Paola Piacenza, IoDonna 30/7/2013, 30 luglio 2013
HO COLTO LE ROSE CON MADDALENA CRIPPA
«Multipla grigia, piazzale della stazione» recita l’sms. Non è difficile incontrarsi a Orte, dove le verdi colline del Lazio cedono il passo ai declivi ancor più verdi dell’Umbria.
Nel piazzale si prepara il palco per un concertino serale e l’unica auto posteggiata è la Multipla di Maddalena Crippa. Col volante come leggìo, l’attrice sfoglia i quotidiani e va dritta alla pagina delle recensioni. Si parla di lei e di Passio Laetitiae et Felicitatis, che vedremo in autunno (la tournée partirà da Venezia, Brescia, Belluno e Prato). Tratto dal romanzo di Giovanni Testori, l’ha riportata in scena accanto al fratello Giovanni, con cui non recitava da quando, ancora dilettanti, calcavano insieme i palcoscenici nella nativa Brianza. «Dopo due mesi di prove in un autentico esilio e consegnato il frutto del lavoro, adesso sento il vuoto» spiega Crippa mentre guida.
Il posto dove lasciare che il vuoto si avvicendi al pieno, al colmo, al sovradimensionato, è questo: San Pancrazio, il buen retiro che l’attrice ha ricreato, insieme con il marito, il regista Peter Stein, da un antico borgo agricolo, uno dei tanti sulla via Amerina: «Sette case, la torre è del 1050, che sono state abitate finché qui c’è stata la mezzadria. Dal ’99 questo per me e per Peter è diventato il posto dove lavoro e riposo stanno insieme». Cento alberi da frutto («c’è di tutto, prugne, mele cotogne, albicocche»), l’orto (sperimenteremo poi la pasta con le zucchine di Maddalena Crippa), due roseti, due laghetti appena più in basso e, poco più in là, sempre immersa nel verde, una sala prove in piena regola, dove nel 2009 venne presentato I Demoni, 12 ore, 30 attori, uno spettacolo-monstre che fece epoca. Dirigeva Stein, Maddalena era in scena. «Oggi è una giornata tranquilla, ma di solito qui c’è un grande andirivieni. Si comincia facendo colazione tutti insieme, poi si prova fino all’ora di pranzo. Gli attori hanno ognuno la propria casetta: all’occorrenza ci si può anche isolare. Peter ha provato qui il Ritorno a casa di Pinter che ha da poco debuttato a Spoleto». Prima che la temperatura diventi proibitiva, inforcate scarpacce pesanti e calcato il cappello, Maddalena Crippa si predispone a una delle attività della mattinata: cogliere le rose di cui la terra di San Pancrazio offre grande varietà per foggia e colore.
«Sono nata in un piccolo paese, Montesiro di Besana Brianza, avevamo una casa col giardino, d’estate si costruivano capanne nel bosco (e ce n’è una anche qui): siamo cinque fratelli, abbiamo avuto un’infanzia brada, per campi e prati, grande libertà. Ma qui è tutto diverso, tutto esagerato. Ti senti piccolo in un posto così, ti senti parte del cosmo, non sei egocentrico come in città». Con Massimiliano Gagliardi (il pianista, figlio di Peppino, che già l’ha accompagnata nel monografico su Giorgio Gaber, E pensare che c’era il pensiero), Crippa prova il suo nuovo spettacolo di canzoni, «alla ricerca dell’orgoglio perduto e dell’appartenenza» sulle note dei nostri cantautori, Fossati, De Gregori, Celentano e chissà chi altro. «Non so ancora come si intitolerà» e scorre sull’iPhone la lista delle idee accumulate. «Non sarà una semplice prova di patriottismo» spiega. «Vorrei che provassimo a smettere di vederci solo come decadenza, corruzione, incapacità di progettare un futuro. Un’ora e mezza di respiro».
La cucina è attrezzata per reggere l’urto delle grandi invasioni. Sei macchinette del caffè, in scala, tradiscono una verve organizzativa non comune: «Questo posto accoglie tutti» spiega Crippa. «Io non ho figli, ma di qui passano i nipoti, i fratelli, gli amici. La Pasqua la dedichiamo ai bambini, la scorsa eravamo in 45, tra cui 21 “piccoli” tra i 3 e i 22 anni. Ricordo com’era per me da bambina, quando si partiva in vacanza con un pulmino e due macchine, noi, la zia e gli amici. Andavamo a Pinarella di Cervia, bagno Jolly, pensione Milena a gestione familiare. Si stava un mese, lasagne la sera e poi a ballare in discoteca». Una vacanza indimenticabile? «A 17 anni, l’anno del debutto con Strehler, un viaggio in Marocco con un pulmino Fiat 238, io l’unica donna, mio fratello e i suoi amici. Nel viaggio in nave tra Alicante e Ibiza, col mare forza 8, mi sono innamorata di un tedesco, un biondo meraviglioso». La passione per i nordici viene da lontano. «Già da bambina in colonia, a Villa Ridente in Liguria, avevo adocchiato un tedeschino, Gebi. Un trasporto che mi era costato il ruolo di capogruppo: flirtavo con Gebi, non potevo essere imparziale».