Stefano Feltri, il Fatto Quotidiano 25/5/2013, 25 maggio 2013
LA SPARIZIONE DI LINUS
Non facciamo scherzi! Ho tutti i numeri dal 1975 e sarebbe il primo mese della mia vita senza Linus! Che succede?”. Il commento di Rita è soltanto uno della fila che si allunga ogni giorno nel sito della Baldini Castoldi Dalai editore. I lettori devono scrivere lì perché, al momento, di Linus è sparito perfino il sito web, oltre alla copia cartacea dall’edicola. Il numero di maggio non è mai arrivato, “ho litigato con il mio edicolante accusandolo di non aver ordinato il numero di maggio”, scrive un altro lettore.
L’EDITORE, Alessandro Dalai, prova a rassicurare, dicendo al Fatto Quotidiano: “Niente di grave, c’è stato qualche problema tecnico, uscirà un numero doppio a giugno. Per una volta che succede in tanti anni...”. Questione di un paio di settimane, quindi, poi si capirà se Dalai sarà in grado di mantenere l’impegno o se invece le paure di migliaia di lettori (e dei collaboratori della rivista) si dimostreranno fondate. Sarebbe una fine triste e muta, senza un’editoriale di congedo, senza una spiegazione, senza l’omaggio che merita la prima e più longeva delle riviste che dagli anni Sessanta hanno cambiato il fumetto italiano e la cultura tutta. Il primo numero, nell’aprile 1965, contava sui fumetti dei Peanuts di Charles M. Schulz di cui Giovanni Gandini, il direttore, aveva ottenuto i diritti. Sempre su quel primo fascicolo dal formato e cura editoriali innovativi, con la copertina verde su cui c’era, ovviamente, Linus, tre intellettuali lungimiranti discutevano del fumetto preso sul serio: Oreste del Buono, Elio Vittorini e Umberto Eco. “Vittorini leggeva i fumetti, si divertiva con freschezza, ne ragionava con rigore critico, cercava di capirli, di farli capire, di giudicarli, nel bene come nel male, senza false compiacenze, senza snobismi. Non li “accettava”, li affrontava perché esistevano, e dunque dovevano significare qualcosa”, disse di lui Umberto Eco.
ERA LA MILANO inquieta e creativa raccontata da Guido Crepax (che esordirà sul secondo numero con Valentina), Gandini prima e Del Buono poi trasformano Linus nell’avanguardia della sinistra più vivace, libera da quella polverosità universitaria che già aleggiava col Sessantotto imminente. Dalla Milano Libri di Gandini Linus passa alla Rizzoli e, a metà degli anni Novanta, alla Baldini, Castoldi e Dalai. In mezzo ci sono gli anni Settanta, nasce la costola Alter Alter che, fumettisticamente, fiancheggia i movimenti del Settantasette (c’è Andrea Pazienza) aprendo la strada alle riviste psichedeliche degli anni Ottanta, tipo Frigidaire. Finisce il ventennio lungo delle riviste, i fumetti prendono altre strade: dai “neri” con la K, Kriminal, Diabolik, Satanik, all’invasione dei supereroi americani e dei manga, fino ai graphic novel. Ma Linus è sempre lì, sempre con le strisce dei Peanuts, a dimostrazione che la filosofia di Schulz non invecchia, e fumetti che si rinnovano. In questi anni la rivista, diretta da Stefania Rumor, pubblica il meglio delle strisce americane: la satira politica di Doonesbury, quella sociale dei Boondocks, la terribile vita da ufficio di Dilbert, l’ingegnere programmatore di Scott Adams. Ma anche strisce e vignette di italiani emergenti e affermati, Bertolotti&De Pirro, il vignettista del Fatto Quotidiano Mario Natangelo, Riccardo Marassi, Giovanni Ponchione, Tuono Pettinato. Non sono più gli anni Settanta, certo, Linus non è più una moda culturale. Ma resta un’oasi soltanto in apparenza immutabile: negli anni della grande crisi ci sono sempre più articoli di economia, oltre alle solite pagine culturali come lo spazio per gli esordienti e le migliori recensioni di cinema della stampa italiana, firmate da Filippo Mazzarella.
IL MERCATO dell’edicola è sempre più complicato, anche se l’editore Alessandro Dalai nega catastrofi (“Le vendite sono un po’ scese per tutti, ma abbiamo messo un po’ di pubblicità”), il fumetto di cui parlano critici e intellettuali è soltanto quello da libreria, i tempi di un mensile che vuole parlare anche di attualità sembrano incompatibili con un presente a ritmo di Twitter.
Eppure Linus resiste, o almeno resisteva, fino ad aprile. Poi è scomparso nel limbo, svanito anche da Internet, che è la condizione più simile all’oblio immaginabile oggi. E ai suoi lettori non resta che aspettare di ritrovarlo in edicola a giugno. Almeno per un congedo degno della sua storia.