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 2012  agosto 18 Sabato calendario

Se il «sì» in chiesa diventa una carnevalata - «Scusi padre, il mio cane può fare il testimone di nozze?»

Se il «sì» in chiesa diventa una carnevalata - «Scusi padre, il mio cane può fare il testimone di nozze?». «Sull’altare è permesso un abito bianco con minigonna e bustino push up?». «Davanti alla chiesa vorremmo allestire un servizio di marriage drink (buffet con aperitivo ndr)». «Dopo la cerimonia, invece del solito riso, lanceremo dei volanti­niconscritto, Siete su Scherzi a par­te! ». «Per il momento del “sì“ si pen­sava a un brano dei Sex Pistols». «In chiesa abbiamo sostituito i fiori con tante statuine dei Puffi». Sposarsi, un tempo, era una co­sa seria; oggi, spesso, è una carne­valata. Colpa dell’arroganza degli sposi, certo. Ma un po’ anche del­l’eccessiva arrendevolezza dei sa­cerdoti, ormai incapaci di oppor­re un «no» perfino a chi ruba nel sacchetto della questua. Del re­sto, poverini, bisogna capirli (i sa­cerdoti, mica i ladri della que­stua): se solo si azzardano a tenta­re di ricondurre la cerimonia nu­ziale sui binari della sobrietà, ecco subito piovergli sulla testa i fulmi­ni, non del buon Dio, ma delle fa­miglie dei piccioncini: «Ma lei, don,è un parroco all’antica,si mo­dernizzi... I nostri figlioli vogliono fare qualcosa di originale, non può censurarli.Retrogrado!».E po­co importa se, il più delle volte, quel«qualcosa di originale»si rive­la l’apoteosi del kitsch, l’esaltazio­ne del cattivo gusto, la glorificazio­ne del cafonal. Chi tenta di porre un sacrosanto argine alla deriva del matrimonially scorrect è desti­nato alla sconfitta. Com’è accadu­to alla vigilia di Ferragosto al pove­ro parroco di Cisternino che, per le nozze di Michele Placido, aveva tentato di impedire ad Al Bano di trasformare la chiesa in una folclo­ristica music hall alle cime di rape. La circolare emanata dall’Episco­pato pugliese dal titolo «Celebra­re il Vangelo della Famiglia nelle Chiese di Puglia», del 1994, a firma di monsignor Luigi Papa, oggi Arci­vescovo emerito a Taranto, parla chiaro: «L’Ave Maria di Schubert non è un brano liturgico» in quan­to ispirato a «due innamorati che convivono nel peccato…»; ragion per cui è ovvio che appaia inade­guato durante la celebrazione di un matrimonio cattolico. Ma chi se ne frega! Al Bano l’ha cantata lo stesso,tiè!Ma questa dell’Ave Ma­ria contestata è una bazzecola ri­spetto alle «ordinanze» che le va­rie Curie locali sono state costrette a giare ai propri sacerdoti per im­pedire che i matrimoni in chiesa divenissero delle baracconate. E così, molte stravaganze, sono giu­stamente finite nel libro nero delle Diocesi. In Veneto, ad esempio, i vescovi hanno messo al bando «abbiglia­menti non in linea con la sacralità del rito matrimoniale»: decisione resa inevitabile dopo che, in una chiesa del Padovano, il futuro spo­so si era presentato all’altare bar­dato da Hells Angels e la futura spo­sa era arrivata, a cosce scoperte, montando una fiammante Harley Davidson col papà sul sellino po­steriore. In Umbria,l’Arcivescova­do di Assisi, suggerisce - in osse­quio allo spirito francescano - di evitare di presentarsi davanti alle chiesa «a bordo di lussuose fuori­serie » o di fare sfoggio di «addobbi in contrasto con la spiritualità dei luoghi di preghiera». A volte a giocare brutti scherzi è invece la voglia di gastronomia a chilometri zero. È successo a una coppia di sposini di Santa Rosalia che ha approntato sul sagrato del­la cattedrale di Monreale una fru­gale tavolata a base di pasta c’an­ciova , panelle e caponata di me­lanzana; inevitabile l’intervento della Curia siciliana: «È fatto divie­to di cucinare e consumare cibi nel raggio di 50 metri dalla chiesa ove abbia avuto luogo la funzio­ne ». E che dire poi di quelli che da­vanti alla chiesa ci arrivano in car­rozza? A Roma, patria delle «botti­celle », la tradizione è stata stronca­ta dalle autorità ecclesiastiche do­po aver verificato uno sgradevole effetto collaterale: i sagrati roman­ticamente inzaccherati dalla pupù dei cavalli.«Irricevibile»dal­la Conferenza episcopale italiana (e quindi da tutti i vescovi) è consi­derata la richiesta di «coinvolgere gli animali durante la celebrazio­ne del rito matrimoniale». Sem­bra un’ovvietà, eppure la «regola» si è resa necessaria dopo che tante coppie pretendevano di salire sul­l’altare in compagnia di cani, gat­ti, maialini, pappagalli, caprette e via zoofiliando. A conferma, forse, che il matrimonio può rivelarsi un’esperienza davvero bestiale.