Pierangelo Sapegno, la Stampa 18/8/2012, 18 agosto 2012
IN VIAGGIO NEL PARADISO PERDUTO COSÌ È MORTA LA NOTTE ROMAGNOLA
Il giorno in cui cominciò a morire la notte di Rimini dev’essere stato il 15 ottobre del 2001, quando Gianni Fabbri annunciò ai giornalisti che aveva venduto il Paradiso, tremila metri quadri di sale da ballo e 15 mila di parco, un posto che guardava il mare dal suo futuro, sulle colline di Covignano. Lui si stropicciò le mani nervosamente e disse solo che «i tempi cambiano in fretta e io sono rimasto un uomo della Prima Repubblica».
Perché in fondo le folli notti della Riviera erano quello, un mondo di benessere diffuso e di divertimento per tutti che veniva da un’altra epoca, un inganno della Storia che si era proteso dagli Anni 80, come se si potesse vivere così, in quell’impazzimento di sensi e di bagliori, dentro a quella mischia composita di ricchezze e destini lontani, stretti insieme nelle luci stroboscopiche e nei clangori infernali delle discoteche. Oggi che non c’è più futuro, molti di quei locali riaprono come ristoranti con due sere di musica alla settimana, o come alberghi e villette a schiera, negozi, residence, banche.
Non muore Rimini, che riacquista turisti stranieri e famiglie in controtendenza. È morta la sua notte, il segno di un tempo che ci ha reso tutti più insensati, un’eterea stanchezza che s’è gonfiata avvolgendoci come la pioggia.
Il Paradiso quand’era nato nel 1956 era come un night per signori o una grande balera di campagna. L’aveva aperto sua mamma. Gianni Fabbri lo prese negli Anni 70 e inventò le cubiste assieme a quelle interminabili notti che fluivano sulle piste luccicanti, una dietro l’altra, senza fine. Si spendeva tanto e si guadagnava tutti tanto. Un pr da discoteca arrivava sopra i cinquemila euro al mese. Oggi non supera i duemila. E all’inizio degli Anni 80 c’erano più di 300 locali tra Ravenna e Cattolica: oggi ne sono rimasti poco più di cento.
Ai tempi della crisi e nel mondo dei precari, i primi che mancano sono proprio i giovani. Dice Mattia Durante, pr del Coconuts di Rimini, che «mancano i soldi, e le discoteche si svuotano qui in Romagna come a Milano». Se all’epoca d’oro, quei locali erano pieni per la maggior parte di teenager, adesso il 54 per cento dei clienti ha un’età media compresa fra i 20 e i 50 anni. Mancando i ragazzi, la notte cambia i tempi, come avvisa Maurizio Pasca, presidente del Silb: «Si comincia prima e si anticipano gli orari di chiusura».
E così si pensa di trasformare questi posti in locali multifunzionali per soddisfare bisogni diversi, dall’aperitivo alla cena, dalla discoteca agli eventi. Si restringono le piste da ballo, che erano diventate grandi scenografie surreali, in modo da dare più spazio alla zona bar e ai salotti. Dove un tempo venivano Walter Chiari, Ugo Tognazzi, Ursula Andress, ma anche Umberto Eco, o persino Gary Hart in corsa per le presidenziali Usa, e Lech Walesa, oltre a Versace, Fendi, De Michelis, quasi a sottolineare con le loro presenze l’immagine di un’epoca, oggi ci si muove tra i fallimenti e i continui cambi di gestione, nella vana rincorsa a un mito sconfitto.
Generazioni finite: dopo il liscio, le grandi balere e le discoteche, è come se la Romagna non cantasse più. Così, la cronaca registra chiusure storiche, come quella nel 2006 del Peter Pan di Riccione (che poi riapre nel 2008), e il Paradiso di Rimini, riaperto con due nuove gestioni, nel 2007 e 2010. Oppure, le disavventure del Pascià di Rimini, che in un anno appena, tra il 2010 e il 2011, ha collezionato due cambi di proprietà, o del Prince di Riccione, fallito nel 1998 e rinnovato per due volte nel 2000 e nel 2005.
Dalla Rimini degli Anni 80 di Tondelli, «come Hollywood, come Nashville, dove i sogni si buttano a mare, la gente si uccide con le pasticche, ama, trionfa o crepa», da quella Rimini alla moda, specchio di una metropoli sul mare, è risorta questa città diversa, con i viali vuoti nelle notti d’agosto e le pizzerie che alla mezza sono già tutte chiuse.
Come ha detto il sindaco, Andrea Gnassi, «eravamo schiacciati da quel modello dello sballo. Abbiamo sofferto 7, 8 anni, ma poi abbiamo capito come cambiare». Hanno fatto le spiagge del benessere, i pedalò dell’amore e i lettini per disabili, la notte rosa e la serata delle piadine, la vecchia Rimini che mette d’accordo tutti. Hanno chiuso i templi. Ma non importa, anche «se rimarremo tutti un po’ orfani di quel mondo», come disse Gianni Fabbri quella volta che cominciò a spegnere la notte, chiudendo il Paradiso, steso nella sua grandezza davanti agli ultimi ospiti, inerme, irrecuperabile. Finito.