali è stato premiato con il “Man of the Year” nella categoria cuoco da GQ Magazine nel 1999; “Miglior Chef: New York City” di James Beard Foundation Award nel 2002 e il “Outstanding Chef of the Year” della James Beard Foundation nel 2005. È autore di decina di libri di cucina e un personaggio televisivo. Ha partecipato al programma “Iron Chef” ed è conduttore di “The Chew”. IL SOGNO DELLA LIGURIA In un articolo pubblicato dal sito Guest of a Guest, Batali è descritto come un uomo “esaltato, appassionato e di grande talento”. Molto alla mano, nonostante il successo e la fama, la sua serata ideale è a base di zuppa, rigatoni, parmigiana e la musica dei Rem e gli U2. Appassionato del golf, ha due figli. Nell’intervista gli è stato chiesto come desidera il suo ultimo pasto: “Vorrei prendere una barca e viaggiare lungo la costa ligure, per mangiare i migliori piatti locali di ogni città con il miglior vino da ciascuno”. Vorrebbe un’abitazione vicino a Genova, per stare a due passi dalla Liguria, Milano e Bologna. Forse per questo sta cercando di acquistare una casa. RACCOLTA FONDI PER AMATRICE Nel 2008, Batali ha inaugurato la Fondazione Mario Batali con l’obiettivo di finanziare progetti per l’educazione sull’alimentazione dei bambini. Forse per questo ha conquistato l’attenzione di Michelle Obama. Il 6 settembre, dopo il terremoto di Amatrice, ha partecipato ad una cena di raccolta fondi all’Osteria della Pace di Eataly Downtown a New York. Non solo amatriciana ma sei portate curate da lui e Daniele Boulud, Riccardo Orfini e Katia Delogu. Tutto il ricavato è stato devoluto al Comune di Amatrice. IL VOTO DI MARIO Anche se la cucina ha ben poco di politica, Batali ha espresso chiaramente il suo voto. “Trump è tristemente disinformato sulla maggior parte dell’’educazione civica di base’? È una trappola. Stiamo in guardia”, ha twittato dopo il dibattito del 10 ottobre tra i candidati alla presidenza. Batali ha fatto parte dell’iniziativa “Chefs for Hillary”, un libro di cucina delle celebrity chefs che sostengono il candidato democratico. Il suo contributo: la ricetta del pesce spada alla milanese. Per Halloween ha scelto un costume che ironizza sul candidato repubblicano. Batali è riuscito a fare mangiare il pesce all’attrice Gwyneth Paltrow, nota vegeteriana. Un dato importante, anche per il premier Renzi: a tavola odia chi usa il telefonino. Quindi, a cena niente tweet né selfie.