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 2009  gennaio 05 Lunedì calendario

Ahmed ha 18 anni, gli occhi furbi, la lingua lunga e un sogno nel cassetto. Da grande vorrebbe diventare un vero contrabbandiere

Ahmed ha 18 anni, gli occhi furbi, la lingua lunga e un sogno nel cassetto. Da grande vorrebbe diventare un vero contrabbandiere. Magari addirittura un capo, come Youssifzai, che a 30 anni ha già una banda di oltre 40 uomini, 2 telefoni satellitari, armi a volontà e una decina di Toyota Land Cruise nuove di zecca, uno che detta legge nella terra senza legge, l’Area Tribale in cui anche Ahmed è nato. Per il momento, però, è costretto ad arrangiarsi. Fa mille mestieri e, quando va bene, i veri contrabbandieri lo chiamano per fare lo "spallone": portare materiale elettronico, macchine fotografiche, profumi, perfino té verde e qualunque prodotto tassabile sulle stradine secondarie che dalle Aree Tribali portano a Peshawar. Dall’11 settembre la sua vita è cambiata. A Peshawar sono arrivati 500 stranieri: giornalisti, fotografi, cameramen, producer. Gente con i soldi, che ha bisogno di interpreti, autisti, contatti, guide sicure. Ahmed ha fiutato l’affare e si è rapidamente riciclato. Ora vende notizie, storie e informazioni nella hall dell’Hotel Pearl Continental. Accompagna le troupe televisive a fare riprese nei luoghi vietati. Scorta giornalisti lungo sentieri proibiti. Media con i filotalebani che rifiutano di essere fotografati, blandisce funzionari del governo per ottenere l’estensione di un visto. Tutto a suon di dollari. Ahmed vende quello che conosce bene: la sua terra, un territorio grande più o meno quanto la Lombardia e il Piemonte, conosciuto come North West Frontier Province. Il Nwfp nasce da un’invenzione della burocrazia inglese ai tempi delle colonie per creare un’area cuscinetto tra il Punjab e l’Afghanistan. Una terra arida e polverosa che allora diede vita a un neologismo tuttora in uso: Kacki, una parola che nella lingua locale, il Pashtu, significava polvere e che descriveva il colore del luogo e delle divise delle Guide di Frontiera. Dal 1800 ad oggi in quest’area non è cambiato granché, e ancora oggi resta uno dei luoghi meno esplorati, più misteriosi e pericolosi del pianeta. diviso in Settled Area (quelle aperte ai visitatori) e in Aree Tribali, per la maggior parte proibite agli stranieri e perfino ai pakistani di etnia diversa da quella dominante, la Pathan, alla quale appartiene Ahmed. Loro stessi chiamano queste zone Ilaqua Ghair, cioè il Paese senza legge. La cosa più difficile - ci vuole qualche dollaro in più - è convincere Ahmed a portare i giornalisti a Jamrud. Lungo la strada che porta da Peshawar al Khyber pass, il mitico passaggio ad Ovest narrato da Richard Kipling, attraverso il quale, nel corso dei secoli, sono passati tutti gli eserciti invasori, da quello di Alessandro il Grande a quello di sua Maestà la Regina d’Inghilterra , c’è il mercato che più di altri costituisce la ragione della ricchezza e del pericolo delle aree tribali. Quello della droga. Perché se è vero che in Afghanistan si coltiva oltre il 90% del papavero da oppio del pianeta, è però nelle raffinerie delle Aree Tribali che l’oppio viene trasformato in eroina base. Ora è un mercato in subbuglio. L’onda d’urto creata dai bombardamenti sull’Afghanistan ha avuto l’effetto di far crollare i prezzi. Prima dell’8 ottobre, un chilo di oppio grezzo costava 50. mila rupie, circa un milione e mezzo di lire. Oggi i narcotrafficanti portano via quello stesso chilo di oppio a 300 mila lire. C’è da attendersi presto un’invasione di eroina in Europa e negli Stati Uniti. Intanto nei vicoli di questo angolo della periferia del mondo, i fumatori di eroina bruciano la loro esistenza in pipe improvvisate con la carta stagnola, elemosinando le briciole della produzione. Un "viaggio"costa 1500 lire. Meno pericoloso, e dunque meno caro, è il prezzo chiesto da Ahmed per accompagnare i giornalisti a Zarghun Adam Khel, un centinaio di dollari, trattabili. Il villaggio è a mala pena riportato sulla carte geografiche, si trova a a 45 chilometri da Peshwar, poche case e quasi tutte fortificate, spesso sovrastate da torrette da cui spuntano le canne lunghe dei mitragliatorii. Al centro del villaggio c’è il Darra bazar. Qui, tra cianfrusaglie e venditori di carne di montone, si costruiscono repliche perfette in ogni minimo dettaglio di tutte le armi in circolazione in qualunque teatro di guerra del mondo. Tutte copie non autorizzate, ma non per questo meno micidiali, di armi e munizioni in dotazione agli eserciti di ogni Paese. Con orgoglio gli artigiani mostrano al giornalista e al fotografo italiani la pistola più richiesta dal mercato: una calibro 9 automatica, Beretta made in Pakistan: sembra appena uscita dalla fabbrica bresciana ma costa 200 mila lire, un decimo del prezzo dell’originale. Ahmed osserva: "Non costruiscono ancora cacciabombardieri F-15 perché i componenti elettronici sono un po’ difficili da riprodurre al tornio, ma ci stanno lavorando". Il mercato delle armi di Darra Bazar è da sempre nelle mani del clan degli Afridis, una storica tribù del Nord a cui, secondo la leggenda, l’amministrazione britannica concesse la licenza per fabbricare armi nel 1897 in cambio della libertà di passaggio delle truppe inglesi attraverso il passo Kohat, che la tribù controllava. Dal 1996, i principali acquirenti del mercato di Darra sono i talebani: kalashnikov e fucili mitragliatori vengono provati nei cortili o sui terrazzi. Tutto ciò significa che nel Paese senza Legge non vi siano regole ben precise da rispettare. semplicemente che qui con la parola "Legge", si intende la legge del Pakistan, che in queste terre non ha alcun valore. A governare le Aree Tribali ci pensano 7 grandi tribù, chiamate anche Agenzie, e a fare rispettare le regole ci pensa poi la Jirge, il Consiglio delle tribù. Le tensioni nascono quasi sempre intorno a quelle che gli uomini della Frontiera del Nord, chiamano, con uno scioglilingua, za zan zamin: oro, donne, terra. Due le regole fondamentali: melmastasia e badal, ospitalità e vendetta. Dovunque, perfino nella più povera catapecchia, c’è sempre un letto, un posto a tavola per l’ospite inatteso. Il dovere di ospitalità è talmente radicato nel codice Pathan che viene esteso perfino ai nemici (di cui occorre vendicarsi), coi quali si riprende a discutere (o combattere) dopo averli ospitati e rifocillati. "Lei è mio ospite" è la frase che lo straniero si sente ripetere più spesso. Ahmed la ripete ogni volta che qualcuno contesta le sue esose richieste di ricompensa. Del resto, se la guerra durerà ancora un mesetto, ha calcolato, riuscirà a mettere abbastanza soldi da parte per comprare una jeep usata e un paio di Kalashnikov. Il minimo indispensabile per avviare una onorevole carriera di contrabbandiere. Binario di confine C’è un punto, non lontano dal check-point, dove tutto ciò che sta accadendo al di qua e al di là del confine tra Afghanistan e Pakistan non riscuote alcun interesse. Di certo non ne suscita né in Majid né nei suoi compagni di sventura. Non sanno della tragedia che sta consumando il loro Paese, non sanno della disperazione dei profughi che vorrebbero passare la frontiera. I loro cervelli sono avvolti nella nebbia di 2 grammi di eroina al giorno. Eroina mischiata, e bastano poche ore di accattonaggio per procurarsi le 35 rupie (1500 lire) che bastano a comprare un grammo di "roba". I venditori sono vicini, basta oltrepassare le rotaie di un binario morto ed entrare nell’Area Tribale. A volte delegato alla consegna è una guardia di frontiera. Qui tutti sono ingranaggi di un meccanismo di morte, tra queste montagne al di fuori della giurisdizione pakistana vige solo il "pashtun wali" la vecchia legge tribale che nemmeno gli inglesi riuscirono a estirpare. Majid ha 18 anni, da quando ne aveva dodici si fa, prima l’eroina la fumava, ora deve sniffarla per allontanare i dolori che lo assalgono quando è in astinenza. Come lui altri poveracci, ripudiati dalle famiglie e vagabondi in questo lembo di terra, sdraiati per terra giorno e notte ad aspettare la morte o accovacciati sul ciglio della strada, a fumare o sniffare. Quando si muore, sono i tuoi stessi compagni a darti sepoltura, sullo stesso ciglio di strada dove fino a ieri fumavate insieme. Questa è la privata guerra di Majid, figlio di un Afghanistan che da più di 20 anni non conosce la pace, ospite indesiderato di un Paese che non si cura di lui. Forse Allah il Misericordioso lo aiuterà ad abbandonare questo mondo, quel binario che segna l’ultimo confine. Franco Pagetti Torna al sommario stampa articolo