Giacomo Galeazzi, la Stampa lunedì 5 gennaio 2009, 5 gennaio 2009
La Stampa, 5 gennaio 2009. Da tempo i sociologi mettono in guardia dal «pericolo G2». A incendiare le periferie parigine e a compiere nel 2005 gli attentati alla metropolitana di Londra, non sono stati i clandestini o gli stranieri di recente arrivo ma la seconda generazione dell’immigrazione, i figli dell’«Islam della diaspora» nati, cresciuti e mai integrati in Occidente
La Stampa, 5 gennaio 2009. Da tempo i sociologi mettono in guardia dal «pericolo G2». A incendiare le periferie parigine e a compiere nel 2005 gli attentati alla metropolitana di Londra, non sono stati i clandestini o gli stranieri di recente arrivo ma la seconda generazione dell’immigrazione, i figli dell’«Islam della diaspora» nati, cresciuti e mai integrati in Occidente. Ne è un esempio la comunità palestinese (4500 residenti in Italia, di cui 480 provenienti dai territori occupati, 2860 dalla Giordania e un migliaio dal Libano) finita nella bufera per le bandiere israeliane bruciate a Milano. «Tra i primi immigrati palestinesi e più in generale arabi (marocchini, tunisini, egiziani) c’erano molti studenti di medicina o ingegneria che si sono ben sistemati qui - spiega il sociologo Franco Pittau, direttore del Dossier statistico sull’immigrazione della Caritas -. I ragazzi della seconda generazione sono musulmani come i loro padri ma si sono integrati con maggiore difficoltà. Nella prima generazione sono arrivate persone molto istruite, spesso laureate, che hanno accettato mestieri umili. I figli, socializzati in Italia e nutriti di aspettative superiori, hanno in realtà un livello d’istruzione più basso dei genitori, ma non sono disposti a fare gli stessi lavori. Perciò siamo in una situazione di guado». Se la «G2» in Italia non è ancora esplosa in forme violente è perché «da noi l’idea di nazione è più sfumata che in Francia o Inghilterra e la Chiesa ha stemperato il dissenso difendendo la libertà di culto dei musulmani e lavorando per l’integrazione», precisa Pittau. «Altrove il passato coloniale ha scatenato una reazione sorda, covata dentro, mentre identificarsi con l’Italia è meno problematico perché abbiamo un’identità più regionale che nazionale», sottolinea Pittau. «La Francia è quasi autosufficiente dal punto di vista demografico, mentre in Italia è impensabile un futuro senza immigrati e paesi come il Marocco hanno spinto molto per i ricongiungimenti familiari - avverte il sociologo -. A bruciare le bandiere israeliane in piazza sono piccole élite studentesche, che, a differenza dei padri, hanno più aspirazioni e meno strumenti per perseguirle». Nella nebulosa «G2» non mancano segnali incoraggianti. Due giorni fa l’associazione dei Giovani Musulmani d’Italia ha rivoluzionato il proprio quadro direttivo e, per la prima volta, le ragazze sono in maggioranza nell’organo di gestione (4 su 7). Il quadro complessivo, però, resta preoccupante. A Treviso, per esempio, i fedeli islamici di «seconda generazione» (per loro stessa definizione) hanno occupato un parcheggio violando il divieto comunale. I musulmani «junior», nati in Italia e iscritti nelle scuole trevigiane, hanno voluto «segnare una rottura con i connazionali storici», quelli, cioè, arrivati in Veneto vent’anni fa e che hanno sempre preferito la politica dei piccoli passi e del confronto con le istituzioni. Una «guerra tra generazioni» arrivata proprio nel Comune super-leghista dello «sceriffo» Gentilini a una clamorosa frattura ufficiale con la fascia di extracomunitari «senior», i pionieri della prima ondata di immigrazione degli Anni Ottanta, che hanno formalmente preso le distanze dalla seconda generazione. «Il muro contro muro non porta a nessun risultato. Occorre insistere senza stancarsi con le mediazioni, nella speranza che venga trovata una soluzione alla mancanza di spazio per la preghiera del venerdì», contestano i padri «moderati» ai figli «intransigenti» che però rilanciano sull’emittente «Al Jazeera»: «Noi studiamo, lavoriamo e paghiamo le tasse in Italia, se le forze dell’ordine vogliono arrestarci, si accomodino». Insomma, i «duri e puri» sono gli italianissimi figli dei primi stranieri arrivati da noi in cerca di fortuna, o soltanto di un pezzo di pane. Secondo le stime del 2008 i giovani della «G2», sommando ai musulmani gli stranieri di altra religione, sono circa un milione (100 mila in più rispetto al 2007) di cui la metà (501 mila) sono studenti delle scuole italiane, dalle materne alle superiori. E sono destinati ad aumentare malgrado gli ostacoli burocratici. A differenza di altri paesi come gli Stati Uniti, infatti, non basta essere nati in Italia per avere automaticamente la cittadinanza. In Italia per essere cittadini occorre essere nati da genitori italiani: senza questo requisito occorre dimostrare di essere residenti da almeno dieci anni.