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 2016  giugno 19 Domenica calendario

In caso di Brexit potrebbe tornare il confine tra le due Irlande

Prendi un aereo a Londra, in poco più di un’ora atterri a Belfast e sei ancora in Gran Bretagna. Esci dall’aeroporto, sali su un taxi, dici all’autista di guidare verso Dublino e quarantacinque minuti più tardi dove sei? Risposta: al confine tra Irlanda del Nord, una delle quattro regioni in cui è suddiviso il Regno Unito, e Irlanda, la Repubblica che ha ottenuto l’indipendenza un secolo fa. Ma te ne accorgi, di essere al confine, soltanto perché lo annuncia il tassista. La frontiera tra i due paesi è completamente invisibile: non una barriera, un doganiere, una bandiera, un cartello. Verdi colline, mucche, pecore, cavalli e fattorie fino a Newry, l’ultima cittadina in territorio nord-irlandese ovvero britannico; verdi colline, mucche, pecore, cavalli e fattorie a Sud di Newry, quando si entra in territorio irlandese. No, a ben guardare un segnale di diversità c’è: i segnali stradali sul limite di velocità, che indicano la cifra 70 (miglia) finché siamo in Gran Bretagna e passano a 120 (chilometri) quando entriamo in Irlanda.
Quel confine inesistente adesso potrebbe rinascere in caso di Brexit, cioè se la Gran Bretagna voterà per uscire dall’Unione Europea nel referendum del 23 giugno. E con esso potrebbero ritornare tutti i problemi che esistevano quando il confine era ben visibile: il conflitto tra cattolici e protestanti in Irlanda del Nord, i “Troubles”, come fu soprannominato per trent’anni, durante i quali causò 3mila morti, decine di migliaia di feriti e immensi danni. Rianimando non soltanto la guerra civile, ma la pressione fra i nord-irlandesi a indire a loro volta un referendum, per la secessione dal Regno Unito e il ricongiungimento con il resto dell’isola, con l’Ir-landa. «La richiesta di un referendum per l’indipendenza dell’Irlanda del Nord sarebbe incontrollabile e irresistibile, se la Gran Bretagna lasciasse la Ue», ha dichiarato nei giorni scorsi l’ex-primo ministro conservatore John Major. «Non lasciate che i fautori di Brexit mettano a rischio l’unità della Gran Bretagna», gli ha fatto eco l’ex-premier laburista Tony Blair. Major e Blair sono stati gli artefici del negoziato che nel 1998 ha portato la pace fra cattolici indipendentisti e protestanti filo-britannici in Irlanda del Nord, o Ulster come preferiscono chiamarla questi ultimi. Ora sono venuti qui insieme per ricordare ai propri connazionali che il referendum sulla Ue non riguarda soltanto questioni come l’immigrazione o l’economia, ma mette in pericolo la sopravvivenza stessa dell’unità nazionale.
«Ricordo bene com’era questo posto una ventina d’anni fa», dice l’autista guidando tra sprazzi di sole e di pioggia sulla A1 che in un’ora e mezzo conduce da Belfast a Dublino. «Subito dopo Newry, c’erano check-point, sbarramenti, fortificazioni militari. Persone e merci venivano sottoposti a lunghi controlli. E non pochi soldati britannici hanno perso la vita per attacchi lungo il confine». Da questa frontiera passavano le armi che i guerriglieri dell’Ira, l’esercito clandestino indipendentista nord-irlandese, riceveva dai propri sostenitori in Irlanda. A Belfast sorge ancora un muro, come quello di Berlino, tra il quartiere cattolico e quello protestante, per evitare che la “pace fredda” si surriscaldi; ma il confine tra le due nazioni è stato volutamente cancellato con gli accordi di pace del ’98. Farlo scomparire dà agli irlandesi, a quelli del nord come a quelli del sud, la sensazione che non sia più necessario combattere per la sovranità, l’illusione che l’Ir-landa, di fatto, è già riunificata. Del resto sia l’Irlanda che l’Irlanda del Nord britannica, oltre a parlare la stessa lingua e ad avere le stesse tradizioni, la stessa storia, la stessa cultura, fanno parte dell’Unione Europea: che importanza ha sapere dove finisce una e comincia l’altra?
Questa tacita intesa potrebbe tuttavia cambiare se una delle due, la Gran Bretagna, abbandonasse la Ue. La frontiera che sfiora Newry diventerebbe di nuovo una vera linea di confine: fra un paese dell’Unione Europea, la repubblica irlandese, e il regno di Sua Maestà britannica. Potrebbero essere nuovamente istituiti una dogana per le merci e controlli passaporti, per evitare che immigrati europei entrino clandestinamente in Gran Bretagna e poi magari arrivino fino a Londra. «Dalla frontiera rinascerebbero il conflitto e la spinta per l’indipendenza nord-irlandese», ammonisce Blair. E il contagio indipendentista continuerebbe poco più in là: «Se la Scozia, più europeista, voterà a maggioranza per restare nella Ue, ma la Gran Bretagna nel suo complesso voterà per lasciare la Ue, un nuovo referendum per l’indipendenza scozzese sarebbe molto probabile», avverte Major, lasciando intendere che stavolta, a differenza di due anni or sono, lo vincerebbero i secessionisti scozzesi. L’uscita del Regno Unito dalla Ue potrebbe rapidamente trasformarlo in un regno disunito: da Gran Bretagna a piccola Inghilterra. Le pecore nei dintorni di Newry, sulle colline tagliate da un confine invisibile, ignorano se l’erba che brucano è irlandese o britannica. Ma fra pochi giorni la differenza potrebbe diventare di nuovo importante.