
Il fatto del giorno
di Giorgio Dell'Arti
Una notizia, arrivata ieri sera a giornale in chiusura, sembra rappresentare una svolta – dicono definitiva – nel caso di Meredith Kercher, la studentessa inglese a cui fu tagliata la gola nella notte tra il 1° e il 2 novembre dell’anno scorso. Uno dei tre indagati, l’ivoriano Rudy Hermann Guede, ha detto che quella sera Amanda Knox e Raffaele Sollecito – gli altri due imputati detenuti – erano effettivamente in casa di Meredith. Ecco quello che riferiscono i dispacci d’agenzia: «L’americana era sulla porta di casa» (questo è il racconto di Rudi) «mentre il giovane barese (cioè Sollecito) aveva una cuffia in testa e un coltello in mano».
• Questo è tutto?
Questo è tutto.
• Basta per considerare il caso chiuso?
Non direi.
• E allora?
Allora non mi piace. Richiamo la sua attenzione sul fatto che il 1° aprile – cioè martedì prossimo – la Cassazione dovrà pronunciarsi sulla carcerazione degli indagati. Le ricordo che in dicembre i difensori si rivolsero al Tribunale del Riesame per chiedere che i loro assistiti venissero lasciati liberi e che il Tribunale del Riesame rispose di no, sostenendo che tutti e tre erano palesemente inclini alla fuga e argomentando che si trattava di persone non affidabili, che avevano detto fino ad allora un mucchio di bugie. In quell’occasione, venne fuori la definizione del delitto come “omicidio di gruppo”. I difensori presentarono ricorso contro quella sentenza e sappiamo che la decisione intorno a questo ricorso verrà presa dalla Cassazione martedì prossimo. Rudy era già stato interrogato per sette ore e mezza a dicembre. Non aveva detto quello che le agenzie gli hanno attribuito ieri sera. Strano, no? Aveva sostenut mentre qualcuno ammazzava Meredith (qualcuno che non so chi sia) io ero nel bagno. Non poteva negare la sua presenza in casa, perché c’erano tracce del suo dna nella vagina di Meredith e nelle feci del bagno. Ora dice: «l’americana era sulla porta di casa e il giovane barese aveva una cuffia in testa e un coltello in mano». Bastano queste parole per suffragare la tesi dell’omicidio di gruppo? Mi pare difficile. Alla fine si tratta di una fotografia, mentre qui avremmo bisogno di un film, possibilmente con un intreccio credibile. Possono però le parole di Rudy insinuare nella Cassazione un dubbio sufficiente a non smentire gli inquirenti perugini e liberare gli imputati? Forse. Il fatto che è nel carniere dei magistrati perugini c’è poco, molto poco. Soprattutto se si pensa che sono passati cinque mesi.
• In che consiste questo poco?
Intanto la scientifica ha escluso nella maniera più categorica che vi sia stato stupro. I medici legali hanno dovuto addolcire questa constatazione – inquietante per il castello accusatorio – scrivendo di non poter escludere che la giovane sia stata costretta a subire palpeggiamenti sotto minacce. Lei capisce che, benché odiosi, i palpeggiamenti sono altra cosa rispetto allo stupro. Non si sa neanche la posizione esatta al momento della morte: l’assassino le stava sopra? le stava di spalle? in quest’ultimo caso, lei era inginocchiata o bocconi? La scientifica dice che l’ipotesi più probabile è che lei fosse inginocchiata con l’assassino di spalle. E su questo s’è perso un mucchio di tempo, a mio parere inutilmente. Manca l’elemento numero uno, cioè il movente, come ha dovuto ammettere il questore di Perugia Arturo De Felice, che, anche lui, ha addolcito la pillola ammettendo come “verosimile” il “movente sessuale”. Ma che movente sessuale è un movente sessuale senza lo stupro? In un’altra testimonianza, Rudy ha detto di aver avuto un rapporto non completo con Meredith, ma consenziente. Quello che la scientifica chiama (tirando a indovinare) «palpeggiamenti”.
• Quindi?
Quindi non c’è un movente, non c’è un’arma del delitto sicura, non c’è una ricostruzione convincente della sequenza criminale. Se i magistrati di Perugia sono in ansia per la sentenza della Cassazione, hanno ragione. [Giorgio Dell’Arti, Gazzetta dello Sport 27/3/2008]
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