Fabrizio Galimberti, Il Sole 24 Ore 21/7/2011, 21 luglio 2011
PERCHÉ LE BANCHE SONO SOLIDE
«Perché continuate ad assaltare le banche?», chiese un giorno un severo giudice americano a un pregiudicato che era stato catturato dopo l’ennesima tentata rapina. «Vostro onore» fu la risposta del pregiudicato «perché lì ci stanno i soldi». La risposta non fa una grinza, ma è d’uopo ricordare che i soldi che stanno in banca non sono della banca ma sono nostri. Letteralmente, i nostri soldi - a parte gli spiccioli che siamo abituati a tenere in portafoglio - stanno nelle banche, sia sotto forma di depositi che sotto forma di custodia di titoli, per non parlare di gioielli o vasellame d’argento, che alcuni tengono nelle cassette di sicurezza.
È comprensibile quindi che in tempi di crisi il pensiero corra alle banche. Non ci preoccupa la sorte dei banchieri, ci preoccupa, piuttosto, la sorte dei nostri soldi. Che cosa minaccia oggi le banche?
Ieri - era la fine del 2008, quando scoppiò la crisi finanziaria internazionale - le banche, non solo in Italia ma nella maggior parte del mondo, erano nell’occhio del ciclone. Perché? Per due ragioni: molti istituti bancari avevano comprato a man bassa titoli ad alto rendimento, che si erano rivelati poi fragili e invendibili: le famose obbligazioni "sintetiche", che avevano dentro, variamente reimpacchettati e infiocchettati, quei mutui subprime concessi a destra e a manca senza preoccuparsi della solvibilità del debitore.
La seconda ragione sta nel fatto che molte banche avevano infranto la regola d’oro del buon banchiere: far combaciare le scadenze. Cioè a dire, se la tua provvista di fondi è solida e stabile, presta pure a breve o a lunga; ma se ti provvedi di fondi a breve, presta solo a breve, non a lunga. Altrimenti, se i mercati del danaro all’ingrosso (fondi monetari e altri) dove ti sei rifornito non ti rinnovano le linee di credito e tu hai prestato quei soldi a lungo termine, hai dei problemi.
Fortunatamente per l’Italia, le nostre banche non avevano in pancia grandi quantità di quelle obbligazioni traballanti, e, dotate di una certa saggezza contadina, avevano rispettato la regola d’oro di cui sopra.
Oggi i dubbi sullo stato di salute delle banche non vengono dalle ragioni di ieri: la lezione della Grande crisi finanziaria mondiale è stata imparata. I dubbi vengono piuttosto dal fatto che le banche hanno in pancia grandi quantità di titoli dei Paesi in bilico (Grecia, Irlanda, Portogallo) e, se quei titoli non vengono rimborsati, le banche soffrono grosse perdite.
Le banche italiane hanno una esposizione limitata verso quei Paesi, ma, naturalmente, hanno invece in pancia molti titoli di Stato italiani. Per questo, nel momento in cui i mercati esprimono dubbi sui nostri titoli e ne abbassano il valore, le banche soffrono, e noi soffriamo con loro. Tuttavia, per le ragioni dette ieri, quei dubbi non hanno ragione di essere. Le banche italiane sono solide, e le nostre finanze pubbliche, anche se un po’ acciaccate, stanno in fondo meglio rispetto a quelle di tanti altri Paesi.
Mette conto a questo punto ricordare che la vera ricchezza di un Paese non sta tanto nell’oro detenuto dalle Banche centrali o nei titoli; la vera ricchezza sta nelle risorse naturali, nel capitale umano, nella voglia di fare e di intraprendere, nella solidità delle istituzioni, nella coesione del tessuto sociale, nella capacità tecnologica, nella qualità del sistema educativo... Cerchiamo prima di tutto queste cose, e allora, come dice il Vangelo, «tutto il resto vi sarà dato».