Giampiero Maggio, La Stampa 5/1/2009, pagina 55 - Cronaca di Torino, 5 gennaio 2009
La Stampa, lunedì 5 gennaio 2009 Agliè. I turisti sono solo un ricordo. Una volta in via Principe Tommaso le locandine davanti ai ristoranti recitavano menù a tema: il risotto al conte Ristori e il dolce intitolato ad Elisa di Rivombrosa
La Stampa, lunedì 5 gennaio 2009 Agliè. I turisti sono solo un ricordo. Una volta in via Principe Tommaso le locandine davanti ai ristoranti recitavano menù a tema: il risotto al conte Ristori e il dolce intitolato ad Elisa di Rivombrosa. E c’era la fila di persone che aspettavano il proprio turno. Una volta, sembra l’inizio di una favola. L’assedio di milanesi e bergamaschi era puntuale ogni fine settimana, ad Agliè, arrivavano da tutta Italia per trascorrere qualche ora nei luoghi della bella serva Elisa Scalzi, capace di far innamorare il ricco conte. Poi si è spenta la tv, la storia di Elisa è finita. Fino a quando le troupe televisive erano di casa, i passaggi turistici, in paese, toccavano quota 100 mila all’anno. Ed era festa per tutti. «Un po’ come negli Anni 60, quando la Fiat presentava le sue auto nei giardini del castello e il paese era pieno di gente» racconta Antonella Conti, l’edicolante di via Principe Tommaso. Oggi, spenta la luce dei riflettori, in questo paese da cartolina sdraiato sulle colline dell’Erbaluce e dove la vita contadina che ha ispirato le poesie di Guido Gozzano scorre uguale tutti i giorni da sempre, si racconta un’altra realtà. I turisti arrivano a gruppetti di quattro, cinque persone, si affacciano all’ingresso del castello ducale. Non c’è più ressa. E, Agliè ha perso l’ultima macelleria del paese, non ci sono più la latteria, la ferramenta e il negozio di scarpe. Anche l’Olivetti, l’unica fabbrica importante che ancora dava lavoro sicuro, a breve sarà solo un ricordo. «Abbiamo pagato lo scotto della celebrità - dice Franco Marchiando, uno che da sempre fa politica ed è anche il fotografo del paese - e c’eravamo abituati troppo bene. Sarebbe il caso di studiare strategie nuove, discuterle con l’amministrazione comunale, con la Soprintendenza. Abbiamo una risorsa grandiosa, va sfruttata meglio». Il castello ducale, quello che ospitò i Duchi di Genova e Maria Cristina di Borbone rappresenta uno degli obiettivi per il rilancio del Canavese. Il presidente della Provincia Antonio Saitta dice «che deve diventare un punto di riferimento storico e culturale per tutto il Piemonte». Daniela Biancolini, la direttrice fa sapere «che sono stati fatti sforzi enormi per recuperare spazi del castello finora rimasti inaccessibili al pubblico». I passaggi ai botteghini, da quando è tramontato l’effetto Rivombrosa, sono però crollati. E questo nonostante gli sforzi della Soprintendenza che ha investito due milioni di euro per recuperare tutto il piano nobile. Fausta Anrò, che lavora nella farmacia del paese dice che «fino a qualche anno fa c’era gente che arrivava da lontano, molti milanesi, molti liguri: chiedevano informazioni, volevano sapere quale fosse il castello che si vedeva in televisione». Le fa eco Deborah Berutto: «Una mia amica che sta alle biglietterie mi ha detto che le presenze sono calate drasticamente». Sembra trascorsa una vita invece si è solo spenta la tv. Via Principe Tommaso, il budello che si apre su piazza Castello, in questi giorni è semideserta. Nei giorni di festa ti aspetteresti le strade piene di turisti, un po’ come accade nei borghi medievali dell’Umbria e della Toscana. Poche anime per la strada, invece. Massimo Ossola, è il titolare dello «Scudo di Francia» uno dei ristoranti più noti in Canavese e della Provincia di Torino. La sua è una clientela fissa e affezionata, c’è chi arriva anche da Milano o da Biella. «Ma se solo trovassi qualcuno disposto a rilevare l’attività chiuderei anche domani» dice. Il perché, forse, è tutto nella frase di Giovanna, la moglie: «Agliè è un paese che sta morendo. E noi con lui». Giampiero Maggio