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 2010  febbraio 19 Venerdì calendario

In Italia

Il Presidente della Repubblica è Giorgio Napolitano
Il Presidente del Senato è Renato Schifani
Il Presidente della Camera è Gianfranco Fini
Il Presidente del Consiglio è Silvio Berlusconi
Il Ministro degli Interni è Roberto Maroni
Il Ministro degli Esteri è Franco Frattini
Il Ministro della Giustizia è Angelino Alfano
Il Ministro di Istruzione, università e ricerca è Mariastella Gelmini
Il Ministro del Lavoro e delle politiche sociali è Maurizio Sacconi
Il Ministro dell’ Economia e delle Finanze è Giulio Tremonti
Il Ministro della Difesa è Ignazio La Russa
Il Ministro dello Sviluppo economico è Paolo Romani
Il Ministro delle Politiche agricole è Luca Zaia
Il Ministro di Infrastrutture e trasporti è Altero Matteoli
Il Ministro della Salute è Ferruccio Fazio
Il Ministro di Beni e Attività culturali è Giancarlo Galan
Il Ministro dell’ Ambiente è Stefania Prestigiacomo
Il Ministro dell’ Attuazione programma di governo è Gianfranco Rotondi (senza portafoglio)
Il Ministro della Gioventù è Giorgia Meloni (senza portafoglio)
Il Ministro delle Pari opportunità è Mara Carfagna (senza portafoglio)
Il Ministro delle Politiche europee è Andrea Ronchi (senza portafoglio)
Il Ministro di Pubblica amministrazione e Innovazione è Renato Brunetta (senza portafoglio)
Il Ministro dei Rapporti con il Parlamento è Elio Vito (senza portafoglio)
Il Ministro di Rapporti con le Regioni e Coesione territoriale è Raffaele Fitto (senza portafoglio)
Il Ministro delle Riforme per il federalismo è Umberto Bossi (senza portafoglio)
Il Ministro della Semplificazione normativa è Roberto Calderoli (senza portafoglio)
Il Ministro del Turismo è Michela Vittoria Brambilla (senza portafoglio)
Il Governatore della Banca d’Italia è Mario Draghi
Il Presidente della Fiat è Luca Cordero di Montezemolo
L’ Amministratore delegato della Fiat è Sergio Marchionne
Il Segretario Nazionale dei Popolari-UDEUR è Clemente Mastella
Il Coordinatore Nazionale di Sinistra Democratica è Claudio Fava
Il Presidente della Rosa per l’Italia è Savino Pezzotta

Nel mondo

Il Papa è Benedetto XVI
Il Presidente degli Stati Uniti d’America è Barack Obama
Il Presidente del Federal Reserve System è Ben Bernanke
Il Presidente della BCE è Jean-Claude Trichet
Il Presidente della Federazione russa è Dmitrij Medvedev
Il Presidente del Governo della Federazione russa è Vladimir Putin
Il Presidente della Repubblica Popolare Cinese è Hu Jintao
La Regina del Regno Unito è Elisabetta II
Il Premier del Regno Unito è Gordon Brown
La Cancelliera Federale di Germania è Angela Merkel
Il Presidente della Repubblica francese è Nicolas Sarkozy
Il Primo Ministro della Repubblica francese è François Fillon
Il Re di Spagna è Juan Carlos I
Il Presidente del Governo di Spagna è José Luis Rodríguez Zapatero
Il Presidente dell’ Egitto è Hosni Mubarak
Il Primo Ministro di Israele è Benjamin Netanyahu
Il Presidente della Repubblica Turca è Abdullah Gül
Il Presidente della Repubblica Indiana è Pratibha Patil
Il Primo Ministro della Repubblica Indiana è Manmohan Singh
La Guida Suprema dell’ Iran è Ali Khamenei
Il Presidente dell’ Iran è Mahmud Ahmadinejad

Che succederà adesso che Obama ha effettivamente ricevuto il Dalai Lama alla Casa Bianca nonostante la Cina avesse fatto fuoco e fiamme per impedirglielo?

Che succederà?
Probabilmente niente. Mentre Barack offendeva in questo modo Pechino, i cinesi lasciavano che la portaerei americana Nimitz entrasse nel porto di Hong Kong, accompagnata da quattro unità, la Chosin, la Sampson, la Pinckney e la Rentz. Più di cinquemila marinai che si sono sparpagliati per l’immensa metropoli a fare shopping. L’arrivo di una portaerei Usa in un porto cinese, che segue quello della George Washington dello scorso novembre, non è banale: tre anni fa Pechino proibì alla Kitty Hawk di attraccare per protesta contro la vendita di armi americane a Taiwan.

Non c’è anche adesso una questione di vendita di armi?
Sì, la diplomazia cinese ha gridato contro un’ulteriore, recente vendita di armamenti a Taiwan per 6,4 miliardi di dollari. Pechino rivendica la sovranità sull’isola dal 1949. Washington ha sempre avuto questa posizione: c’è una sola Cina ed è quella che ha per capitale Pechino. Però ha anche stipulato un trattato con Taiwan nel quale s’è impegnata a difendere l’isola nel caso di un attacco cinese. bene ricordarselo, perché il pretesto per lo scoppio di una guerra è bell’e pronto. A Taiwan dicono che la Cina tiene mille missili puntati contro di loro.

Il Dalai Lama è andato a parlare di questo?
Non credo, ma comunque non si sa. Dopo l’incontro, durato poco meno di un’ora, il capo dei buddisti ha detto di aver auspicato un mondo in pace e dove le donne abbiano più peso. La politica? «Niente politica». Con i giornalisti ha preso anche la parola Tenzin Dorjee, direttore del Gruppo Studenti per il Tibet libero: ««Come leader del mondo libero il presidente Obama è nella posizione migliore per dare il suo aiuto a mediare una soluzione negoziata che dia al popolo tibetano la libertà che sognano da così tanto tempo. Ci auguriamo che l’incontro di oggi sia il segnale di un atteggiamento più duro da parte dell’amministrazione Obama sui diritti umani e sul Tibet nei confronti della Cina». Una dichiarazione che né Obama né il Dalai Lama potrebbero sottoscrivere. Il Dalai Lama ormai da molti anni non chiede indipendenza (’libertà”) ma autonomia. Gli americani ribadiscono di continuo, e hanno ribadito anche ieri, che l’integrità territoriale cinese non è in discussione. Quindi il Tibet è territorio cinese. Obama ha cercato di buttare acqua sul fuoco ricevendo l’illustre ospite non nello Studio Ovale, riservato ai capi di stato, ma nella sala delle Mappe. Il messaggio spedito a Pechino con questa mossa è: il Dalai Lama non è un capo di Stato, ma un leader spirituale. Il messaggio sarebbe stato ancora più chiaro se l’incontro fosse avvenuto negli appartamenti privati del Presidente, quelli, per intenderci, dove nel 1996 il Dalai fu ricevuto da Clinton. In ogni caso: la sensazione di un incontro informale a cui non si deve dare importanza politica è stata accentuata dalla mancata stretta di mano davanti alle telecamere e da un comunicato di Barack in cui si esprime «forte sostegno alla protezione dell’identità religiosa, culturale e linguistica del Tibet e alla protezione dei diritti umani per i tibetani». Quindi nessuna rivendicazione di indipendenza, ma solo l’appello a non far sparire dalla faccia della Terra l’etnia tibetana: Pechino ha trasferito a forza sei milioni di cinesi in Tibet per annacquare l’identità del Paese e far morire quella lingua. I vecchi monumenti buddisti sono stati sviliti a pure mète turistiche. la loro solita tattica, l’hanno adoperata anche nello Xinjiang (Turkestan Orientale) dove sono quasi riusciti a far sparire quella razza.

Commenti cinesi all’incontro?
Per ora niente. Il portavoce della Casa Bianca, Robert Gibbs, ha detto che il presidente ha incoraggiato il Dalai Lama a mantenere il dialogo diretto con la Cina «per risolvere le differenze». ufficiale che vi sarà un incontro anche con Hillary Clinton.

Quindi è probabile che vada tutto liscio.
E cosa vuole, che scoppi la guerra? Si faranno i dispetti in qualche altro modo. I motivi di attrito non mancano. L’ultimo, dopo la baruffa su Google e sui dazi che gli americani hanno imposto a certi prodotti cinesi (pneumatici, ali di pollo ecc.), riguarda le sanzioni all’Iran. Pechino non ne vuole e apparentemente tiene per Ahmadinejad. La sua speranza è di sostituirsi agli occidentali – tra cui noi – nelle partnership petrolifere con Teheran. Il problema principale di quel Paese resta sempre quello di procurarsi materie prime. [Giorgio Dell’Arti, Gazzetta dello Sport 19/2/2010]

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