David Brooks, Corriere della sera 28/06/2009, 28 giugno 2009
L’IMPREVEDIBILITA’ DELLA NATURA UMANA CONTRO LA PSICOLOGIA EVOLUZIONISTICA
Non credo ci sia mai stata un’epoca percorsa da tante e così disparate teorie sulla natura umana quanto quella attuale. Gli economisti hanno la loro opinione: tutti gli esseri razionali sono calcolatori e corrono dietro agli incentivi. Dal punto di vista dei cristiani, invece, si parla di peccato originale e del cammino del credente in un mondo segnato dal male. E poi ci sono gli psicologi evoluzionistici, bravissimi ad attirare l’attenzione dei media. Per il 99% della storia umana, osservano costoro, la nostra specie è vissuta all’interno di piccoli gruppi di cacciatori-raccoglitori.
Coloro che sono sopravvissuti hanno sviluppato certi modelli mentali, trasmessi poi alle generazioni successive attraverso il patrimonio genetico. Alcuni di questi tratti potrebbero tornarci utili anche nell’epoca moderna: i bambini, per esempio, hanno la capacità di imparare il linguaggio a velocità sorprendente. Altre caratteristiche si sono rivelate invece nocive: gli esseri umani, purtroppo, sono ingordi di cibi grassi e dolci. Nel 2000 Geoffrey Miller, psicologo evoluzionistico, ha pubblicato un libro (The mating mind), nel quale sostiene che il processo di selezione sessuale nelle prime comunità umane abbia gettato le basi di molti comportamenti ancora oggi riscontrabili. In alcuni casi si tratta di qualità fisiche: gli uomini preferiscono le donne con un rapporto vita-fianchi di 0,7 (vale a dire una vita di 60 cm e fianchi di 90 cm). Le donne preferiscono uomini di statura più alta e di qualche anno più grandi. Altre caratteristiche sono più sottili.
Gli uomini, sostiene Miller, sono più generosi nel lasciare la mancia al ristorante, perché programmati per far sfoggio di agiatezza. L’adulto medio americano conosce circa 60.000 parole, molte di più di quelle strettamente necessarie. E se abbiamo a disposizione tante parole, è perché ci piace lasciarci lusingare e coccolare verbalmente dal nostro partner.
Di recente Miller ha pubblicato un altro libro, Spent, nel quale interpreta le nostre scelte consumistiche secondo le teorie della psicologia evoluzionistica.
La tesi fondamentale è che ciascuno di noi è nato con una dose specifica e individuale di sei grandi caratteristiche: intelligenza, apertura verso le novità, diligenza, piacevolezza, stabilità emotiva e capacità comunicativa. Tali moduli sono innati sia negli esseri umani che in altre specie animali. Siamo tutti narcisi, afferma Miller.
Passiamo gran parte della nostra vita a vantare la nostra bravura per attirare i partner. Anche nel caso in cui non siamo naturalmente intelligenti o estroversi, siamo sempre pronti ad acquistare prodotti e marche che diano l’impressione giusta.
L’autore ipotizza che l’autolesionismo delle ragazzine che si tagliuzzano il corpo sia un modo per dimostrare la loro resistenza alle infezioni. La psicologia evoluzionistica ha fatto il suo tempo e oggi è in declino. Sharon Begley la prende di mira nel Newsweek di questa settimana, con piglio deciso, anche se un po’ esagerato, ma sicuramente spassosissimo.
Spent è la prova che si è fatto ricorso a questa teoria per spiegare più di quanto sia ammissibile. Il primo problema è che, lungi dall’essere pre-programmato con una serie di modelli mentali innati, come asseriscono gli psicologi evoluzionistici, il nostro cervello è un organo eccezionalmente fluido e plastico. E l’evoluzione è un processo spesso più rapido di quanto sinora immaginato e oggi sappiamo che per produrre alterazioni genetiche non occorrono centinaia di migliaia di anni. Per di più, gli esseri umani si sono evoluti per adattarsi agli ambienti più svariati. Circostanze diverse possono coinvolgere selettivamente diversi potenziali genetici. Il comportamento individuale può variare enormemente da un contesto all’altro. Il bulletto arrogante nel campo sportivo forse è una pecorella nell’ora di matematica. Ogni essere umano sa attivare un caleidoscopio di ipotesi mentali e ricorrere alle più svariate strategie cognitive per risolvere gli stessi problemi. La psicologia evoluzionistica, invece, presuppone che la natura umana sia stata plasmata centinaia di migliaia di anni fa e poi la sua storia si sia in un certo senso arrestata. Ma la natura umana si adatta al flusso incessante di informazioni, facilitando l’interazione tra quelle più antiche, contenute nei geni, e quelle correnti, che le giungono dal mondo contemporaneo, in una fusione continua e singolarissima. Il secondo è un problema che la psicologia evoluzionistica condivide con l’economia: il suo individualismo esasperato, secondo il quale gli individui nascono con alcune caratteristiche e tendono a sfruttarle al massimo nella lotta per la sopravvivenza. Ma gli individui non vengono formati prima di accedere alla società, bensì creati proprio dall’interazione sociale. La nostra identità è forgiata dai ritmi particolari dell’attenzione materna, dal patrimonio condiviso di idee, simboli e azioni che ci compenetrano ogni istante della nostra vita. Fare shopping non è semplicemente uno strumento rivelatore dei nostri tratti innati e permanenti. Per alcuni, costituisce anche un modo per sperimentare le novità, nell’incessante processo di creazione e scoperta di sé. La psicologia evoluzionistica sbaglia nel pretendere che ogni comportamento umano corrisponda a un’unica teoria universale, inattaccabile dai condizionamenti di tempo e luogo. E senza via d’uscita.