
Il fatto del giorno
di Giorgio Dell'Arti
Domani e dopodomani si vota a Roma e in altri 563 comuni italiani (i capoluoghi sono 16). Oggi ci interessa Roma: corrono per la carica di sindaco in 19, le liste sono 40 e la scheda per votare è lunga addirittura un metro e 20. Ieri ci sono stati i comizi di chiusura: il sindaco uscente, Gianni Alemanno, palco al Colosseo, s’è trovato vicino Berlusconi; il suo avversario principale, Ignazio Marino (Pd), è andato a parlare in piazza San Giovanni, facendosi intervistare dal comico Dario Vergassola; i terzi incomodi Marcello De Vito, cinquestelle, comizio in piazza del Popolo aiutato dalla star Beppe Grillo; l’indipendente Alfio Marchini al Parco Schuster dove ha preferito puntare su un concerto e s’è messo vicino Antonello Venditti. Anche se non hanno nessuna speranza di vittoria, abbiamo il dovere di citare perlomeno Sandro Medici, sostenuto da Rifondazione Comunista e Comunisti Italiani, e Alessandro Bianchi, urbanista assai stimato, ministro dei Trasporti nel governo Prodi e fuggito a metà marzo dal Pd.
• Chi vince?
È difficile da dire. Le agenzie di scommesse dànno Alemanno e Marino a 1,5, più o meno. Marchini è a 4. Un anno fa, in piena crisi del berlusconismo, Alemanno sembrava non avere nessuna speranza. Anzi: era il centrodestra, a Roma, apparentemente senza speranza, al punto che Berlusconi, con la testa a ben altri problemi, aveva preferito lasciare che Alemanno andasse da solo al massacro. Ma da allora a oggi sono successe parecchie cose. Intanto è andato in crisi il Pd, che ha spedito il suo candidato più forte, cioè Zingaretti (il fratello dell’attore), alla testa della Regione Lazio. Le primarie democratiche, senza Zingaretti, hanno poi visto la vittoria di una candidato generalmente ritenuto debole, o, come si dice a Roma, moscio, cioè questo Ignazio Marino, sostenuto anche da Sel. Sembra certo che nessuno vincerà al primo turno. Ma al secondo? Se la sfida sarà tra Alemanno e Marino, la voce popolare e le sensazioni a pelle dicono che vincerà Alemanno. Ma se, per ipotesi, al ballottaggio finisse Marchini...
• Vincerebbe?
Alfio Marchini, 48 anni, ribattezzato in questa campagna “Arfio”, soprannome che al candidato piace assai. Lo avrà visto in televisione, no? Alto, più bello di Ridge, ricchissimo («guadagno un milione di euro l’anno», per non parlare del patrimonio, anche se ha intestato tutto ai cinque figli avuti da due donne diverse), amicissimo di D’Alema e di Gianni Letta, vicino all’Opus Dei, il nonno è stato l’Alfio Marchini padrone della Roma, su cui il nipote ha detto: «Non voglio mettere in difficoltà i miei figli per qualcosa che ho detto e non sarò in grado di fare nei prossimi anni. Ancora oggi mi rimproverano che i Marchini negli anni Settanta, quando avevano la Roma, lasciarono andare Spinosi, Capello e Landini». Simona Marchini, l’attrice/regista lirica/titolare di una delle più prestigiose gallerie d’arte della capitale, è sua seconda cugina. Sposò infelicemente, come ricorderà, il campione giallorosso Ciccio Cordova. E inoltre: anche se Alfio junior ha fatto affari con tutti e a Roma lo sostiene Caltagirone, l’Alfio senior e i Marchini in genere fanno parte di quello strano filetto cittadino che ha sempre sbandierato la falce e martello del Pci. Furono i due antenato dell’attuale Alfio, cioè i vecchi Alfio e Alvaro Marchini, a regalare a Togliatti il palazzone di Botteghe Oscure. Quindi sarebbe giusta la domanda: come si pone questo Marchini qui con il Partito democratico e la sinistra in genere?
• Come si pone?
Si pone in posizione polemica. Dice per esempio: come mai Marino capeggia una lista civica invece che una lista francamente targata Partito democratico? Io ho sempre votato repubblicano. Elettore di sinistra - esorta - opta per il voto disgiunto, vota pure il tuo partito rosso, ma come sindaco scegli me. Ha dalla sua anche i tassinari, dorsale essenziale nella raccolta del consenso cittadino. Loreno Bittarelli, il capo di questa lobby potentissima, uno che non parla mai con i giornalisti, s’è tuttavia lasciato sfuggire qualche giorno fa che Arfio sarebbe al 23%. Non male, ma è una percentuale che non basterà per andare al ballottaggio. Nel caso, però - si dice - batterebbe sia Alemanno che Marino.
• E il grillino?
Si chiama Marcello De Vito, ha 38 anni, fa l’avvocato, è un esperto di appalti, è stato scelto col solito sistema della consultazione internet. Marchini a un certo punto ha detto che Grillo lo snobbava e puntava a far vincere il Pd. L’altro giorno però gli ha offerto il posto di vicesindaco, in caso di vittoria. Poi ha detto che era stata una battuta (ma intanto De Vito aveva ringraziato e rifiutato).
• Non abbiamo detto nulla dei due vincitori più probabili.
Avremo ancora tempo di parlarne. In ogni caso: il sindaco uscente Gianni Alemanno, 55 anni, barese, viene da una gestione della città criticatissima, e quando dico “criticatissima” mi riferisco anche all’opinione di destra (“Il Foglio” lo ha trattato e lo tratta come uno straccio). Tornasse sindaco di Roma, si candiderebbe a guidare le sparse truppe della vecchia destra fascista, missina, aennina, allo sbando come non mai dopo il disastro Fini. Ignazio Marino, 58 anni, è onestamente un oggetto misterioso, anche se dotato di un simpatico sorriso e di una merce oggi rarissima, cioè il garbo. Alle primarie ha avuto dalla sua Vendola, ma adesso dice che vorrebbe segretario Renzi e ammette che l’apparato del Pd ha fatto di tutto per tenere alla larga il sindaco di Firenze. È genovese e lo hanno eletto senatore, carica da cui si è dimesso, i piemontesi. A parte la presidenza di una commissione parlamentare che doveva indagare sull’efficienza della sanità nazionale, non ha mai ricoperto incarichi politici di responsabilità. Ha alle spalle anche lui una storia deprimente: la fuga dalla Pennsylvania, dove faceva il medico in un ospedale prestigioso, per una questione mai chiarita di rimborsi spese.
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