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 2016  giugno 19 Domenica calendario

Il cucchiaio di Panenka, «era la finale degli Europei ’76, quando prese la rincorsa e si ricordò dei sacrifici, degli allenamenti, dei funzionari del partito che vigilavano sulla Nazionale, del divieto di fumo, del divieto di sesso tre giorni prima di ogni partita, delle multe per ogni birra bevuta; si ricordò dei suoi due grandi modelli e decise di tirare come da due mesi aveva in testa di fare»

Quando Antonin Panenka prese la rincorsa, sapeva chi era, non cosa sarebbe diventato. Suo padre avrebbe voluto fare il calciatore, ma era avido di corse in moto, ebbe un incidente e fine dei sogni. Così aveva portato il bambino a vedere le partite, anche sei o sette in un week-end. Quando Antonin Panenka prese la rincorsa nella finale degli Europei ’76 che si stava chiudendo ai rigori contro la Germania – domani sono quarant’anni – si ricordò dei sacrifici, degli allenamenti, dei funzionari del partito che vigilavano sulla Nazionale, del divieto di fumo, del divieto di sesso tre giorni prima di ogni partita, delle multe per ogni birra bevuta; si ricordò dei suoi due grandi modelli, Didi e Masopust, e decise di tirare come da due mesi aveva in testa di fare. Aveva cominciato a calciare i rigori a quel modo, il piede appoggiato dolcemente sotto la palla, la palla che si solleva e finisce in porta come un soffio, per scommessa con l’amico portiere Zdenek Hruska. Poi continuò nelle amichevoli e dopo in campionato. Noi da quest’altra parte del muro non lo sapevamo. «Non volevo rendere ridicolo Maier. Era solo il tiro più facile», raccontò dopo che la palle era finita in porta. La Cecoslovacchia ebbe la Coppa tra le mani, fu l’apice toccato dal calcio dell’Est e l’inizio della sua dissoluzione. Di quel giorno resta la foto di una Nazionale che festeggia con la maglia della Germania: se le erano scambiate prima della premiazione. Panenka era riuscito a non giocare mai per la squadra dell’esercito, il Dukla, dove si doveva passare obbligatoriamente durante il servizio militare. Un medico aveva firmato un certificato che lo dichiarava non idoneo alla leva. Restò al Bohemians, e bohémien era il suo stile. Lento, flemmatico e creativo. Oggi nessun ct porterebbe un Panenka agli Europei. Il suo compagno di camera, il portiere Victor, gli disse: «Se tiri in quel modo e sbagli, non ti faccio rientrare». Di più. Se avesse sbagliato, sarebbe dovuto andare a fare il tornitore, il lavoro per cui lo Stato lo aveva allevato. Fine dei privilegi: i viaggi all’Ovest, i cristalli di Boemia esportati e venduti per arrotondare. Invece segnò. È diventato un rivoluzionario del calcio. Un innovatore. Ha ispirato Totti, Zidane e Pirlo. Una rivista spagnola di calcio e cultura si chiama come lui. Ha inventato un gesto: come Biavati col doppio passo, Unzaga con la rovesciata, Infante con la rabona. Ma nessuno ha dato il proprio nome al colpo, mentre all’estero il cucchiaio oggi si chiama “la panenka”. Tornò a mostrarlo tre anni dopo contro la Francia. I giornali di Parigi alla vigilia scrissero: attenti al poeta dei rigori. Eppure quando l’arbitro ne fischiò uno, lui tirò comunque a quel modo. Gol. Il portiere Dropsy non leggeva i giornali.