Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2009  gennaio 05 Lunedì calendario

In Italia

Il Presidente della Repubblica è Giorgio Napolitano
Il Presidente del Senato è Renato Schifani
Il Presidente della Camera è Gianfranco Fini
Il Presidente del Consiglio è Silvio Berlusconi
Il Ministro degli Interni è Roberto Maroni
Il Ministro degli Esteri è Franco Frattini
Il Ministro della Giustizia è Angelino Alfano
Il Ministro di Istruzione, università e ricerca è Mariastella Gelmini
Il Ministro del Lavoro e delle politiche sociali è Maurizio Sacconi
Il Ministro dell’ Economia e delle Finanze è Giulio Tremonti
Il Ministro della Difesa è Ignazio La Russa
Il Ministro dello Sviluppo economico è Paolo Romani
Il Ministro delle Politiche agricole è Luca Zaia
Il Ministro di Infrastrutture e trasporti è Altero Matteoli
Il Ministro della Salute è Ferruccio Fazio
Il Ministro di Beni e Attività culturali è Giancarlo Galan
Il Ministro dell’ Ambiente è Stefania Prestigiacomo
Il Ministro dell’ Attuazione programma di governo è Gianfranco Rotondi (senza portafoglio)
Il Ministro della Gioventù è Giorgia Meloni (senza portafoglio)
Il Ministro delle Pari opportunità è Mara Carfagna (senza portafoglio)
Il Ministro delle Politiche europee è Andrea Ronchi (senza portafoglio)
Il Ministro di Pubblica amministrazione e Innovazione è Renato Brunetta (senza portafoglio)
Il Ministro dei Rapporti con il Parlamento è Elio Vito (senza portafoglio)
Il Ministro di Rapporti con le Regioni e Coesione territoriale è Raffaele Fitto (senza portafoglio)
Il Ministro delle Riforme per il federalismo è Umberto Bossi (senza portafoglio)
Il Ministro della Semplificazione normativa è Roberto Calderoli (senza portafoglio)
Il Governatore della Banca d’Italia è Mario Draghi
Il Presidente della Fiat è Luca Cordero di Montezemolo
L’ Amministratore delegato della Fiat è Sergio Marchionne
Il Segretario Nazionale dei Popolari-UDEUR è Clemente Mastella
Il Coordinatore Nazionale di Sinistra Democratica è Claudio Fava
Il Leader dei Popolari Liberali è Carlo Giovanardi
Il Presidente della Rosa per l’Italia è Savino Pezzotta

Nel mondo

Il Papa è Benedetto XVI
Il Presidente degli Stati Uniti d’America è George Walker Bush
Il Presidente del Federal Reserve System è Ben Bernanke
Il Presidente della BCE è Jean-Claude Trichet
Il Presidente della Federazione russa è Dmitrij Medvedev
Il Presidente del Governo della Federazione russa è Vladimir Putin
Il Presidente della Repubblica Popolare Cinese è Hu Jintao
La Regina del Regno Unito è Elisabetta II
Il Premier del Regno Unito è Gordon Brown
La Cancelliera Federale di Germania è Angela Merkel
Il Presidente della Repubblica francese è Nicolas Sarkozy
Il Primo Ministro della Repubblica francese è François Fillon
Il Re di Spagna è Juan Carlos I
Il Presidente del Governo di Spagna è José Luis Rodríguez Zapatero
Il Presidente dell’ Egitto è Hosni Mubarak
Il Primo Ministro di Israele è Ehud Olmert
Il Presidente della Repubblica Turca è Abdullah Gül
Il Presidente della Repubblica Indiana è Pratibha Patil
Il Primo Ministro della Repubblica Indiana è Manmohan Singh
La Guida Suprema dell’ Iran è Ali Khamenei
Il Presidente dell’ Iran è Mahmud Ahmadinejad

Gli israeliani ieri sera erano arrivati alla periferia di Gaza City, avendo ammazzato nella loro marcia quaranta palestinesi e tra questi una famiglia di cinque persone che stava in macchina ed è stata centrata da un colpo di cannone sparato da un tank. probabile che stamattina i soldati di Tel Aviv – o Tsahal, come viene chiamato l’esercito di Israele – abbiano conquistato posizioni ancora più avanzate: poiché tutti i reparti sono dotati di visori notturni, gli israeliani tentano i loro affondi dopo il tramonto del sole, quando i palestinesi, resi ciechi dal buio, non possono che nascondersi nei bunker, nelle case, negli scantinati senza poter quasi opporre una qualche resistenza. Anche per questo, sabato, all’offensiva di terra si diede inizio a sera.

Quanti sono i palestinesi? ipotizzabile che ricaccino indietro gli attaccanti?
No. L’esercito palestinese – per dir così – è fatto da 15 mila persone. Di questi, 13.000 sono giovanissimi, carichi di furore ma male armati e privi di addestramento. Dei restanti 2.000, 1.500 appartengono alle brigate Ezzedim al Qassam, quelli che sparano i razzi su Israele, e 500 provengono dal jihad, cioè dalla guerra santa (sono i candidati martiri). Si tratta di uomini esperti, che sono stati addestrati al sabotaggio da 150 istruttori provenienti dall’Iran e dal Libano. Questi istruttori tra l’altro, per quanto ne so, stanno ancora lì: gli egiziani hanno ammassato truppe alla frontiera e tentano di limitare per quanto possibile l’esodo palestinese. Quelli di Hamas si trovano con le spalle al muro: hanno il mare dietro e davanti Israele.

Ma possono gli israeliani ammazzarli tutti?
Il sottosegretario Ovid Yehezkel e, qui da noi, l’ambasciatore Ghideon Meir assicurano che non resteranno nella Striscia e che restituiranno Gaza ai palestinesi non appena saranno sicuri che altri razzi non ne saranno sparati. Questa dichiarazione non rassicura su nessun punto, naturalmente. Potrebbero volerci anni per «essere sicuri».

Ma Gaza non era loro? E non l’hanno lasciata volontariamente?
Gaza è ancora territorio israeliano e quindi, tecnicamente, l’attacco a Gaza è un attacco a se stessi. Oppure va letto come un’operazione di polizia, una tremenda operazione di polizia.

Ma perché gli israeliani se ne andarono?
Israele, nel 1967, vinse la guerra dei Sei giorni contro Egitto, Siria e Giordania e occupò di conseguenza la Striscia, sostenendo che solo in questo modo avrebbe garantito la propria sicurezza. Tra le proteste di mezzo mondo fece poi in modo che a Gaza e dintorni si insediassero coloni: l’idea era di cambiare la natura di quel territorio trasformandolo da palestinese in israeliano. Sicché, ad ogni tentativo di trattare, la prima richiesta era quella di sgombrare da lì, operazione sempre più difficile man mano che gli insediamenti si moltiplicavano. Ma nel 2005, il giorno di Ferragosto, Israele decise autonomamente di ritirarsi. L’ordine venne dal premier Ariel Sharon, lo stesso che, nel 1980, aveva inventato la politica dei coloni. I coloni, gridando di rabbia, furono costretti a trasferirsi in Cisgiordania. Sharon aveva ragionato così: nella striscia di Gaza vivevano un milione e 400 mila palestinesi che sarebbero diventati in un paio di decenni tre milioni. Gli israeliani di Gaza erano in tutto poco meno di novemila. I palestinesi erano poveri e, per un terzo, vivevano in campi profughi. Al 60 per cento erano disoccupati. La metà aveva meno di 14 anni. Come avrebbe potuto Israele governare una situazione simile? Da tutti i punti di vista, era meglio andarsene. Inoltre il ritiro unilaterale avrebbe forse favorito il processo di pace.

Non lo favorì.
Sharon ebbe un ictus pochi mesi dopo ed è ancora lì che aspetta di morire. Quasi negli stessi giorni i palestinesi diedero la maggioranza assoluta ad Hamas, che s’era presentato alle elezioni e si trovò in mano le leve del potere. La responsabilità di governo avrebbe dovuto e potuto cambiare quell’organizzazione. Che invece restò uguale a se stessa e attestata su un’unica linea: Israele andava annientata. Questi due eventi vanificarono il ritiro dalla Striscia, che oggi gli israeliani si stanno riprendendo. Non è estranea a questi avvenimenti la profonda crisi che vive la classe dirigente israeliana. Il premier Olmert non si presenta alle elezioni perché implicato in una serie di scandali finanziari, il presidente della Repubblica Moshe Katsav s’è dovuto dimettere perché incriminato per stupro. Netanyahu, Barak, la Livni sperano di far dimenticare tutto questo il giorno delle elezioni, anche grazie all’operazione Gaza. Potrebbero riuscirci, ma non devono commettere errori. [Giorgio Dell’Arti, Gazzetta dello Sport 5/1/2009]
(leggi)

Dai giornali