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 2009  gennaio 05 Lunedì calendario

LA VOGLIA DI LOW COST SPINGE L’AUTO CINESE



Obiettivo risparmio. Le difficoltà economiche potrebbero favorire l’ascesa dei costruttori emergenti finora relegati a ruoli marginali
La voglia di low cost spinge l’auto cinese
Complice la crisi e le difficoltà finanziarie di molte famiglie, questo potrebbe essere l’anno zero per alcuni protagonisti finora snobbati a causa di prodotti giudicati (non a torto) copiati, tecnologicamente arretrati, poco rispettosi delle normative di sicurezza e di compatibilità ambientale: i cinesi. Partner obbligati per chi vuole farsi largo nel loro ghiotto mercato, sono ancora un po’ indietro sulla scala dell’evoluzione automobilistica. Ricordiamo quanto ci disse pochi anni fa un top manager europeo: «Non basterà un decennio per permettergli di sbarcare a casa nostra con qualche speranza di successo».
Previsione azzardata. Se tecnologicamente non c’è partita e sull’originalità stilistica è meglio stendere un velo pietoso, i listini possono diventare la carta vincente per allettare una crescente schiera di consumatori. Senza contare che i cinesi hanno compiuto progressi inaspettati, sfruttando al meglio le ricadute delle joint venture con i più importanti costruttori mondiali e mettendo a frutto molte loro peculiarità: determinazione, capacità tecnica, basso costo del lavoro, un approccio disinvolto (si fa per dire) alle regole della competizione internazionale.
Il moltiplicarsi delle omologazioni testimonia che i requisiti minimi di sicurezza, consumi ed emissioni sono rispettati. E se non ci arrivano da soli, i cinesi cercano alleati che li aiutino a "europeizzare" i loro modelli.
Emblematico il caso della Dr di Macchia d’Isernia: dopo aver inventato il marchio Katay per distribuire in Italia – "rimotorizzati" con un 1.9 turbodiesel di origine Fiat – il Suv Victory e il pick-up Troy (cloni Toyota) della Gonow, è diventato costruttore assemblando la Dr5 (e dal prossimo anno anche la Dr3 a tre porte): motori 1.9 turbodiesel da 120 Cv e 2.0 a benzina da 128 Cv (anche in variante ecofuel a Gpl), prezzi tra 16.990 e 18.490 euro. E l’azienda fondata da Massimo Di Risio ha presentato un mese fa al Motor Show di Bologna la Dr1, apprezzabile city car di origine Chery frutto di un accordo di vasta portata. Quando arriverà (seconda metà del 2009) con il suo 1.3 a benzina da 83 Cv, sarà l’azienda italiana a distribuirla con il proprio marchio nel resto d’Europa. Preparando il terreno (Di Risio non lo nasconde) allo sbarco diretto del costruttore. Sempre a Bologna Martin Motors – che distribuisce veicoli con i marchi dei partner Changhe e Lifanauto o li sviluppa con il proprio – ha presentato cinque modelli (un minivan, un pick up professionale e tre vetture), puntando con la gamma così rimpolpata a consegnare quest’anno 50mila unità alla clientela europea.
Il gruppo bresciano Eurasia Motor Company, importatore della Great Wall, propone invece il pick-up Steed dallo stile tutt’altro che scontato, con motore 2.4 Mitsubishi da 126 Cv (da 16.500 a 19mila euro), e il meno originale Suv Hover 2.4 ecodual, stesso motore alimentato anche a Gpl e listino da 21mila a 24mila euro.
Fattori & Montani, a sua volta, distribuisce in Italia la gamma Brilliance che spazia dall’ammiraglia Bs6 alla media Bs4 berlina e wagon (disegnate con la consulenza di Pininfarina), dalla compatta Bs2 alla coupé Bc3.
Il gruppo Koelliker, storico specialista nel lancio di brand semisconosciuti, ha annunciato ufficialmente che importerà nel nostro Paese i modelli della Byd. Una realtà leader nella produzione di batterie per telefoni cellulari che si dedica all’auto da soli tre anni, ma non nasconde grandi ambizioni anche tecnologiche: ha appena presentato in patria la berlina F3Dm dual mode (un motore elettrico e un 1.0 a benzina di... scorta), che promette 100 km di autonomia, impiega avanzate batterie agli ioni di litio e sarà in vendita in Cina entro l’anno, per sbarcare in America ed Europa nel 2011.