Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2013  luglio 30 Martedì calendario

MPS, SCONTRO ROMA-BRUXELLES SUL PIANO


[più pezzi]

Il governo italiano è in piena trattativa con le autorità comunitarie sul futuro del Monte dei Paschi di Siena, e risponderà a breve alla lettera con la quale il 16 luglio la Commissione europea ha espresso riserve su alcune caratteristiche del piano di ristrutturazione, per avere il via libera definitivo ai 3,9 miliardi di obbligazioni sottoscritti dal Tesoro (i Monti Bond). La conferma del negoziato è venuta ieri dal ministro per gli affari europei, Enzo Moavero Milanesi, il quale ha anche aggiunto che il governo Letta non ritiene che il caso Mps possa essere assimilato ad altre operazioni di ristrutturazione bancaria avvenute in Europa, come invece sembrano pensare i tecnici di Bruxelles. «Il commissario alla Concorrenza Joaquín Almunia tende ad assimilare la nostra situazione, la situazione di Banca Mps, ad altre operazioni. Noi abbiamo una valutazione in cui vediamo elementi diversi. Stiamo finalizzando la risposta», ha detto Moavero, dopo che il Financial Times ieri ha pubblicato brani di una lettera di Almunia al ministro dell’Economia Fabrizio Saccomanni in cui elenca gli aspetti del piano di ristrutturazione che agli occhi della Commissione vanno migliorati: la riduzione dei costi, i rapporti di redditività, la politica degli accantonamenti, l’importanza delle attività di contrattazione, l’esposizione al rischio sovrano, la politica delle remunerazioni della dirigenza, la gestione delle passività. Il commissario europeo scrive al ministro dell’Economia di non condividere le stime del governo italiano di 5.000 tagli al personale per compensare perdite di 320 milioni di euro provocate dalla chiusura delle attività di contrattazione per conto proprio e dalla riduzione dell’esposizione ai titoli sovrani. Almunia dice che la stima, citata da Saccomanni in una lettera a Bruxelles il 28 giugno, è «considerevolmente gonfiata». Oggetto di una indagine giudiziaria per via di perdite milionarie nelle contrattazioni sui derivati, Mps ha già annunciato il taglio di 4.600 posti di lavoro, la chiusura di 400 sportelli e un aumento di capitale di un miliardo di euro.
Il tema della ristrutturazione di Mps è politicamente delicato. Non solo perché l’istituto ha un ruolo chiave nell’economia, nella politica e nella società di una delle principali regioni italiane, la Toscana, ma anche perché, alla luce dei tradizionali legami della banca con il Partito Democratico, la vicenda potrebbe avere ripercussioni anche sul governo Letta. A tutt’oggi il disco verde della Commissione già fornito in gennaio 2013 per l’emissione dei Monti Bond resta valido. Tuttavia, l’esecutivo comunitario fa presente che allo stato attuale non è possibile una pre-approvazione del contenuto dei piani di ristrutturazione e si richiedono quindi miglioramenti. Oltre ai nodi già citati, ci sono anche altre questioni di cui occorrerebbe tener conto nel piano di ristrutturazione, spiega Almunia nella sua lettera a Saccomanni. Per esempio, la banca toscana dovrebbe specificare come intende compensare le operazioni di rifinanziamento a lungo termine della Banca centrale europea, una volta giunte a scadenza. Il commissario europeo avverte che in assenza di progressi sufficienti nelle prossime settimane proporrà al collegio dei commissari di aprire una procedura formale per aiuti di stato in violazione delle regole europee. La vicenda sta pesando sul titolo Mps, che ieri ha chiuso in ribasso del 4,6% a 0,20 euro.
Il ministero dell’Economia sottolinea che non si è configurato alcun rifiuto del piano messo a punto per Mps ma, come è normale che sia, quello in è corso un negoziato. Il ministero rammenta infatti di avere avviato la procedura di sostegno a Mps nel corso del 2012 e di aver comunicato alla Commissione, il 7 dicembre, l’intenzione di sottoscrivere strumenti finanziari emessi dalla banca. Il 17 dicembre 2012 la Commissione ha autorizzato l’operazione, realizzata dal MEF il 28 febbraio 2013. L’autorizzazione della Commissione europea alla misura di aiuto era condizionata alla presentazione di un piano di ristrutturazione della banca beneficiaria, che il MEF ha provveduto a notificare il 17 giugno 2013. «Il dialogo informale sui contenuti del piano di ristrutturazione tra MEF e Commissione – prosegue la nota di via XX settembre – che non fa parte di una procedura di contenzioso e di cui la lettera pubblicata è soltanto un passaggio, è la modalità ordinaria in cui si svolge la procedura di verifica della compatibilità del sostegno finanziario pubblico con il quadro europeo sugli aiuti di Stato. Un dialogo in costante evoluzione, aggiornato da interlocuzioni che hanno avuto luogo anche dopo la data del 17 luglio a cui risale la lettera diffusa, allo scopo di approfondire le richieste formulate dal commissario, fornire ulteriori elementi sul piano, discutere diverse opzioni».
Rossella Bocciarelli; Beda Romano


CON I DIKTAT EUROPEI IL RILANCIO ORA È A RISCHIO–

I3,9 miliardi di Monti Bond concessi dallo Stato a Mps dovrebbero rappresentare la ciambella di salvataggio per risollevare la banca dal deficit patrimoniale dovuto ad alcuni anni di mala-gestio e alle svalutazioni sul maxi-portafoglio di BTp. Ma le condizioni di quel prestito di Stato rischiano di trasformare la ciambella di salvataggio in una zavorra che rischia di affossare il Monte. Già le condizioni del prestito erano particolarmente onerose: tasso d’interesse del 9% annuo da pagarsi in contanti o in azioni, in caso che i conti della banca siano in rosso. Lo scorso 1° luglio Mps ha già dovuto staccare il primo assegno da 171 milioni allo Stato per gli interessi pregressi. Alle difficoltà oggettive del piano di salvataggio potrebbero ora aggiungersi nuove condizioni più onerose imposte dalla Ue, chiamata a pronunciarsi per validare il piano degli aiuti di Stato. Si parla di nuovi esuberi di personale, di tetto agli stipendi dei manager, della possibile sospensione del pagamento delle cedole per alcune categorie di obbligazionisti dei prestiti ibridi. Condizioni ancora non definitive e anzi, come ha specificato ieri il Tesoro, tuttora oggetto di negoziato. È certo però che ieri, al quartier generale di Mps a Siena, le indiscrezioni sulle richieste della commissione Ue non sono state gradite. Anche perchè, nel merito dei numeri, ci sono sostanziali differenze di valutazione. A partire dalle contestazioni sui risparmi di costo derivanti dai 4.300 esuberi di personale. Con Bruxelles che non tiene conto del fatto che il costo del personale in esubero (spesso con anzianità elevata) è ben superiore a quello dei nuovi assunti. Con un saldo di spese completamente diverso da quello conteggiato dalla Ue.
Se sui numeri ci sarà tempo e modo di discutere tra banca, Governo italiano e commissione europea (il giudizio finale è atteso a fine estate), stupiscono le continue dichiarazioni avventate di Bruxelles su una grande banca italiana quotata in Borsa (ieri i titoli hanno perso oltre il 4%). Il piano di salvataggio di Mps è già «tirato». Se le condizioni dovessero davvero diventare più onerose, non resterebbe che la nazionalizzazione. Perchè il deficit di capitale, che c’è e non è sanabile a breve, andrà comunque tamponato per consentire alla banca di continuare a operare senza ridurre drasticamente l’attivo dei crediti a famiglie e imprese.

Alessandro Graziani

COMUNE E PROVINCIA AL RINNOVO DELL’ENTE–

Il nuovo piano di ristrutturazione di Banca Mps potrebbe essere pronto a fine agosto. L’obiettivo, oltre che alla capacità negoziale del governo italiano, è però legato al grado di rigidità che la Commissione europea intende applicare alle richieste nei confronti di Siena.
Una cosa è certa: la politica dei tagli e della riduzione dei costi, già adottata con determinazione dall’amministratore delegato Fabrizio Viola, non potrà ragionevolmente essere rafforzata più di tanto, a meno di snaturare il gruppo che in questo momento è pesantemente penalizzato proprio dalle incertezze autorizzative, come dimostra il tonfo del titolo ieri in Borsa (-4,6%). Ridurre di altre 5mila unità i dipendenti, ipotesi circolata in queste ore, non sembra una strada percorribile dopo che un analogo risultato è stato raggiunto nell’ultimo anno con il piano di uscite volontarie, la vendita di Biverbanca e l’ormai prossima esternalizzazione delle attività di back office.
«Il confronto con l’Unione europea deve andare avanti senza interruzioni e mi auguro che Bruxelles tenga conto degli sforzi straordinari già fatti dal Monte», commenta Simone Bezzini, presidente della Provincia di Siena, il cui consiglio ieri ha indicato come prioritari la «stabilizzazione e il rafforzamento del capitale di Banca Mps», quale presupposto per «assicurare i livelli occupazionali e l’indipendenza strategica». Bezzini, intanto, indicherà entro giovedì i due rappresentanti (su 14) nell’organo d’indirizzo della Fondazione Mps, la cui governance scade il 3 agosto.
Prima di venerdì, quando gli attuali amministratori della Fondazione si riuniranno per l’ultima volta, è attesa anche la decisione di Bruno Valentini, il sindaco di Siena a cui spettano quattro nomine. Le altre istituzioni di riferimento hanno fatto le loro mosse e dunque il nuovo organo d’indirizzo (deputazione generale) s’insedierà la prossima settimana per indicare il presidente e i cinque membri del consiglio d’amministrazione (deputazione amministratrice). L’obiettivo, non scontato, è di mettere in sicurezza la Fondazione e quel che resta del suo patrimonio.

Cesare Peruzzi


A SIENA PRONTI I RINVII A GIUDIZIO SU ANTONVENETA–

Oggi l’inchiesta su Mps avrà un primo punto fermo. A Siena i pm Nastasi, Natalini e Grosso chiudono le indagini riguardanti il dossier sull’operazione Antonveneta, che vede indagati gli ex vertici della banca insieme ad altre otto persone, tra dirigenti e ex revisori dei conti. La richiesta sarà di rinvio a giudizio per ostacolo alla vigilanza, manipolazione del mercato e falso in bilancio e in prospetto. Per qualcuno le responsabilità sono parziali, e si parla piuttosto di complicità. All’ex presidente Giuseppe Mussari e all’ex dg Antonio Vigni vengono invece contestati tutti i reati. I due avrebbero agito, secondo gli inquirenti, servendosi dell’ex responsabile del settore Finanza Gianluca Baldassarri, indagato per concorso in ostacolo alla vigilanza e falso in prospetto, in custodia cautelare da febbraio scorso relativamente al secondo filone di indagine, quello sui derivati (sullo sfondo c’è quindi anche l’associazione a delinquere, trattandosi di più di due persone coinvolte nell’operazione).
Il primo dossier su Mps, firmato dalla procura di Siena e dal nucleo valutario della Gdf, conta migliaia di pagine, in cui vengono ricostruiti i passaggi che hanno portato Mps ad acquisire nel 2008 Antonveneta, venduta dal Santander per 9,3 miliardi, a cui si aggiungono 8 miliardi di debiti che Mps dovette saldare in tempi rapidi, senza aspettare la restituzione dei corrispettivi crediti da parte del mercato, e per i quali chiese anche un prestito da 5 miliardi alla stessa banca spagnola.
Un grande esborso di soldi, dunque, per il quale l’istituto senese ha dovuto drenare liquidità, mettendo a repentaglio la stabilità di bilancio. Ma soprattutto un’operazione che, secondo gli inquirenti, non sarebbe stata possibile se Mps avesse mostrato la sua reale situazione patrimoniale. Il Monte per acquistare Antonveneta realizzò infatti un aumento di capitale da 5 miliardi ed emise un miliardo di titoli Fresh (obbligazioni convertibili). Quest’ultimo punto per i procuratori nasconde irregolarità: alcuni sottoscrittori - che volevano avere la garanzia di cedole sui titoli nonostante il Fresh dia la possibilità di riceverle solo in caso di distribuzione di dividendi - sono stati garantiti da Mps con una "indemnity side letter", tenuta all’oscuro di Bankitalia. Questa sorta di accordo parallelo nascosto avrebbe in sostanza alterato la natura della patrimonializzazione, facendo fittiziamente passare per ricapitalizzazione ciò che invece doveva essere considerato un debito. Per Bankitalia mancherebbero all’appello 76 milioni.
A collocare i Fresh è stata Jp Morgan. Gli inquirenti sono arrivati fino a Londra per mettere a fuoco le possibili responsabilità della banca straniera. Ma non è stato il solo viaggio oltrefrontiera. I pm sono arrivati anche a Madrid per confrontarsi con Emilio Botin, presidente del Santander, come persona informata dei fatti. Con lui sarebbero state affrontate altre questioni, tra cui la mancata due diligence sulla banca padovana e il perché Mps non si avvalse di un advisor. Va detto però anche ciò che non ci sarà nelle indagini. Intorno all’operazione Antonveneta nei mesi passati si è alimentata una corsa al retroscena politico, nonostante la riservatezza dei pm senesi. In un cortocircuito mediatico sono state ipotizzate ruberie, tangenti e finanziamenti illeciti a politici e partiti. Niente di tutto questo compare nel fascicolo della procura. I reati ipotizzati sono di natura tecnico-finanziaria. Con la chiusura delle indagini, l’udienza preliminare dovrebbe essere programmata per il prossimo autunno. I pm dovranno ora proseguire il lavoro di indagine sul secondo filone di inchiesta, quello relativo appunto ai prodotti derivati e ai manager infedeli, abituati secondo gli inquirenti a fare le "creste" sulle operazioni finanziarie.

Sara Monaci