Giuliana Ferraino, Corriere della Sera 18/8/2012, 18 agosto 2012
BANCHIERI SPERICOLATI E TRADER INFEDELI CHI HA PAGATO IL CONTO DELLE TRUFFE?
MILANO — Ricordate il film «L.A. Confidential», il poliziesco con Kevin Spacey, Russel Crowe e una strepitosa Kim Basinger (che si guadagnò l’Oscar come migliore attrice non protagonista) nelle vesti di una prostituta d’alto bordo? Alla fine di una complicata ma godibilissima trama, che racconta di corruzione, scandali e ambizioni sfrenate nella Los Angeles degli Anni 50, a muovere il protagonista è la volontà di impedire che «i più furbi la facciano sempre franca», come Rolo Tomasi, l’uomo che gli uccise il padre.
Anche in tempi di crisi economica e finanziaria, con disoccupazione in crescita, spread alle stelle e mercati in altalena, aumenta la smania di punire i «cattivi», quelli che si credono più bravi e abili degli altri, così potenti da considerarsi al di sopra delle regole. E di solito, a un certo punto, spunta uno sceriffo che cercherà di castigare in modo esemplare il cattivo di turno, colpevole dell’ultima malefatta finanziaria. Per placare gli animi, in una cultura finanziaria dominata da eccessi e conflitti di interessi, serve perciò un eroe positivo che lotta contro i prepotenti e gli avidi, di questi tempi impersonati sempre più spesso da banchieri arroganti con bonus milionari.
L’ultima crociata? Contro le banche, appunto, colpevoli (questa volta) di aver manipolato l’indice Libor, nome che sta per «London interbank offer rate», cioè il tasso a cui gli istituti di credito si prestano i soldi e che fa da riferimento pre i contratti finanziari e i mutui, toccando quindi da vicino i consumatori. Dopo le autorità di controllo del Regno Unito, presunto luogo d’origine dell’imbroglio, e di alcuni altri Stati europei, a cui si è affiancata l’Antitrust di Bruxelles, che ha aperto la propria istruttoria, anche i ministeri di Giustizia di New York e del Connecticut sono scesi in campo, chiamando in causa sette banche. Sul banco degli imputati Usa sono così finite Barclays, Rbs, Hsbc, Jp Morgan, Citigroup, Ubs e Deutsche Bank, coinvolte in vario grado anche su questa sponda dell’Oceano. E la questione è diventata un scandalo planetario. Marcus Augius e Bob Diamond, rispettivamente presidente e Ceo dell’inglese Barclays, hanno perso il posto.
E’ troppo presto per sapere quale sarà il conto finale che gli istituti di credito e i manager dovranno pagare. O se la faranno franca. Come è successo nei giorni scorsi a Goldman Sachs, che il 10 agosto è stata scagionata dal Dipartimento di Giustizia americano, perché dopo un anno di indagine con l’Fbi sulle truffe sui derivati e i mutui subprime, non sono state raccolte abbastanza prove per l’incriminazione penale, a dispetto della sanzione da oltre mezzo miliardo di dollari pagata alla Sec. Così 4 anni dopo la peggiore crisi dagli Anni 30, non ci sono condanne clamorose, ma solo sospetti sulle grandi istituzione finanziarie americane, ree agli occhi dei risparmiatori di aver provocato una catastrofe globale per troppa ingordigia.
A Russell Wasendorf, arrestato il 13 luglio per il crac del gruppo Peregrine Financial, potrebbe andare diversamente. Contro il Ceo della casa di brokeraggio dell’Iowa sono stati presentati 31 capi di accusa e ora rischia fino a 155 anni di carcere e 7,75 milioni di multa per aver falsificato i bilanci e sottratto, secondo le stime, 215 milioni ai clienti. Ieri Wasendorf si è dichiarato innocente respingendo ogni addebito, ma se condannato finirebbe per essere il nuovo Bernard Madoff, al quale nel 2009 è stata inflitta una pena di 150 anni di carcere per un crac da 65 miliardi di dollari, commesso attraverso il più grande Schema Ponzi della storia.
Di certo una condanna record, non l’unica in un’America che fino a metà Anni 2000 era impegnata a punire severamente le truffe finanziarie. I casi esemplari? Il fondatore di WorldCom, Bernie Ebbers, colpevole della maggior frode finanziaria degli Usa (fino a Madoff) nel 2005 è stato condannato a 25 anni di prigione, che sta scontando in un carcere della Louisiana. Jeffrey Skilling, ex presidente di Enron, sta scontando 24 anni e 4 mesi per frode e insider trading in una prigione del Colorado; mentre Kenneth Lay, l’altra faccia di Enron, è morto d’infarto nel 2006 prima che per lui si aprissero le porte del carcere. John Rigas, fondatore del gruppo di tv via cavo Adelphia, nel 2005 è stato sentenziato a 15 anni.
In Europa ha fatto scalpore l’incriminazione di Jerôme Kerviel, il giovane trader francese che con le sue scommesse sui derivati ha causato una perdita netta da 4,9 miliardi per la Société Générale. In attesa dell’appello, Kerviel è stato condannato in primo grado a 5 ani di carcere e a rimborsare la banca francese.
Di tutti gli scandali di casa nostra, vale la pena citarne, per la fama dei marchi coinvolti. Il primo ha la faccia di Calisto Tanzi. L’ex presidente di Parmalat è stato condannato a 17 anni e 10 mesi per la bancarotta fraudolenta da 14,5 miliardi di euro del gruppo lattiero-caseario e associazione a delinquere, sentenza confermata dal tribunale di Appello di Bologna. Oltre a 8 anni per aggiotaggio (sentenza passata in giudicato e per la quale è in carcere) e 9 anni e 2 mesi per il crac del gruppo turistico Parmatour.
L’altro scandalo è legato a Sergio Cragnotti, che il 5 luglio 2011, al processo sul crac del gruppo Cirio, è stato riconosciuto colpevole per bancarotta del colosso dell’industria alimentare e condannato a nove anni di reclusione, insieme al genero Filippo Fucile (4 anni e sei mesi) e ai figli Andrea (4 anni), Elisabetta (3 anni) e Massimo (3 anni).