
Il fatto del giorno
di Giorgio Dell'Arti
Sui tavoli delle redazioni piovono le foto dei cadaveri allineati una accanto all’altra sotto un lenzuolo bianco, delle lamiere accartocciate, dei parenti disperati che s’abbracciano in lacrime, foto di casermoni dove sono ricoverati i feriti e di automobili massacrate dall’impatto del pullman, foto anche di luci notturne che illuminano la sterpaglia in mezzo alla quale l’altra notte i vigili del fuoco hanno dovuto dare la caccia ai morti. La questione, mentre si guardano queste foto, è se ci sia un colpevole da individuare oppure no. O magari più colpevoli.
• Stiamo parlando dell’incidente del pullman di domenica sera.
Sì, e suppongo che lei voglia prima di tutto una ricostruzione il più possibile puntuale. Partiamo dagli ultimi istanti: domenica sera, intorno alle 19, si forma un rallentamento al chilometro 28 della A16, dopo il casello di Avellino Ovest, direzione Napoli. Siamo sul viadotto Acqualonga, nella zona di Monteforte Irpino. Il tratto è in curva e in discesa, ed è considerato pericoloso, negli ultimi anni qui si sono verificati una ventina di incidenti, alcuni anche mortali. Sulle auto in fila piomba a un tratto un pullman Granturismo preso in affitto dalla società Mondotravel. Il gigante, a quanto si è capito finora, viaggia strusciando il guardrail alla sua destra, non ha più la portiera destra sul davanti, travolge sei macchine e poi sbanda, butta giù cento metri di muro e precipita di sotto. Un salto di trenta metri. Sotto c’è bosco, sterpi, cespugli. I soccorritori passeranno la notte a cercare corpi nella boscaglia e, una volta trovatili, li allineeranno in ordine, uno a fianco all’altro, coprendoli di un lenzuolo bianco. I morti alla fine sono 38, o forse 39 (il ministro Lupi ha detto 39), i feriti sono dieci, tra questi cinque bambini, due dei quali gravissimi. I cinque piccoli sono ricoverati al Santobono Pausilipon di Napoli. Intorno a loro non ci sono né i padri né le madri, probabilmente perché rimasti uccisi nel salto. L’impatto ha proiettato molti passeggeri fuori dai finestrini, anche a venti metri di distanza. Sul posto oltre alle ambulanze sono accorse decine di carri funebri. S’è anche sentito qualcuno gridare: «Ci vogliono bare! Fate arrivare le bare». Le salme sono poi state composte nella palestra di Monteforte. I parenti hanno dovuto effettuare il riconoscimento. La polizia li chiamava uno ad uno: «Si preparino i parenti di...». In realtà, gli infelici viaggiatori si conoscevano benissimo tra di loro e con le loro famiglie. Di regola andavano in gita insieme.
• Ragioniamo adesso su questa cosa che il pullman viaggiava strusciando la balaustra di destra.
Sul punto in cui sono state tamponate le sei automobili non ci sono segni di frenata. È possibile che la fila sia apparsa all’improvviso, cogliendo l’autista di sorpresa? È un’ipotesi da escludere: l’avviso di rallentamenti è apparso quaranta chilometri prima e un chilometro e mezzo prima della fila c’era uno sbandieratore che invitava ad andar piano. L’ipotesi più probabile è che i freni non funzionassero più e che il conducente, Ciro Lametta, 44 anni, morto anche lui nella scarpata, abbia tentato di fermarlo appoggiandosi alla barriera in cemento. Senza riuscirci. Una ferita che è riuscita a rendere testimonianza parla dello scoppio di un pneumatico. Parti del sistema di trasmissione dell’autobus sono state trovate a terra oltre un chilometro prima del luogo della tragedia. La portiera di destra e forse anche una parte del muso era saltata via. Questo significa che conducente e passeggeri sono andati incontro alla loro morte sapendo quello che stava succedendo.
• I colpevoli?
La Procura di Avellino, rappresentata dal procuratore Rosario Cantelmo, procede per omicidio pliurimo colposo e disastro colposo. Le verifiche della magistratura riguardano: le condizioni del pullman, quelle della barriera, l’ipotesi di una velocità eccessiva, la tempistica e la precisione della segnaletica autostradale.
• Il pullman era vecchio?
Era stato immatricolato nel 1995, reimmatricolato nel 2008, revisionato lo scorso marzo.
• La barriera?
C’è la testimonianza di Stefano Calamani, segretario generale dell’Aisico, l’associazione italiana per la sicurezza della circolazione. «Il tipo di guardrail presente su quel tratto autostradale, il New Jersey, è una barriera sicura, di livello massimo, che noi abbiamo certificata. Le barriere sono ancorate al cordolo con dei tiranti e se questi sono vecchi, la tenuta è molto più bassa. Ma non mi sembra sia questo il caso. Altra cosa è la situazione generale in Italia: in autostrada le barriere sono quasi tutte a norma, ma sulle strade provinciali, comunali, la situazione è tragica. Su 600mila chilometri, sono al massimo 30mila quelli in cui le barriere sono regolari».
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