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 2011  luglio 21 Giovedì calendario

MILENA GABANELLI: «REPORT NON È LA PROVA DEL CUOCO»

«Senza tutela legale un programma come Report non si può fare». Parola di Milena Gabanelli. «Non credo si possa lavorare diversamente in un programma d’inchiesta. Report , insomma, non è La prova del cuoco , con tutto il rispetto per il programma. Sarebbe come dire a un carabiniere vai a sedare la sommossa senza scudo né elmetto».

E quindi si sente senza elmetto, senza protezione di un’azienda che, invece, visto il consenso del programma dovrebbe tutelarla più che mai...

«Quando fai un lavoro rischioso e faticoso per i temi che si affrontano, ma anche prestigioso per l’editore, è indispensabile che questi se ne assuma le responsabilità. E’ giusto pagare per gli errori commessi in malafede, ma per il resto vorrei che si applicassero a me e ai colleghi di Report le tutele che tutti gli editori seri applicano ai loro giornalisti in tutto il mondo».

E sino ad oggi è andata così. Ora il nodo, però, è una sentenza della Cassazione che assimila la Rai a ente di diritto pubblico: cosa ne pensa?

«Che innanzitutto l’ordinanza della Cassazione riguarda la gestione degli amministratori e non l’attività di un giornalista. Sono mestieri diversi dove le responsabilità sono valutate con criteri diversi, tanto più in un Paese come il nostro dove le cause civili pretestuose sono all’ordine del giorno».

A rischio ci sono tutti i giornalisti Rai o solo lei?

«Dalle dichiarazioni capisco che finché il cda non decide quale clausola adottare tutti i giornalisti non sono tutelati. Non credo sia vero, perché non può essere che il quarto gruppo editoriale europeo dica: se ti fanno causa e la vinci ti rimborsiamo le spese dell’avvocato (al minimo tariffario). Vale a dire ti arrangi per tutta la durata del processo, che può durare anche 10 anni. Se invece sei condannato paghi tutto tu. Questo è corretto se hai raccontato balle sapendo di raccontare balle, e in questo caso sarebbe anche giusto licenziarlo il giornalista, e allora il giornalista lo si dovrebbe pure mandare a casa. Ma si può sbagliare anche in buona fede, e il giornalismo d’inchiesta ti fa camminare sempre su un crinale dove è possibile commettere un errore».

E alla Rai secondo lei tutto ciò è a rischio?

«In quattordici anni abbiamo ricevuto molte cause, finora vinte. Tranne una per 30mila euro, ma abbiamo fatto appello».

Qualcuno sostiene che con la tutela legale su tutto, sono tutti capaci a fare le inchieste: lei cosa risponde?

«Ma io non ho detto su tutto, ho escluso la colpa grave e la malafede. Diversamente posso dire che sono tutti capaci di fare gli editori: incassi prestigio, pubblico e pubblicità, mollando sulle spalle dei giornalisti il rischio d’impresa! Nel nostro caso in particolare è un vero affare».

Perché?

«Rendiamo tanto e costiamo poco, Report è uno dei programmi di prima serata con il più basso rapporto costo-ascolto».

Scusi, vista la situazione, lei è pronta ad andare in onda?

«La mia preoccupazione è che se si procede agli stop and go di settimana in settimana ad ottobre c’è il rischio che nel palinsesto di Raitre nasca il buco «Report». Ma forse è quel che si vuole, altrimenti non si spiega».