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 2009  gennaio 05 Lunedì calendario

OBAMA Martedì 20 gennaio Barak Hussein Obama diventerà il 44esimo presidente degli Stati Uniti. E gli americani, che da sempre, ogni quattro anni, fanno follie per assistere al momento in cui l’uomo più potente del mondo assume la carica in un tripudio di parate, fuochi d’artificio e feste da ballo, stavolta sono in preda a un vero delirio

OBAMA Martedì 20 gennaio Barak Hussein Obama diventerà il 44esimo presidente degli Stati Uniti. E gli americani, che da sempre, ogni quattro anni, fanno follie per assistere al momento in cui l’uomo più potente del mondo assume la carica in un tripudio di parate, fuochi d’artificio e feste da ballo, stavolta sono in preda a un vero delirio. «L’insediamento di quest’anno ha la stoffa della Storia», spiega Paolo Valentino, corrispondente da Washington del Corriere della Sera. «Il primo afro-americano a giurare nelle mani del capo della Corte Suprema, la prima ”first family” nera a trasferirsi alla Casa Bianca. Il tema scelto per l’Inauguration 2009 rende bene il suo carattere eccezionale: ”Un nuova nascita della libertà”. E sarà una donna, altra prima storica, a guidare il comitato per le celebrazioni: la senatrice democratica della California, Dianne Feinstein». Così, già due mesi prima dell’evento, era cominciata la caccia ai biglietti, che in teoria dovrebbero essere distribuiti gratis da deputati e senatori e invece erano in vendita su Internet a cifre stratosferiche: fino a 20 mila dollari per un solo cartoncino d’invito. D’altra parte, ottenere il tagliando chiedendolo a un senatore o a un deputato s’era rivelata subito impresa assai ardua. Tanto per fare un esempio, pochi giorni dopo la vittoria di Obama, l’ufficio del deputato democratico Bobby Rush aveva ricevuto circa 1.500 telefonate di elettori. Tutte con la stessa richiesta: un biglietto per la cerimonia del 20 gennaio. «E’ un delirio. Mai vista una tale ressa», commentava la segretaria Sharon Jenkins. «Le chiamate sono cominciate la mattina stessa di mercoledì, poche ore dopo che Obama è stato eletto». E al numero del deputato Eleanor Holmes Norton, la seconda settimana di novembre, c’era già una risposta automatica: «Siamo spiacenti ma i biglietti per l’Inaugurazione non sono più disponibili». Così tantissimi americani si sono affidati ai bagarini, che vendevano gli ambìti tagliandi (a novembre ne erano stati stampati 240 mila), quando ancora erano chiusi nella cassaforte del Joint Congressional Committee on Inaugural Ceremonies, il Comitato che si occupa della cerimonia. Si prevede che a Washington, per questo inauguration day, arriveranno quasi quattro milioni di persone, cioè una folla mai vista in alcun evento del passato (tanto per farsi un’idea, quando Martin Luther King fece il suo famoso discorso «I have a dream» nel 1963 c’erano 250 mila persone, alle proteste contro la guerra del Vietnam nel ”69 erano mezzo milione, e per il giuramento di Lyndon Johnson nel gennaio del 1965 erano un milione e 200 mila, cifra record per l’insediamento di un presidente). Solo 30 mila, però, hanno il biglietto per sedersi davanti al gigantesco podio da 1600 posti eretto davanti al palazzo del Congresso, al Campidoglio, dove Barack Obama giurerà sulla bibbia che Abramo Lincoln usò prima di lui nel 1861 e che nessuno aveva mai più portato fuori dalla biblioteca del Congresso. Altri 250 mila privilegiati hanno conquistato il diritto di stare in piedi, in un un’area di quattro isolati, e guardare da lontano il nuovo presidente e la sua famiglia. Per centinaia di migliaia di persone invece ci saranno soltanto i megaschermi piazzati lungo tutto il Mall, da lì potranno ascoltare il discorso ispirato al bicentenario della nascita di Lincoln e la promessa di un nuovo inizio che superi divisioni e riunisca l’America. Chi non trovasse posto nemmeno nel prato farà bene a sistemarsi, prima che sorga il sole, lungo Pennsylvania Avenue, per assistere alla parata che porterà il nuovo presidente alla sua nuova casa. Chi aveva pensato di prendere una stanza in albergo con vista sulla parata ha dovuto gettare la spugna da mesi. Il Willard, lo storico albergo dove Lincoln tenne il banchetto dopo la sua inaugurazione del 1865, è tutto esaurito da tre anni e undici mesi: l´ultima camera con vista è stata prenotata cinque anni fa, alla fine di gennaio del 2004. Ma siccome servono altri soldi per finanziare la festa del giuramento di Obama, in questi giorni, alle caselle e-mail dei sostenitori, stanno arrivando richieste di fondi: almeno cinque dollari (meglio se di più) entro l’8 gennaio. Tra i generosi saranno estratti a sorte in dieci che potranno assistere al giuramento di persona. Sarà una festa senza precedenti: 60mila persone si sono fatte avanti per fare i volontari, il triplo di quelli necessari. Eppure non avranno neppure un rimborso spese, ma solo un panino, un berretto rosso imbottito e un cartoncino commemorativo. Si sono offerti per fare tutto: stare dall’altra parte della città a indicare l’ingresso della metropolitana oppure accanto a Obama a tenergli la Bibbia mentre giura, ma questa funzione è già assegnata dalla tradizione alla futura first lady e toccherà a Michelle. A tutti i partecipanti non sarà permesso portare nulla che sia più grande di un sandwich, proibiti ombrelli, computer, zainetti, passeggini, sedie a sdraio, thermos per il caffè, cestini da picnic e biciclette. Chi entrerà in un raggio di tre chilometri dovrà passare attraverso i metal detector e avere molta pazienza. Per arrivare in tempo alla cerimonia di giuramento, che comincerà alle 11 e 30, gli organizzatori consigliano di cominciare a prendere la metropolitana alle 4 del mattino. I tecnici del trasporto pubblico hanno studiato che riusciranno a far arrivare a destinazione 960mila persone soltanto se 120mila avranno viaggiato prima delle 5. In ogni stazione, avvisano preoccupati, è prevista un’ora di attesa per salire sui treni. In città arriveranno 10mila autobus, ma il sindaco ha trovato posto per parcheggiarne soltanto la metà. Quel giorno pensano di battere ogni record, anche quello del più grande ingorgo della storia, che al momento appartiene ai francesi: 180 miglia di coda tra Parigi e Lione nel 1980. Intanto cominciano a trapelare i dettagli della giornata inaugurale, che per tradizione si svolge tutta all’aperto, con temperature che spesso scendono sotto allo zero (soltanto Ronald Reagan fu costretto, nel 1985, a riparare dentro al Congresso per via della pioggia). A dare il via alla prima presidenza afroamericana della storia degli Stati Uniti sarà la regina del soul Aretha Franklin. Subito dopo si esibirà il violoncellista Yo-Yo Ma - che Obama aveva citato tra i suoi musicisti preferiti: proporrà un brano del compositore statunitense John Williams, conosciuto per le colonne sonore di E.T. e Guerre Stellari (del debutto a Washington di George W. Bush, invece, si ricorda soprattutto un goffo ancheggiamento in stile latino accanto a Ricky Martin). Poi il nuovo presidente giurerà nelle mani del presidente della Corte suprema, John G. Roberts Jr. Questa la formula del giuramento, la stessa dai tempi di George Washington, che la pronunciò il 30 aprile del 1789 nella Federal Hall di New York: «I do solemnly swear (or affirm) that I will faithfully execute the office of President of the United States, and will to the best of my ability, preserve, protect and defend the Constitution of the United States» (Giuro solennemente di eseguire fedelmente i compiti di Presidente degli Stati Uniti, e di fare tutto quanto mi è possibile per salvaguardare, proteggere e difendere la Costituzione). Dopo il giuramento, il Presidente farà un discorso inaugurale, poi la poetessa Elizabeth Alexander reciterà alcuni versi e, a conclusione della cerimonia, prima dell’inno degli Stati Uniti, ci sarà la benedizione di Rick Warren, un pastore evangelico bianco contrario alle nozze gay e all’aborto. La scelta di Obama ha scatenato un putiferio, e l’irritazione dei gruppi liberal dilaga: «E’ un tradimento, una frustata sulla schiena». Ma il presidente respinge le critiche: «Sono un sostenitore dei diritti dei gay e lo dissi proprio nella chiesa di Warren ma il punto è che l’America deve unirsi e la mia campagna si è fondata sulla necessità di dialogo anche quando si hanno valori molto differenti». Nel primo pomeriggio, Obama e la moglie Michelle guideranno la parata che si snoderà lungo la Pennsylvania Avenue, per un paio di chilometri, dal Campidoglio alla Casa Bianca. «Carter si fece tutta la strada a piedi», racconta Paolo Valentino, «ma i tempi sono cambiati e ormai, per ragioni di sicurezza, i presidenti preferiscono usare la limousine, fermandosi di tanto in tanto per stringere qualche mano». Quando la nuova coppia presidenziale giungerà alla Casa Bianca, ci sarà il vero cambio della guardia: il saluto a Bush e alla moglie Laura che, tempo permettendo, lasceranno la residenza in elicottero. Continuando nella tradizione inaugurata nel 2005 dal presidente George W. Bush, il presidente eletto Barack Obama festeggerà l’insediamento il 20 gennaio con un ”Ballo del Commander in Chief”. La festa, inclusa tra i dieci balli inaugurali della nuova presidenza, si terrà al National Museum Building ed è riservata esclusivamente al personale militare: tra gli invitati, famiglie di caduti, reduci decorati e mogli o mariti di soldati al fronte. Ma i festeggiamenti dureranno quattro giorno e i balli organizzati in onore di Obama sono decine. «Il presidente americano, di solito, si presenta a sorpresa in una o più feste a sua scelta», dice Paolo Valentino. «Ma per essere quasi certi di incontrare Obama quest’anno bisogna procurarsi un biglietto per il ballo alle Hawaii, sua terra natale, o per quello dell’Illinois, sua terra adottiva. Gli inviti costano tra i 500 e i 1000 dollari, e il ricavato, in genere, va in beneficenza». Alcuni ticket fino al mese scorso erano ancora disponibili, ma il prezzo, rispetto alle cifre ufficiali, era lievitato: su Internet, Greatseats.com offriva ingressi al ballo delle Hawai per 1.245 dollari, mentre il ballo dell’Illinois ne valeva 2.249. E comunque chi c’è stato dice che gli ”inaugural ball” non sono un granché: ”Usa Today” parla di sale affollatissime con la musica a tutto volume dove la gente si pesta i piedi per prendere un goccio di champagne servito in bicchieri di plastica e per vedere da lontano – per pochi istanti e se tutto va bene – il nuovo presidente che danza con la consorte. Tanto per farsi un’idea, nel 1997 Bill Clinton e la moglie parteciparono a 14 balli inaugurali, restando in ogni sala appena una decina di minuti. Quanto al look, pare che la gente si presenti agli ”inaugural ball” indossando di tutto, dalle mise più raffinate agli abiti più cafoni. D’altronde resta memorabile il ballo organizzato nel 2001 per Bush dai texani, dove l’abbigliamento di rigore, per gli uomini, era lo smoking con gli stivali a punta e il cappello da cow-boy.