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 2009  giugno 28 Domenica calendario

UN MERCATO DA 13 MILIARDI SPARTITO FRA CINQUE GIGANTI



Ma la crisi economica si sente anche qui
Il calo del traffico globale quest’anno è del 65%

ROMA
Un raffinato spot di qualche anno fa non esitava a definirli «per sempre». Invincibili (dal greco «adamas») in purezza e durezza: per chi non lo sapesse, un diamante ha una struttura tale da resistere al peso di tre grattacieli come l’Empire State Building. Ma invincibili anche come investimento: quasi immune dalle oscillazioni dei cambi, in settant’anni il mercato dei diamanti ha subito un solo stop durante la crisi petrolifera del 1975. Nel 2007 è stato calcolato un giro d’affari pari a 13 miliardi di dollari. L’80% del mercato se lo contendono un cartello di cinque produttori, il già ribattezzato «Opec dei diamanti». Il marchio più noto è De Beers, che controlla il 40% del mercato. La russa Alrosa controlla la vendita di un diamante su quattro. Seguono la sudamericana Rio Tinto, la anglo-australiana Bhp Billiton - le due rivali si sono appena unite in una joint venture paritetica - e la H. Winston.
Per tutto il Novecento gli azionisti di questi colossi hanno potuto contare su ricavi a doppia cifra. Il motto della famiglia Oppenheimer dal 1919 in poi è stato «In diamond we trust». Poi è arrivato il ciclone finanziario più grave dal 1929. E così anche quelle piccole pietre di carbonio puro sognate da milioni di donne hanno conosciuto un calo delle quotazioni. All’inizio di quest’anno De Beers ha dovuto tagliare la produzione del 90%. Il crollo è stato così netto che in alcuni casi, come in Australia, sono state chiuse alcune miniere. In India, dove si taglia il 70% delle pietre estratte, e a Surat - la Mecca dei diamanti - migliaia di laboratori di intagliatori hanno dovuto abbassare le saracinesche. Alla Borsa di Anversa fra gennaio e febbraio hanno stimato un calo delle esportazioni attorno al 65%. La banca d’investimenti Barclays Capital sostiene che la domanda riprenderà a salire lentamente dall’anno prossimo, ma il mercato non tornerà ai picchi del 2007 almeno fino al 2012. Insomma, da bene rifugio per eccellenza anche il diamante sembra essere diventato un prodotto su cui scommettere.
Per chi può permettersi di cimentarsi nel settore ora c’è una piccola guida «Investire in diamanti», editore Franco Angeli, scritto dalla giornalista Antonella Baccaro e da un esperto del settore, Fabio Cascapera. Per investire in diamanti occorre innanzitutto conoscere la differenza fra un diamante e un brillante, i certificati internazionali (ne esiste uno, il «processo di Kimberly», per contrastare il commercio illegale a fini bellici), saper distinguere i principali tipi di taglio: sono 12. Fra le altre cose si scoprirà in questo libro che per via della scarsa offerta i diamanti, al pari delle zucchine, hanno un prezzo che varia a seconda delle stagioni. Il momento migliore è agosto, quello peggiore da settembre a dicembre, il periodo nel quale i più fortunati pensano a cosa mettere ai piedi dell’albero di Natale.