
Il fatto del giorno
di Giorgio Dell'Arti
«Europizzare» il problema dei flussi dalla Libia

Estraiamo dal soporifero flusso della conferenza stampa italo-franco-tedesca di Parigi sui migranti quello che potrebbe essere importante.
• Estraiamo.
Al primo posto metto il neologismo «europizzare» usato dal nostro premier. Significa: il problema dei migranti deve dinventare un problema dell’Europa. Siccome Macron aveva già fatto sapere che Francia, Germania, Italia e Spagna sono d’accordo nel lavorare insieme sui flussi libici, azzardo che il nuovo verbo «europizzare» si riferisca a ungheresi, austriaci e simili che di migranti non vogliono sentir parlare. Del resto la Merkel, in un’intervista della vigilia, aveva già avvertito che ungheresi, austriaci e simili non possono continuare a pensare di star chiusi dentro i loro muri. Ieri la Kanzlerin ha ribadito anche l’altro concetto che aveva anticipato nell’intervista: sulla questione dei migranti, Italia e Grecia non possono essere lasciate sole. Sappiamo che la Merkel è anche convinta del fatto che la regola di Dublino, secondo cui il paese raggiunto per primo dal migrante è anche quello che deve farsi carico per intero del problema, è ormai superata dai fatti. Un paese non può essere penalizzato - dice - dalla sua posizione geografica.
• Che altro?
M’è piaciuta la dichiarazione di Idriss Debry, presidente del Ciad. Lei avrà saputo che al vertice di Parigi, oltre ai politici di pelle bianca (quelli citati sopra + la Mogherini + il presidente libico di Tripoli Fayez Al Serraj) erano presenti anche i politici di pelle nera, cioè il presidente del Niger Mahamadou Issoufou e quello del Ciad Idriss Debry Itno. Idriss Debry ha detto questo: «L’uomo ha sempre migrato. Nel deserto perdiamo 20, 30 anni (cioè, credo: la traversata del deserto è talmente devastante da farci invecchiare di 20-30 anni -
ndr). Cos’è che spinge i giovani africani ad attraversare il deserto a rischio della loro vita? È la povertà. La mancanza di istruzione. Sono tutti elementi da tenere in considerazione». Idriss Derby ha anche voluto spaventarci sostenendo che «alcuni migranti vanno ad ingrossare le fila dei terroristi, che reclutano tra gli individui più fragili e, fintantoché non verrà risolto il problema della Libia, queste persone potrebbero arrivare in Europa».
• Ma, a proposito di quello che ha detto il presidente del Ciad sulla miseria, la povertà non è una ragione per essere accolti. L’unico modo per essere accolti è quello di fuggire da un paese in qualche modo in guerra.
Sì, questa ipocrisia sta ancora in piedi, anche se la povertà contribuisce fortemente al flusso dei clandestini. Ma la questione dei soldi esiste, e anzi la collaborazione con la Libia, essenziale, ruota in definitiva intorno ai soldi, cioè alle risorse che l’Italia e l’Europa sono disposte a mettere a disposizione di Tripoli e magari, più in là, di Bengasi. Non mi faccia dimenticare che i nostri sono stati molto lodati per il lavoro fatto con i libici e per il fatto che a quanto pare a Tripoli si sono convinti a collaborare. I 14 sindaci tripolitani, alla vigilia del vertice di Parigi, stavano a Palazzo Chigi.
• Stavamo parlando dei soldi.
Si va verso un sistema di questo tipo. I migranti vengono fermati o almeno rallentati già nei luoghi di partenza, cioè soprattutto Niger e Ciad. Se arrivano in Libia la guardia costiera libica, attrezzata e istruita da noi, li ferma, li chiude in un campo, li identifica, se sono migranti politici li consegna direttamente ai Paesi in cui quelli vogliono andare, se sono migranti economici li rispedisce indietro. Questi campi, prima o poi (dice la Merkel) saranno affidati all’Unhcr, cioè all’Onu, che impedirà la loro trasformazione definitiva in campi di concentramento. Il progetto è piuttosto convincente, con l’unico dettaglio che i libici, quelli del Ciad, quelli del Niger chiedono: che cosa ci guadagniamo con tutta questa cooperazione?
• Devono per forza guadagnare qualcosa?
Una bella inchiesta ha valutato il fatturato del traffico di uomini in almeno 400 milioni di dollari l’anno, cifra approssimata per difetto, dato che non tiene conto di un’altra serie di attività lucrose realizzabili in corso d’opera, come i sequestri di persona. E aggiungi l’indotto. Se tu vuoi togliere di mezzo questa attività, devi sostituirla con qualcos’altro, cioè mettere mano al portafoglio. Per il momento sul tavolo ci sono 270 milioni italiani, con i quali si finanzierà la capacità libica di controllare le sue coste. Ma una strategia di lungo respiro deve prevedere uno sforzo europeo per riunificare la Libia e poi per far uscire quel complesso di paesi dalla miseria in cui si trova. In questo momento sono bloccate lungo il percorso che dalla costa libica attraversa il Sahara un milione di persone. Un minimo cedimento e sarà l’Apocalisse. D’altra parte, in quel continente, ci sono 600 milioni di uomini e donne senza elettricità. Se riuscissimo a dargliela, quanti frigoriferi, poi, potremmo vendergli?
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