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 2016  ottobre 18 Martedì calendario

Ritratto di Marc Marquez

I campioni, spesso, sanno già tutto. A quattro anni Marc Marquez ricevette da papà Julian l’agognata moto elettrica. Pianse. E non era gioia. «C’erano le ruotine supplementari: protestai che i veri piloti non ne hanno bisogno». La prima accelerata, vicino a un poligono di quella Catalogna vista dall’alto del colle su cui poggia la sua Cervera, meno di 10mila anime. L’ultima, sull’asfalto del Giappone, il mondo a due ruote visto dall’alto del terzo titolo su quattro stagioni in Moto Gp. Il piccolo imperatore è ormai imperatore e basta, si chiama Marc Marquez, ha 23 anni e quand’è in pista vive per conto proprio e un po’ di tutti – diciamolo – il dualismo tra istinto e ragione. Ieri vinceva il primo, oggi vince la seconda. Ieri e oggi, vince comunque lui. Figlio del classico padre-alleato (senza quella moto elettrica di cosa staremmo parlando?) e di una madre abbastanza forte da sopportare spaventi, cadute, frasi come «sì, quella volta sul circuito di Sepang potevo perdere la vista, ma sono pericoli del mestiere», il Marquez che sgasa in anticipo il quinto assolo iridato (2013-2014-2016, prima la Moto 2 nel 2012 e la 125 nel 2010) è un ragazzo prodigio che ha elaborato una lezione: «Bisogna sempre cercare il proprio limite, rischiare paga». Il rischio è la scintilla che ha acceso l’amore del pueblo per Marquez. Correva il 2013, si era in piena evoluzione tecnica moto-gomme e il Cabroncito (piccolo bastardo, in spagnolo, ma detto con tenerezza) già si piegava come nessuno, allargando i gomiti, andando a cercare l’asfalto, della serie «quelli a casa non provino a imitarlo». Era l’istinto, che parlava.
PICCOLO GRANDE IMPERATORE
Il Marquez di oggi è istinto addestrato. Meno spregiudicato, più saggio. È anche la storia di un quasi idolatra (siamo stati tutti bambini) che supera i propri idoli: Pedrosa, poster in cameretta, e Valentino Rossi, vecchio autografo. Per diventare grande così in fretta, Marquez s’è fatto strada a spallate, vittorie (55 in MotoGp), contatti thriller (vedi Valentino e Lorenzo), inciampi tecnici e comportamentali, ma soprattutto tappe bruciate col fuoco del predestinato. Il primo trono in Moto Gp a 20 anni e 266 giorni, meglio del mitico Freddy Spencer, e per di più al debutto in top class, com’era riuscito solo a Kenny Roberts. «Correre più degli altri», al più giovane vincitore di 5 titoli motomondiali non è mai interessato altro. «Altrimenti avrei fatto il meccanico. Il casco l’ho dedicato a Gaudí. Uno che spezzava le pietre e poi costruiva ricomponendo i pezzi». Tra i vari pezzi del puzzle di Marquez c’è una cartolina del 2007. «Alto un metro e mezzo, 43 kg e una zavorra di 20 per non cadere di continuo dalla sella». Chi saprà far cadere re Marquez, questa è la prossima domanda.