Il fatto del giorno
di Giorgio Dell'Arti
Sensazione per la sentenza che a Mosca ha condannato a due anni di carcere le tre ragazze del gruppo “Pussy Riot”, colpevoli d’aver cantato una canzonaccia in chiesa contro Putin e contro la Chiesa Ortodossa. Le tre ragazze si chiamano Nadezhda Tolokonnikova, 23 anni, Maria Alekhina, 24 anni, Ekaterina Samutsevich, 29 anni. Erano dentro da cinque mesi. Le ha giudicate una donna, Marina Syrova, una signora dalla faccia spigolosa, putiniana di ferro e protagonista anche della condanna all’ex magnate Khodorkovsky. La Syrova, in piedi nella piccola e malandata aula del tribunale Khamovnichesky, ha letto il testo di condanna in cui si sostiene che le tre potranno correggere il loro crimine solo se verranno isolate: «La corte ritiene che questi obiettivi di punizione, restaurazione della giustizia sociale, correzione delle imputate e prevenzione di reati simili possano essere raggiunti solo in presenza di una pena in carcere che venga scontata interamente». Intanto la Tolokonnikova, considerata la leader del gruppo, s’era alzata in piedi, braccia incrociate e la scritta “No Pasaran” sulla t-shirt bene in vista. S’è sentito qualche grido di “vergogna!”. Fuori decine di oppositori gridavano la loro protesta. Gli avvocati delle cantanti hanno annunciato ricorso.
• Intanto è necessario sapere il significato di questo nome, “Pussy Riot”.
Quando Berlusconi disse scherzosamente che avrebbe chiamato il suo partito “Forza Gnocca”, i siti anglosassoni tradussero “Go Pussy”. Siamo dunque autorizzati a sostenere che Pussy va tradotto con “Gnocca”. “Riot”, come sanno tutti, vuole dire “rivolta”. Quindi “Rivolta della Gnocca”. Piuttosto berlusconiano.
• Lei scherza, ma il fatto è grave. Che cosa avevano cantato le tre ragazze?
A febbraio erano entrate nella Cattedrale di Cristo Salvatore in Mosca.
• In quel momento non si stava svolgendo la campagna elettorale per le presidenziali?
Sì. Le tre Riot Impugnavano le chitarre, s’erano coperte la faccia con maschere colorate. Cantavano cose come: «Beata Vergine, caccia via Putin», «Madre di Dio, diventa femminista!», ecc. Sulle prime, la polizia non le prese sul serio e lasciò fare. Ma il video con la loro performance finì su YouTube, lo vide il patriarca Kirill, che se ne sentì offeso e telefonò a Putin. Le tre vennero arrestate, accusate di teppismo e tenute in cella a regime duro. Sveglia all’alba senza mangiare, udienze in tribunale di dieci ore, divieto ai giornalisti di riferire le testimonianze, camera di sicurezza, una volta che un anonimo segnalò la presenza di una bomba i carcerieri fecero uscire tutti tranne loro tre. Hanno anche saltato parecchi pasti, almeno stando alle testimonianze degli antiputiniani. E in generale la versione dei fatti è quella accreditata in questo momento da frammenti di racconti, in genere riferiti dagli oppositori di regime. È perciò anche possibile che non siano state trattate così male. In aula ieri, al momento della sentenza, non avevano l’aria troppo bistrattata. Non voglio giustificazioni, sia chiaro, il fatto è orrendo, tuttavia lo stesso Putin ha cercato poi di smorzare i toni, a Londra, dove era andato per assistere a un incontro olimpico di judo (il presidente è cintura nera e ha persino scritto un manuale di judo). In quell’occasione disse: «Non sarà poi necessaria una sentenza troppo dura». L’accusa aveva chiesto tre anni, il reato di teppismo ne consente anche sette. Due anni sarebbero quindi un segno di clemenza. Le tre Riot avevano già detto: «Qualunque sia la sentenza abbiamo già vinto». In effetti, hanno ragione. Per Putin la faccenda s’è rivelata un guaio.
• Perché?
Stavolta la mobilitazione mondiale è stata, per il regime, tremendamente preoccupante. Madonna a Mosca durante il suo concerto, e nel resto del mondo divi del calibro di Sting, Björk, Paul McCartney. Era facile banalizzare le piccole manifestazioni di Garry Kasparov, un semplice campione del mondo di scacchi che s’è fatto arrestare anche ieri ma non smuove il cuore di nessuno (ogni volta erano cortei di poche centinaia di disperati). Ma Sting! Vuol dire esser messo sotto dai media di tutto il pianeta! Vuol dire essere colpiti sul serio in una delle cose a cui il presidente tiene di più, la popolarità! Scommetterei che in appello la condanna sarà cancellata o comunque si troverà il modo di graziare le tre ragazze. Con buona pace di Kirill. Se la storia del patriarca che si è offeso è vera.
• Non ci crede?
Come dicevo, sappiamo solo quello che ci vogliono far sapere. Putin ha sempre fatto la parte del credente compunto e pensieroso, con esibizione della croce d’oro al collo regalatagli dalla madre (come racconta lui stesso). Questa chiesa del Cristo Salvatore venne ridotta in briciole da Stalin a colpi di dinamite e ricostruita poi sulle rive della Moscova dal sindaco Luzkov. Il regime ne ha fatto la parrochia del Cremlino, dentro si sono celebrati i funerali di Eltsin. E del resto molti prelati ortodossi – si dice – appartenevano al Kgb, il servizio di spionaggio da cui viene anche Putin. Quindi tra Stato e Chiesa ortodossa regna adesso l’armonia più completa. L’opposizione però ha assunto, nella scorsa campagna elettorale, un indirizzo completamente nuovo e per il regime assai pericoloso: si dà contro il governo con creatività, maschere, canzoni, eventi ed installazioni. Contestare è diventato un fatto di buon gusto, una moda. Ho visto ieri la foto di un gruppo che, per solidarietà con le Riot, s’è atteggiato a bassorilievo davanta alla rientranza di un muro: sinfonie di riflessi marroni, cappucci colorati sul capo, plasticità artistica dell’insieme che si propone, oltre che come monumento anti-Putin, anche come opera d’arte. Quindi, non più cortei o manifestazioni, ma musica, le performance da strada delle Femen (sempre a petto nudo, anche ieri), le monstratzie di Artem Loskutov a Novosibirsk, le docu-fiction di Bekmambetov, perfino la moda e gli stilisti: Aleksandr Arutionov ha aperto un blog intitolato “Moda sulle Barricate” (www.fashionprotest.ru) dove si legge che «salire sulle barricate è una nuova tendenza». Per Putin è un problema quasi insolubile: la cultura gira il mondo e i suoi protagonisti sanno farsi ascoltare. Le Pussy Riot sono tutt’altro che uno scherzo.
[Giorgio Dell’Arti, La Gazzetta dello Sport 18 agosto 2012]