19-21 luglio 2001
Guerriglia a Genova
scia di sangue sul G8
Il fatto del giorno
di Giorgio Dell'Arti
Ieri Berlusconi ha preso altre due sberle. Al mattino il governo è andato sotto due volte sul decreto rifiuti, quello che dovrebbe consentire al sindaco di Napoli di mandare la sua spazzatura nelle altre regioni italiane, che queste lo vogliano o no. La Lega è contraria. Su una mozione dell’Idv, poi passata, ha espresso parere favorevole niente di meno che il ministro Prestigiacomo mandando in confusione un po’ tutti. Su un’altra mozione dell’Api (Rutelli-Fini-Casini) il governo è stato battuto un’altra volta e il decreto è tornato in commissione, dove probabilmente si estinguerà da sé in settembre. I democratici hanno accusato il Pdl di aver lasciato morire questo provvedimento per fare un piacere alla Lega, aspettandosene poi la ricompensa nel pomeriggio quando si sarebbe trattato di decidere sull’arresto dell’onorevole Papa (Pdl), chiesto dai magistrati napoletani Woodcock e Curcio nell’ambito dell’inchiesta su Luigi Bisignani, la cosiddetta P4. S’è visto che il favore non è stato restituito: la Camera ha votato a scrutinio segreto per l’arresto, 319 a 293, con il “sì” determinante dei leghisti. Proprio quello che Berlusconi, presente allo scrutinio, non voleva. Maroni s’è ostentatamente seduto tra i banchi della Lega invece che tra quelli dei ministri.
Non ho capito tutta la battaglia sul voto segreto.
Il Pdl e, a ruota, i Responsabili hanno chiesto che
si votasse a scrutinio segreto nella speranza che, non visti, molti
parlamentari del Pd votassero contro l’arresto di Papa, tradendo l’indicazione
di partito. Forse è stata decisiva la decisione presa dal gruppo, e comunicata
da Franceschini, che il voto dei democratici sarebbe stato comunque leggibile,
per volontà stessa dei parlamentari. Nel calcolo del Pdl c’era la possibilità
di uno scambio per il voto sull’arresto dell’onorevole Tedesco, del Pd, su cui
votava contemporaneamente il Senato. Tedesco stesso ha però invitato a votare
sì, mentre Quagliarello (Pdl) invitava i senatori a respingere pure quella
richiesta e anche lì a voto segreto. Il Senato, nel segreto dell’urna, ha poi
salvato Tedesco, il che dimostra che i calcoli del Pdl non erano così campati
in aria.
Ma è normale che il Pd voti per salvare uno del
Pdl?
Normalissimo. Ed è normalissimo anche l’inverso.
Lanfranco Palazzolo, giornalista di Radio Radicale, ha pubblicato adesso un
saggio intitolato Fumus persecutionis in
cui si racconta la storia delle autorizzazioni a procedere. Beh, dal 1948 a
oggi sono state concesse solo quattro volte: Moranino nel 1952, Saccucci nel
1976, Toni Negri nel 1983, Abbatangelo l’anno dopo. Papa è il quinto della
storia. Questo conferma che il clima è molto simile a quello di Tangentopoli,
quando un Parlamento nel panico cancellò dalla Costituzione la norma
sull’immunità.
Ma di che cosa giudica il Parlamento,
esattamente? Come mai può dire sì o no?
Un giudice non può procedere contro un parlamentare
se la camera di appartenenza non lo autorizza. Gli onorevoli però sono tenuti a
valutare solo se non esista un “fumus persecutionis”, se cioè non sia presente
nella richiesta dei magistrati una propensione all’accanimento, alla
persecuzione verso il soggetto preso di mira. Questo per quello che riguarda la
forma. Per quanto attiene alla sostanza, invece, il voto è ed è sempre stato
politico e i gruppi si aiutano in genere uno con l’altro senza problemi, come
dimostrano ampiamente il libro Palazzolo e il caso di Tedesco.
E come mai per Papa la complicità tra i partiti
non ha funzionato?
Papa occupato da molte settimane le prime pagine dei
giornali. Quindi è il suo caso quello che fa notizia. Ora, c’è prima di tutta
la preoccupazione della Lega di prendere per quanto possibile le distanze da
Berlusconi. La Lega, che nei sondaggi sta tenendo, deve dimostrare ai suoi di
non essere diventato un partito romano, di non aver perso la capacità di lotta
del ’93, quando il Carroccio agitava il cappio in aula (ma magari poi, a
scrutinio segreto, votava no alle richieste di carcerazione). Questa linea è
portata avanti da Maroni, in una polemica mai dichiarata con Bossi. La maggior
parte del partito, diciamolo subito, sta con con lui. Poi c’è la questione
della Casta.
In che senso?
Gli uomini politici avvertono per la prima volta da
molti anni che il paese li vive come nemici. Il salvataggio delle province, poi
la manovra che ha lasciato indenni i cosiddetti eletti del popolo hanno avuto
sugli italiani un effetto devastante. Più di duecentomila internauti sono
diventati amici di un tizio che su Facebook promette di raccontare i vizietti
degli onorevoli. In questo clima, salvare uno dei loro che sta da tempo sotto i
riflettori, e per giunta a voto segreto, avrebbe forse provocato alla
reputazione dei parlamentari un tracollo definitivo
[Giorgio Dell’Arti, La Gazzetta dello Sport, 21 luglio 2011
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