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 2011  luglio 21 Giovedì calendario

GUERRE UMANITARIE LA LEZIONE DELLA SOMALIA

Lei ha descritto l’intervento militare degli Stati Uniti in Somalia nel 1993 come uno degli episodi peggiori della recente storia politica americana. Purtroppo della vicenda in questione, non conosco molto. Potrebbe raccontarci che cosa accadde in quegli anni a Mogadiscio, e quali motivazioni l’hanno portata ad avere giudizi così severi sull’operato dell’esercito statunitense?
Davide Chicco
dave00@email. it
Caro Chicco, la guerra somala fu la prima «guerra umanitaria» del terzo dopoguerra e, nelle intenzioni di George Bush senior, un segno del modo in cui le maggiori potenze avrebbero amministrato le crisi mondiali dopo la fine della guerra fredda. Scoppiò quando i somali si sbarazzarono di un presidente autoritario, demagogo e corrotto, Siad Barre, ma non riuscirono a costituire un governo di unità nazionale e precipitarono nel vortice di una sanguinosa guerra tribale. Mentre il dramma somalo entrava ogni sera attraverso lo schermo televisivo, con le sue tragiche immagini, nelle case dei cittadini europei e americani, Bush, ormai alla fine del suo mandato, decise che gli Stati Uniti non sarebbero rimasti con le mani in mano. Nella notte fra l’ 8 e il 9 dicembre 1992 la spiaggia di Mogadiscio divenne lo studio televisivo dove andò in scena una versione africana dello sbarco in Normandia. Per la gioia di parecchie decine di cronisti, inviati speciali, fotografi e operatori televisivi, furono reclutati mezzi anfibi, elicotteri per la copertura aerea, navi da battaglia e un migliaio di marines. Il compito di questo corpo di spedizione (a cui si affiancarono corpi di molti altri Paesi, fra cui l’Italia) era quello di controllare gli snodi stradali, presidiare il territorio, restaurare l’ordine, garantire la distribuzione di aiuti militari e medicine a una popolazione affamata e terrorizzata. È probabile che Bush e i suoi alleati, si aspettassero un’accoglienza entusiastica e riconoscente. Caddero invece nella trappola di una guerra tra bande di predoni e spregiudicati «signori della guerra» . La Casa Bianca, nel frattempo, aveva cambiato inquilino. Quando si sedette sulla poltrona di Bush, il nuovo presidente, Bill Clinton, decise che il miglior modo per sbrogliare la matassa somala fosse quello di eliminare il più agguerrito, brutale e spregiudicato dei signori della guerra. La caccia al generale Mohammed Aidid durò buona parte del 1993 e si concluse disastrosamente in ottobre quando un convoglio americano cadde in una imboscata nelle vie di Mogadiscio e lasciò sul terreno 5 elicotteri, 18 morti, 78 feriti e numerosi prigionieri. Poco dopo, Clinton, preoccupato dalle reazioni della sua opinione pubblica, annunciò che gli Stati Uniti avrebbero ritirato il loro contingente nel marzo 1994. Gli altri Paesi se ne andarono, uno dopo l’altro, nei mesi seguenti. La conclusione della guerra somala dimostrò ai governi che i loro elettori si commuovono quando assistono a una tragedia nei salotti delle loro case, ma non tollerano che i propri figli muoiano in terre lontane per ragioni umanitarie. Questa lezione ebbe una influenza decisiva su tutti i disastri africani degli anni seguenti, dal Ruanda alla Sierra Leone, dalla Liberia al Congo. Le potenze occidentali intervennero soltanto quando avevano interessi concreti e giustificazioni che sarebbero state capite e condivise dai loro cittadini; e i signori della guerra ne trassero la conclusione che vi erano circostanze in cui avrebbero potuto agire indisturbati, senza il timore di un intervento umanitario.
Sergio Romano