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 2011  luglio 21 Giovedì calendario

Un’ascesa a colpi di favori ai politici e minacce agli imprenditori - Mentre la Camera discuteva se concedere l’autorizzazione al suo arresto, i pm napoletani Woodcock e Curcio mandavano la Finanza ad acquisire (all’Eni) i documenti sulla consulenza della «protetta» di Alfonso Papa, Ludmyla Spornyk, e di sua moglie, Tiziana Rodà

Un’ascesa a colpi di favori ai politici e minacce agli imprenditori - Mentre la Camera discuteva se concedere l’autorizzazione al suo arresto, i pm napoletani Woodcock e Curcio mandavano la Finanza ad acquisire (all’Eni) i documenti sulla consulenza della «protetta» di Alfonso Papa, Ludmyla Spornyk, e di sua moglie, Tiziana Rodà. La Procura di Napoli è stata colta di sorpresa dall’esito del voto di Montecitorio: i suoi vertici, il procuratore Giandomenico Lepore, l’aggiunto e i pm titolari dell’inchiesta, Woodcock e Curcio, si sono incontrati in Procura per ragionare dal punto di vista tecnico sulle procedure per rendere operativa la misura di custodia cautelare. In queste settimane di polemiche politiche, l’inchiesta sulla P4 è andata avanti sotto traccia, con nuove attività istruttorie, e con il deposito di nuovi atti. Proprio l’altro ieri le difese hanno potuto acquisire altre quattrocento pagine di «carte», incentrate soprattutto sul capitolo dell’acquisto e della vendita degli orologi «rubati» di Alfonso Papa, che si rivolgeva per questo a ricettatori di professione. Ma c’è anche un capitolo sulla posta elettronica di Luigi Bisignani «congelata» da Google, in attesa di poter essere acquisita dalla Procura attraverso la procedura della rogatoria. Alfonso Papa, per dirla con il relatore della Giunta per le autorizzazioni a procedere, Federico Palomba, Idv, «aveva accesso a informazioni riservate, direttamente o tramite i poliziotti infedeli, e le usava da una parte per acquisire credito presso le sfere politiche, da un’altra per taglieggiare le sue vittime, prevalentemente imprenditori». La decisione della Camera rappresenta sicuramente un formidabile segnale di legittimazione della stessa inchiesta Woodcock-Curcio, che è già passata nelle Forche Caudine del gip e del Riesame e adesso aspetta la decisione dell’Appello (che si riunisce domani) sul ricorso presentato contro la decisione del gip perché accolga di nuovo la contestazione del reato di associazione a delinquere. Il cerchio magico, dunque, potrebbe chiudersi provvisoriamente già domani. E già, perché l’inchiesta Bisignani-Papa ha l’obiettivo di svelare l’esistenza di una associazione segreta, così come è configurata dalla legge Anselmi nata all’indomani della scoperta della P2 di Licio Gelli. E per il momento l’accusa non ha scoperto le carte di questo filone d’indagine. Forse, i pm aspettavano le ricadute sul primo troncone della loro inchiesta prima di premere l’acceleratore sul troncone dell’associazione segreta. Se l’Appello riconoscerà il reato di associazione a delinquere sicuramente sarà un ottimo viatico per il prosieguo delle indagini, che hanno un terzo filone molto importante in corso: quello sulle talpe nella Finanza che avrebbero rivelato notizie su diverse indagini in corso, e che vede tra gli indagati i generali della Finanza Adinolfi e Bardi. È impressionante la mole di dichiarazioni di imprenditori, di intercettazioni telefoniche (passive), testimonianze di magistrati e politici sulla «caratura» criminale di Alfonso Papa. Più di un testimone racconta: «Ritengo che il Papa sia persona molto pericolosa dalla quale bisogna guardarsi». Solo per rinfrescare la memoria a chi non ricorda, agli atti della inchiesta vi sono episodi sconcertanti che riguardano Papa sul traffico di Jaguar, Rolex, appartamenti, soggiorni in alberghi di lusso per sé e per le sue amanti. Primo teste d’accusa contro Papa è il suo coindagato Luigi Bisignani, il faccendiere consulente di palazzo Chigi, ex tessera P2, agli arresti domiciliari. «Conobbi occasionalmente il Papa - ha messo a verbale Bisignani - e strinsi rapporti con lui quando ebbi problemi giudiziari con la Procura di Nola, riferiti alla dottoressa Tucci cui io ero legato, e riferito a vicende di società del nolano. Da quel momento il Papa cominciò a proporsi per darmi notizie. Il Papa si accreditava e diceva di poter intervenire propalando i suoi agganci e i suoi legami associativi». Papa, magistrato distaccato al ministero di Giustizia voleva entrare in politica. E chiese aiuto a tanti. A Luigi Bisignani ma anche ad altri esponenti politici (da Marcello Pera a Roberto Castelli). Racconta ai pm il sottosegretario a palazzo Chigi, Gianni Letta: «Un giorno il Papa mi disse che aveva aspirazioni politiche. In seguito me ne parlò anche Bisignani. Rappresentai tali aspirazioni a Berlusconi che mi disse che aveva ricevuto molte altre sollecitazioni...». Papa (come Bisignani e i due poliziotti e carabinieri della combriccola, Nuzzo e La Monica) finisce sotto intercettazione perché utilizzava schede telefoniche intestate ad altri. E secondo l’accusa, si è reso responsabile di una attività di raccolta di informazioni coperte dal segreto investigativo che si rivendeva nei confronti di imprenditori e non solo. Era un «taglieggiatore», per dirla con l’onorevole Palomba. Una sintesi telegrafica dei ricattati e della merce del baratto. Costringe Angelo Chiorazzo (coinvolto in una indagine con il sottosegretario Gianni Letta e il prefetto Morcone) a dare una consulenza mensile di 1000 euro alla sua assistente parlamentare che, con un sussulto di dignità, rinuncia. Da Alfonso Gallo si fa dare soldi, pagare soggiorni in hotel di lusso (idem da Luigi Matacena) come il De Russie di Roma, si fa comprare preziosi dalla gioielleria Cartier di Napoli. Da Marcello Fasolino non si accontenta solo di soldi, vuole una quota azionaria nella sua impresa per turbogas. L’affitto di una casa romana invece glielo paga Vittorio Casale. Imprenditori impauriti, qualcuno con la coscienza sporca. Racconta Alfonso Gallo: «Il Papa mi ha fatto sempre molta paura nel senso che ha sempre sottolineato i suoi rapporti con l’autorità giudiziaria, con i Servizi di sicurezza e con le forze di polizia». Marcello Fasolino: «Mi si avvicinava con fare inquietante e torvo». Luigi Matacena: «Ero letteralmente terrorizzato. Anche perché prospettava la conoscenza dei servizi segreti e della Guardia di finanza». Il «prigioniero politico» Alfonso Papa ieri sera si è costituito. In serata è srrivato al carcere di Poggioreale, Napoli. Entro cinque giorni si terrà l’interrogatorio di garanzia davanti al gip. È in quella sede che dovrà difendersi.