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 2012  agosto 18 Sabato calendario

L’ESTATE 2012, LA PRIVACY CHE NON C’È I DOSSIER E GLI AMORI SVELATI

Un marziano in visita sulla Terra in questi mesi troverebbe ben curiosa la nostra concezione di riservatezza. Mark Zuckerberg ha annunciato al mondo le sue nozze con la deliziosa Priscilla Chan postando su Facebook la foto del matrimonio (e vabbè, lui è l’amministratore delegato). Raffaella Fico piena di riserbo ha confessato a mezzo stampa di aspettare un figlio da Mario Balotelli (dimostrando poi qualche difetto di comunicazione con il bomber della Nazionale). Kate Rothschild e Ben Goldsmith, i miliardari inglesi della birra e della finanza, si sono lasciati lanciandosi coltelli davanti al pubblico discreto e attento di novemila follower su Twitter. A Firenze due fidanzati con molta ritrosia hanno fatto sesso in piazza Santa Croce, dietro la statua di Dante, e c’è chi ha giudicato il gesto così romantico da volerlo filmare e far girare su YouTube. E in Germania la saltatrice Ariane Friedrich ha messo alla gogna il suo molestatore su un social network dando nome, cognome e città di residenza.
Sfogliando i quotidiani, per il nostro turista alieno le sorprese non finiscono. Che dire di Paolo Gabriele, il «corvo» reo confesso del trafugamento dei documenti con cui è nato Vatileaks, che andò in tivù incappucciato e lo ammise poi davanti agli inquirenti: «Sì ero io»? O come spiegare lo scambio di cortesie tra Marco Tronchetti Provera e Davide Malacalza sull’aumento di capitale di Camfin, prontamente rilanciato da Indymedia?
Sono lontani i tempi in cui Samuel D. Warren e Louis D. Brandeis pubblicavano sulla Harvard law review «The Right to Privacy», dove veniva sottinteso «the right to be alone», il diritto a stare da soli. Era il 1890, centoventuno anni prima dell’Alone together con cui la sociologa Sherry Turkle denunciava i limiti dello stare da soli in mezzo agli altri e che, visto in un’altra chiave, fissava un punto fermo: proprio soli non siamo mai. «Se vogliamo c’è anche un abisso tra la prima legge italiana in materia di riservatezza, la numero 675 del 1996, e il decreto legislativo 196 del 2003 che l’ha abrogata, tuttora vigente: siamo passati dal diritto a essere lasciati soli e tranquilli al diritto a controllare l’uso dell’informazione che ci riguarda», spiega Ernesto Belisario, avvocato esperto in Diritto delle nuove tecnologie e docente all’Università della Basilicata.
L’erosione del concetto di riservatezza, secondo lui, è da attribuire ai social media. «Facebook, Twitter, Instagram, impattano in modo devastante sui comportamenti umani. I nativi digitali, per esempio, ne fanno un uso totalmente spregiudicato, manca in loro qualsiasi consapevolezza. Ora non voglio dire che le nuove tecnologie vanno demonizzate, anzi. Il concetto di privacy, come qualunque altro concetto sociale, è in evoluzione, non può restare uguale a se stesso. Ma è giusto cominciare a interrogarsi sul suo futuro. Credo sia destinato a restringersi ancora, ma non mi augurerei mai che i miei dati sanitari diventassero riconoscibili. Ecco, quella sarebbe la fine».
E se è parzialmente diverso il fenomeno di Wikileaks, c’è in comune l’esistenza di una sfera invisibile di dati che riguardano ognuno di noi e di una normativa che autorizza a proteggerci. «Ma ogni sistema deve mettere in conto un fisiologico incidente di sicurezza, una falla che determina la fuga di informazioni», chiude Belisario.
Anche il nuovo Garante per la privacy Antonello Soro si preoccupa «della vulnerabilità dei dati personali messi in piazza con troppa leggerezza». Pericolo accresciuto dall’uso, sempre più frequente, «di contenitori remoti». Le stesse dimensioni, ormai straordinarie, della criminalità digitale, dimostrano solo la fragilità delle informazioni raccolte e diffuse sulla Rete. A impensierire Soro è poi un altro aspetto. «L’atteggiamento viziato di chi vuole guardare dal buco della serratura e si sente legittimato dalla pretesa di trasparenza compulsiva. Non dovremmo dimenticare che la teoria dell’uomo di vetro è cresciuta nella Germania nazista».
Cos’ha spinto allora la gola profonda della Virgin Atlantic ad informare puntualmente i paparazzi dell’arrivo a bordo della Scarlett Johansson di turno, o di Daniel Radcliffe, Rihanna o Robbie Williams? E perché mai è finito proprio ora l’embargo sulla privacy dei figli di Lady D, con la pubblicazione delle immagini del viaggio di nozze, rubate quindici mesi fa alle Seychelles?
«La trasformazione della vita privata in pubblica è una novità del nostro tempo. Per questo c’è un bisogno estremo di silenzio, anzi è diventato il nuovo lusso contro la vetrinizzazione delle vite degli altri», interviene il sociologo Mario Morcellini. «Il possesso competitivo dei codici della comunicazione e dell’hackeraggio minimo dà una sensazione di onnipotenza sugli altri. Il filosofo Paul Ricoeur teorizzava che noi conosciamo l’altro attraverso i racconti che lo riguardano. Oggi però non riusciamo più a distinguere il pubblico dal privato: abbiamo perso il senso del limite».