
Il fatto del giorno
di Giorgio Dell'Arti
Il decreto anticrisi, varato l’altro giorno dal governo, è piaciuto alla Confindustria e alla Cisl, è stato giudicato insufficiente dalla Cgil, è stato attaccato frontalmente da Tito Boeri, l’economista de lavoce.info, il quale giudica le misure episodiche, di piccola portata e soprattutto incapaci di venire incontro alla massa dei precari – 400 mila – a cui non è stato rinnovato il contratto. Intanto, Berlusconi ieri ha escluso che si sia «mai parlato o previsto» di una manovra correttiva a fine anno.
• Chi ha ragione?
Non m’azzardo a darle una risposta, perché bisognerebbe sapere troppe cose per farsi seriamente un’idea e non solo non le so io, ma non le sa nessuno. Lo stesso ministro Tremonti ha detto che i dati su cui si prevede questo o quell’andamento del Pil sono molto discutibili e un altro commentatore, Luca Ricolfi, gli ha dato ragione. Quanto alle osservazioni di Boeri, il pacchetto-lavoro del decreto prevede un prolungamento di fatto della cassa integrazione attraverso corsi di formazione o riqualificazione, l’erogazione di un sussidio «per finalità di autoimpiego» (in pratica un incoraggiamento a mettersi in proprio), un rafforzamento dei contratti di solidarietà (si lavora meno, l’impresa taglia in proporzione il compenso, lo Stato reintegra quasi del tutto il taglio al lavoratore), la possibilità di chi sta in cassa di far lavori sino a 3000 euro l’anno senza perdere la copertura di Cig. Ci sono poi bonus – ancora da specificare – per le imprese che non licenziano. Boeri dice che questi bonus sono punitivi per i precari, perché serviranno «a rendere ancora più difficile per loro trovare un impiego alternativo perché le imprese in difficoltà, incentivate a tenere in busta paga i lavoratori in esubero, reagiranno bloccando le assunzioni ». A dire il vero non è difficile immaginare che, in situazioni come queste, le imprese si guarderebbero bene dall’assumere in ogni caso e forse non ne avrebbero nemmeno la facoltà, in termini di legge. Per i precari della Pubblica Amministrazione c’è comunque la scomparsa della data del 30 giugno per la cosiddetta stabilizzazione (te ne vai o ti assumo): si presume che resteranno in servizio fino alla fine dell’anno e a quel punto si deciderà se prenderli in pianta stabile. Questo punto è stato molto lodato dai sindacati.
• Che cos’altro prevede il decreto? Il punto politicamente più significativo è la tassa del 6% sulle plusvalenze realizzate dalle banche sulla vendita di oro. L’unico soggetto davvero colpito è la Banca d’Italia, che potrebbe rimetterci fino a 200 milioni. Quello che è piaciuto alla Confindustria è la detassazione degli utili reinvestiti nell’acquisto di macchinari o comunque in innovazione. E uno stanziamento di cinque miliardi per spingere la Pubblica Amministrazione ad accelerare i pagamenti ai fornitori. La lentezza dello Stato quando si tratta del saldo dei suoi debiti ha messo in difficoltà molto serie troppe aziende e in alcune aree ha addirittura provocato una crisi del settore immobiliare, dato che l’Amministrazione è un pessimo inquilino.
• Avevo letto che Tremonti stava pensando a interventi sui paradisi fiscali e a una qualche norma per far tornare i capitali in Italia. Giusto?
Sì, il cosiddetto scudo fiscale. Sui paradisi il decreto ha invertito l’onere della prova: se tu hai soldi in una banca delle Cayman, io Stato penserò che sono il frutto di evasione o di elusione e mi comporterò di conseguenza. Se non è così, sarà compito tuo dimostrarmelo. L’inversione dell’onere – che è una bruttura – era stato inventato da Visco. Questa norma prepara la futura legge sullo scudo fiscale. Se tu hai portato capitali all’estero, io ti permetterò di farli rientrare facendoti pagare una tassa sull’importo, tassa che dovrebbe essere uguale al 5%. Non so in che modo il ministro s’aspetta di mettere in cassa 200 miliardi. L’altra volta, con una penale di appena il 2%, ne tornarono una settantina.
• Sul bond Alitalia?
Tremonti ha fatto marcia indietro. Prima aveva previsto un rimborso pari al 30%, adesso l’ha portato al 71%. Potremmo mettere questo provvedimento tra le decisioni cosiddette ”popolari”, che comprendono anche l’abolizione del ticket per le visite specialistiche e il rinvio degli sfratti al 31 dicembre. C’è poi l’ampliamento dell’area che ha diritto alla social card. La norma relativa non sta in questo decreto. Ma Sacconi l’ha annunciata e l’ha spiegata: per gli over 65 il tetto di reddito compatibile con la carta dovrebbe salire da 6.000 a 7.500 euro, l’età dei minori che vivono in famiglie disagiate sarà portata dagli attuali 3 anni a 10.
• Allora la social card ha funzionato?
Sostanzialmente sì, e specialmente al Sud.
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