varie, 27 marzo 2008
CASTIGLIONI Claudio
CASTIGLIONI Claudio Rovate di Carnago (Varese) 22 novembre 1946, Varese 17 agosto 2011. Industriale. Dal 1981 al 1999 fu presidente della Cagiva • «“Le moto sono oggetti che fanno sognare. Hanno colori e suoni diversi, hanno forme che rivelano l’ispirazione di chi le ha concepite. A volte queste creazioni sono autentici oggetti d’arte motoristica che trasformano il progettista in artista”. Lo ripeteva Claudio Castiglioni, che un po’ artista lo era [...] Salvò dal fallimento la Ducati. Rilevò non senza spregiudicatezza Husqvarna, Moto Morini e soprattutto MV Agusta. Castiglioni ne acquisì il marchio nel 2002. L’azienda, nata - come Cagiva - dalle ceneri di un’industria aeronautica, era ferma dal 1977. Lontani i fasti con Giacomo Agostini. Castiglioni la rilanciò con modelli avveniristici, F4 e Brutale. I suoi oggetti celebri d’arte motoristica, insieme a Cagiva Elefant e Mito, Ducati 916 e Monster. Castiglioni ha rappresentato l’età dell’oro artigianale: la piccola scuderia che sfida i colossi giapponesi. Negli Ottanta e inizio Novanta, l’Italia dei motori a due ruote ha coinciso con lui. Più sconfitte che vittorie, lo ammetteva lui stesso: “Ci furono Gran Premi, come Suzuka 1988, dove arrivammo a prendere due giri. Speravo addirittura che il motore si rompesse, per non andare incontro a critiche e magre figure. Fummo bravi a non abbatterci, traendo dalle sconfitte linfa vitale per fare gruppo e spingerci oltre nella ricerca”. Due titoli piloti nel cross, i trionfi alla Dakar con Edi Orioli. E la prima vittoria in Motomondiale, rocambolesca, nel 1992. Castiglioni pianse come un bambino. Era riuscito a portare il grande Eddie Lawson alla Cagiva 500. L’ultimo suo anno di carriera: sfida ben maggiore di Valentino Rossi in Ducati. Sarebbero arrivati altri due primi posti, nel 1993-1994, con John Kocinski. Castiglioni lo definì “campione dallo spirito vincente altalenante”, confermando uno stile - anche linguistico - non comune. Di lì a poco il ritiro, nel Gp d’Italia 1995, con Pierfrancesco Chili. Castiglioni non amava il marketing, per quello c’era il fratello. Gli amici lo definiscono “entusiasta”, «viveur” e “sognatore”. I giornalisti ne ricordano le telefonate all’alba e la refrattarietà ai comunicati stampa. Preferiva il contatto diretto. Carlo Pernat[...] “[...] Claudio era capace di farti andare in spiaggia con l’eskimo. Un trascinatore, una delle più grandi figure italiane di sport. Ricordo le interminabili gare a scopone e il telaio in carbonio già pronto nell’87: fu il primo a pensarci. Si divertiva a collaudare di persona le nuove moto. Aveva pure la tuta con scritto ‘Claudio Castiglioni’, pazzesco. Appassionato vero, da ragazzo si attaccava alla rete per vedere Hailwood a Monza. Gente così mica esiste più. Con i padroni non andava d’accordo, con gli operai sì. Li ha sempre difesi”. Come quando, a fine 2009, la Harley Davidson dichiarò di volersi disinteressare della Mv Agusta (nel frattempo acquisita dagli americani). Parlando agli operai, Castiglioni si concesse lungimiranza spietata: “Non vi ho abbandonato nei momenti più difficili, non vi abbandonerò adesso. Mi metterò ancora in gioco. Forse sarà l’ultima volta che riuscirò a farlo, perché le botte che ho preso sono state dure e prima o poi viene il momento per tutti di stufarsi”. Pochi mesi dopo, ricomprò la MV Agusta. Il figlio Giovanni, stesso nome del nonno, è ora a capo della Cagiva. Per lui il padre era “un bravissimo esteta, con la visione precisa di come dovesse essere una moto”. Graziano Rossi, papà di Valentino, usa toni trasognati: “Una persona dolce, lampi di gioia e fantasia”. Virtù anacronistiche nel mondo delle moto, che da Castiglioni ha avuto molto ma che gli somiglia ormai pochissimo» (Andrea Scanzi, “La Stampa” 18/8/2011).