Massimo Fini, il Fatto Quotidiano 18/8/2012, 18 agosto 2012
ORA ARRIVANO I GIORNI DELL’IRAN
Mentre in Europa ci si estenua sullo spread e in Italia (a parte il dilemma, serissimo e tutto moderno, della scelta fra salute e lavoro) sulle diatribe interne al Pd e al Pdl, in Medio Oriente avanza, nel disinteresse generale, lo spettro della Terza guerra mondiale. No, non è la Siria. È l’Iran. Il vice ministro degli Esteri israeliano, Dan Avalon, ha ammonito i sei Paesi che stanno trattando con Teheran sulla questione del nucleare (i cinque membri del Consiglio di Sicurezza più la Germania): “Il tempo è scaduto. Dovete imporre all’Iran un ultimatum di poche settimane”. Altrimenti? Altrimenti i bombardamenti sui siti nucleari iraniani partiranno all’inizio di ottobre. Ma non c’è solo la questione nucleare. Il governatore della Banca centrale di Israele, Stanley Fischer, ha ammesso: “Fra gli scenari realistici della grande crisi finanziaria c’è anche quello di un attacco all’Iran”. Non è la prima volta che per risolvere una crisi economica si ricorre a una bella guerra. Sembra di essere tornati agli anni Trenta. Si profila un conflitto armato fra grandi potenze. Perché l’Iran non è l’Afghanistan, non è l’Iraq, non è la Libia. È una potenza regionale, un grande Paese, colto, di antica tradizione, strutturato economicamente in modo moderno. Non è una democrazia ma nemmeno una dittatura, ci sono elezioni, il premier non può restare in carica per più di due legislature (il ‘democratico’ Putin, di riffa o di raffa, se n’è già fatte quattro), ha università e istituti, umanistici e scientifici, di prim’ordine. Negli anni Trenta c’era un criminale che voleva prendersi, se non il mondo intero, tutta l’Europa. C’è da capire chi siano gli Hitler dei nostri giorni. Il Führer aveva annesso l’Austria, si era impadronito dei Sudeti, voleva Danzica. L’Iran, rifondato da Khomeini dopo la cacciata di un dittatore spietato, lo Scià, alleato degli americani, non ha mai aggredito nessuno. È stato semmai aggredito dall’Iraq di Saddam Hussein (“l’impresario del crimine” come lo definiva, giustamente, Khomeini), appoggiato dalle potenze occidentali che gli fornirono le famose ‘armi di distruzione di massa’ perché le usasse, oltre che sui soldati iraniani, sui curdi. Ha firmato il Trattato di non proliferazione nucleare, ha accettato e accetta le ispezioni Onu che non hanno mai rilevato un arricchimento dell’uranio superiore al 20% (per un’Atomica bisogna arrivare al 90%). Ma secondo un rapporto dell’istituto americano Nie a ottobre gli iraniani avranno 250 Kg di uranio arricchito al 20% con cui potrebbero produrre, in teoria, da due a quattro ‘superbombe’ (che non sono ancora le Atomiche) e montarle sui nuovi missili Shahab-3 che con una gittata di oltre 1300 chilometri potrebbero raggiungere la centrale atomica israeliana di Dimona nel deserto del Neghev (adesso un Paese non è più nemmeno padrone di munirsi di armi convenzionali). Dall’altra parte c’è una potenza, Israele, che non ha firmato il trattato, l’atomica ce l’ha e i cui missili sono puntati su Teheran, mentre i dettagliati piani di attacco, israelo-americani, anche con ‘atomiche tattiche’, sono pronti da almeno due anni come hanno rivelato la Washington Post e il New York Times. Pare che le sole esitazioni israeliane riguardino le elezioni americane: attaccare prima, costringendo Obama a schierarsi, militarmente, con Tel Aviv o farlo dopo rischiando che questo appoggio non ci sia. Le vite di milioni di uomini dipendono da un fatto elettorale. Perché un attacco congiunto israelo-americano all’Iran significherebbe questo. Gli Stati Uniti tentennano perché un simile attacco farebbe saltare i Paesi loro alleati nella regione (Egitto in primis e poi Arabia Saudita, Marocco, Giordania, Tunisia) i cui governi sono filoamericani (i milioni di dollari che gli Stati Uniti versano ogni anno non olent), ma le cui popolazioni sono ferocemente antiyankee e antiebraiche. Che Dio consigli l’America.