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 2011  luglio 21 Giovedì calendario

Aiuti agli atenei privati: un salasso da 89 milioni Soldi ai corsi di gattologia - Ogni contribuente italiano nel suo piccolo devolve qualcosa alle università non statali

Aiuti agli atenei privati: un salasso da 89 milioni Soldi ai corsi di gattologia - Ogni contribuente italiano nel suo piccolo devolve qualcosa alle università non statali. Merito della legge 243 del 1991 che stabilizza le erogazionianchepergliateneipriva­ti. Così l’anno scorso sono stati asse­gnati89milioni( 62milionilostanzia­mento del 2011) a queste istituzioni. Nell’ordine la Cattolica di Milano ha ricevuto 42,5 milioni, la Bocconi 14,9 e la confindustriale Luiss 5,2 milioni, appenapocopiùdell’IstitutosuorOr­sola Benincasa di Napoli ( 5 milioni). Tra i destinatari delle risorse anche le università di Bolzano (2 milioni) e della Val d’Aosta (883mila euro), la LumdiBari772milaeuro)el’Univer­sità delle scienze gastronomiche, emanazione «intellettuale» di Slow Food. Nessunosièmaiscandalizzatono­nostante questi sussidi rappresenti­no il 25- 30% del rimborso (245 milio­ni) che lo Stato intende destinare nel 2011alle12.500scuoleparitarie. Con una differenza:l’istruzione primaria è obbligatoria e quella universitaria no. In ogni caso, si tratta di una goccia nel mare. Il sistema universitario ita­liano costa circa 8 miliardi di euro. Glistanziamentiperlaricercatecno­logicavalgonopocopiùdiduemiliar­di. Cifre minori rispetto ai grandi nu­meri del bilancio del ministero del­l’Istruzione. Si potrebbe pure crede­re che non sia poi eccessiva la spesa per un capitolo fondamentale per il Paese. Il problema è che alcuni atenei spendono questi denari «sisteman­do » parenti e affini dei soliti baroni o creando cattedre come «Igiene e be­nessere del cane e del gatto »,«Socio­logiadelturismo »e«Linguaelettera­turasarda ».Ointericorsidilaureaco­me «Scienza e cultura alpina» o «Scienzedelfioreeproduzionevege­tale ». Qualche anno fa suscitò indi­gn­azionelafattoriagestitadallafacol­tàdiAgrariadiFirenze. Un’esperien­za che potrebbe avere pure significa­to se l’università toscana non fosse stata in deficit . L’istruzione superiore si regge sul Fondo di finanziamento ordinario dell’università (7 miliardi nel 2010, 6,13 miliardi per il 2011). La Corte dei Conti ha spiegato che queste risorse, includendo i circa 120 milioni per l’assunzione dei ricercatori (154 mi­lioni nel 2011), sono impiegate al 94% circa per il personale. Dunque, circa ben 6 miliardi quest’anno do­vrebbero essere assorbiti dalla spesa corrente degli atenei. Queste le stati­stiche ministeriali relative al 2009: 57.748 docenti di ruolo, 41.074 do­centiacontratto, 23 milaunitàdicon­­tratti per tutoring e attività integrati­ve, 57.477 collaboratori (ricercatori precari,borsisti,medicispecializzan­di), 1.909 collaboratori linguistici (i vecchi lettori) e 65mila unità circa di personale tecnico amministrativo. Se ne ricava che circa 180mila perso­nenel2009sianoim­pegnatenell’atti­vità didattica a fronte di 1,8 milioni di iscritti (fonte Istat). Considerandocheilnumerodegli iscritti regolari, cioè non «fuori cor­so »,èdicirca900milaechecisonoin­segnamenti con sì e no tre frequen­tanti, il rapporto tra docenti e iscritti potrebbe oscillare fra uno a 30 e uno a 50 con punte di uno a 15. Sono gli stessi valori forniti dal ministero. Con una differenza: a Viale Trastev­e­re prendono come unità di misura il «docente equivalente»,cioè il lavoro svolto da un’unità a tempo pieno. Quanti sono? Solamente 42.549. È sufficiente per affermare che l’uni­versità, prima della riforma Gelmini, eraunimmensoparcheggioperpro­­fessori e studenti. La selezione meri­tocratica nell’assegnazione dei fi­nanziamenti dovrebbe fare la diffe­renza. Bisogna avere fede e sperare che le «vecchie volpi» non trovino una scappatoia. In Italia ci sono circa 5milainsegnamentiuniversitari,ep­pure sono stanziati circa 45 milioni per la programmazione dello svilup­pochecom­prendeanchelapossibili­tàdiindividuarenuove «iniziativedi­dattiche ».Certo,nelnostroPaesetut­to va un po’ a rilento. Basti pensare che c’è un bello stanziamento di 22 milioni per le borse di studio dei me­dici specializzandi del periodo 1983-1991 che hanno presentato un ricorso al Tar l’hanno vinto e grazie a una sentenza della Consulta hanno bypassatolaprescrizione.La«veloci­tà » è una costante della burocrazia. Tant’è vero che altri 58 milioni se ne vanno per i mutui contratti dagli ate­neinegliannipassati, deiquali16mi­lioni per le tre università di Roma. Non trascurabili nemmeno i 3,5 mi­lioni dedicati all’Ateneo Jean Mon­net, scuola di formazione europea a Caserta. La vera tragedia, infatti, è l’esiguità degli stanziamenti per la ri­cerca, impegnati per 1,7 miliardi dal­le assegnazioni al Cnr e agli altri enti. Poi ci sono circa 205 milioni del Fon­do investimenti dedicati ai progetti meritevoli.All’aerospaziosolo24mi­lioni e 20 milioni per il sincrotrone di Trieste e Grenoble. Ma non bisogna dimenticare i 4,5 milioni a Cnr ed Enea per lo «sviluppo produttivo del Sud» e i 500 milioni per un osservato­rio sul mercato creditizio regionale. Se l’Italia vuole continuare a esse­re «grande»,nonpuòcontinuareain­vestire in ricerca l’1,1% del Pil. Le ri­sorse ci sarebbero: basta toglierne un po’ a cani e gatti.