
Il fatto del giorno
di Giorgio Dell'Arti
Oggi non si vota solo a Roma, Milano, Napoli, Torino, Bologna - come sembra di capire dai media - ma in 126 comuni, di cui 20 capoluogo, tutti incapaci di eleggere un sindaco al primo turno e chiamati adesso a scegliere tra i due meglio piazzati di quindici giorni fa. A parte i cinque di cui sopra, c’è anche Trieste, sesto capoluogo di Regione, e 14 capoluoghi provinciali: Benevento, Brindisi, Carbonia, Caserta, Crotone, Grosseto, Isernia, Latina, Novara, Olbia, Pordenone, Ravenna, Savona, Varese. Il candidato più celebre in questo ultimo lotto è forse Clemente Mastella, già ministro della Giustizia nel governo di Romano Prodi, poi sostenitore di Berlusconi e parlamentare europeo, infine ridisceso in campo con queste elezioni. I grillini sono finalisti a Roma, Torino e Carbonia, sembrano il movimento che domani avrà la sua seconda consacrazione, ma gli esperti di flussi sostengono che, se si analizza bene il voto del 5 giugno, il loro consenso risulta in calo del 4% sul 2013.
• Come negare però che il fatto nuovo, e dirompente, sono proprio quelli del Movimento 5 Stelle ?
Il probabile successo del Movimento 5 Stelle, specialmente a Roma, proietta questo voto di oggi in una dimensione planetaria. Lo apparenta cioè alla Brexit inglese e ai successi di Donald Trump in America. Potremmo infatti considerare le competizioni elettorali del nostro tempo, in pratica ovunque, non più un confronto tra destra e sinistra o tra conservatori e progressisti, ma tra establishment e anti-establishment, con le sottospecie degli europeisti contro gli antieuropeisti. La fortuna delle forze anti-establishment, finora, è che non sono mai riuscite a conquistare il potere. Che succederà però quando per la prima volta si troveranno nella stanza del tesoro o, come disse Nenni, dei bottoni?
• Nenni, al tempo del primo centrosinistra, disse: «Sono entrato nella stanza dei bottoni, e i bottoni non c’erano». O qualcosa del genere.
È il problema delle democrazie occidentali, diventate troppo complesse per essere governate. Nessuno sa dove stiano veramente i bottoni e neanche se esistano. Vedremo se la Raggi, vincendo a Roma, li troverà.
• La Raggi vincerà nonostante la storia dei 13 mila euro di consulenze incassate dalla Asl di Civitavecchia?
È tutta roba da campagna elettorale, e di cui domani ci saremo completamente dimenticati. Non credo che sposti nemmeno un voto. Il voto alla Raggi va letto infatti come un voto contro Giachetti, cioè contro Renzi. Il romano a cui si dice, come è stato detto, che Giachetti va sostenuto perché ha esperienza amministrativa dato che ha lavorato con Rutelli al tempo in cui Rutelli era sindaco, oggi risponde così: «Sì, ha imparato a rubbà». Orfini è andato a fare volantinaggio per il Pd al mercato di Giardinetti e ha dovuto sopportare un assalto («In galera dovete annà», con quel che segue). Quindi la Raggi vincerà non perché è brava e bella, ma perché i romani pensano che tutti gli altri sono brutti e cattivi.
• Poi c’è la questione Renzi.
Già, su questo panorama si inserisce la convenienza di votare contro Renzi per indebolirlo in vista del referendum di ottobre sulla riforma costituzionale. Su questa linea ci sarebbe D’Alema, che avrebbe segretamente incoraggiato il voto per la Raggi in odio al premier, almeno secondo quanto scrive Repubblica. D’Alema ha smentito, sostenendo che in questo modo Renzi si vuole precostituire un alibi per le cocenti sconfitte in arrivo dalle città. Bisognerà vedere. Intanto non è affatto scontato che, perdendo nelle città, Renzi sia condannato anche alla prova capitale del referendum. Nelle città confluiscono tanti temi locali. Al referendum, tra l’altro, potrà esser lui a sostenere di voler rottamare la vecchia politica, con tanto di taglio dei senatori. I conservatori o difensori dell’establishment - nonostante gli slogan grillini - dovrebbero sembrare più quegli altri.
• Una veloce carrellata sulle cinque città, per provare a capire come potrebbe finire.
Il candidato più sicuro per il Pd dovrebbe essere Merola. Mi pare difficile, nonostante tutto, che i bolognesi votino una leghista (i cinquestelle non si sono pronunciati). Non dovrebbe esserci storia nemmeno a Napoli: credo che l’ora di De Magistris non sia passata, Lettieri, per diventare sindaco, dovrà aspettare il 2021. Di Roma abbiamo detto. Restano Torino e Milano ed è dal voto di queste due città che Renzi potrà saggiare la forza degli avversari. Le prendesse tutt’e due, potrebbe addirittura cantare vittoria. Ma Milano mi pare difficile: la campagna finale di Parisi è stata più efficace di quella di Sala, anzi la vittoria di Parisi potrebbe lanciare un protagonista nuovo nel centro-destra, capace di assemblare, magari con la benedizione di un Berlusconi tornato in salute, le troppe anime di quella parte. La Appendino sindaco di Torino sarebbe un esito clamoroso, e non solo per la giovane età della candidata grillina (32 anni appena compiuti): la sinistra governa la città sabauda da 23 anni.
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