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 2013  maggio 25 Sabato calendario

GIOVANI, PERBENE E STUDIOSI LE STORIE PARALLELE DEL SOLDATO E DEL TERRORISTA

Il buono e il cattivo, la vit­tima e il carnefice. Come sareb­be tutto più facile se il confine tra il bene e il male fosse netto, una volta tanto. Ma Lee Rigby, il soldato di Manchester ucciso nell’attentato di Londra e l’estremista islamico Michael Adebolajo non hanno avuto, fi­no a un certo punto, vite così di­verse. Avevano soltanto tre an­ni di differenza, 25 il primo e 28 il secondo, venivano entrambi da famiglie non agiate ma per­bene, fino a vent’anni hanno condiviso la fede cristiana. Tut­ti e due sono stati i classici bravi ragazzi, hanno frequentato con successo la scuola, sono arriva­ti alle soglie del college. Poi le lo­ro esistenze non hanno avuto più nulla in comune, hanno pre­so strade diverse per poi incro­ciarsi di nuovo, uno di fronte all’ altro, nella tragedia. Rigby ver­rà sepolto sotto un campo di fio­ri, avvolto nella sua amata ban­diera, per Adebolajo si sono sono aperte le porte del carcere.
Il destino, ma anche le loro passioni, li hanno condotti alla fine del cammino. Soprattutto perché la passione di Adebolajo a un certo punto è divenuta ossessione, isteria e odio con­tro un nemico immaginario. Lee Rigby di Manchester aveva una moglie e un figlio di due an­ni. Era un papà amorevole e per tutta la vita aveva voluto entra­re nell’esercito. Rimasto orfano di padre in giovane età, era sem­pre stato un ragazzino respon­sabile, si era occupato delle sorelle e nel tempo libero aiutava nella fattoria di famiglia. Chi lo conosceva lo descrive come il ragazzo solare e spumeggiante, dal sorriso aperto della foto che è stata pubblicata dai giornali quando è stata diffusa la sua identità. «Riggers» per gli ami­ci, amava il Manchester United e suonare il tamburo nella ban­da del reggimento che era come una seconda famiglia. Entrato nell’esercito nel 2006 con i Fuci­lieri, aveva combattuto a Cipro e in Afghanistan. Era sopravvis­suto alle guerre, ma è morto in quella più sporca, l’unica che ti sorprende alle spalle quando meno te l’aspetti. «Non credi che cose come queste succeda­no qui, nel Regno Unito, ti aspet­ti che loro siano al sicuro» ha detto ieri la moglie Rebecca, sposata nel 2007, straziata dal dolore. Invece, su questo sì che aveva ragione il suo omicida, al sicuro non si è mai. Perché all’ improvviso ti si para davanti un Michael Adebolajo, nigeriano nato e cresciuto qui, in una nor­male famiglia cristiana. Gentile e intelligente, quando lasciò la scuola nel 2001 era uno studen­te modello che studiava per en­trare all’università. La sua ex fi­danzata Justine Ridden lo descrive come un ragazzo a posto. E per ironia della sorte il suo mi­gliore amico a scuola era Kirk Redpath, morto in Irak nel 2007.
Ma dopo i vent’anni qualcosa scatta nella testa di Michael che comincia a frequentare brutte compagnie, i vicini raccontano che entra ed esce dalle gang del quartiere, ruba e forse si droga. Poi si avvicina ai gruppi islamici estremisti, si lascia influenzare dalle prediche dell’imam radi­cale Omar Bakri Mohammed, bandito dal Regno Unito anni fa. Un vecchio filmato dell’apri­le 2007 lo mostra mentre pren­de parte a una manifestazione contro l’arresto per terrorismo di un altro fanatico. La polizia lo scheda, poi improvvisamente lui fa perdere le sue tracce. Chis­sà, forse i servizi dovrebbero sa­pere che quando uno come lui sparisce è perché si è stufato o perché sta meditando qualche colpo grosso. Adebolajo aveva optato per la seconda ipotesi. E in quel momento sulla sua stra­da passava Lee Rigby. In un’al­tra vita avrebbero perfino potuto essere amici.

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NESSUNO HA FERMATO GLI IMAM «MAESTRI» D’ODIO -
Conoscevano lui, i suoi amici e i loro cattivi maestri. Sei anni fa l’avevano ar­re­stato durante i disordini scatenati da­gli estremisti islamici davanti a un tribu­nale. Nei dossier dell’antiterrorismo c’erano le sue foto scattate ai raduni dell’organizzazione fondamentalista «Al Muhajiroun». E una nota recente se­gnalava una tentata partenza verso la Somalia controllata dagli alqaedisti di Al Shebab. Eppure le forze di sicurezza non sono riuscite a fermare né il 28en­ne britannico di origine nigeriana Mi­chael Adebolajo né il suo complice 22enne Michael Adebowale.
In verità fin a quando quei due zom­bie invasati non hanno iniziato a scan­nare il povero soldato Lee Rigby, le for­ze di sicurezza potevano fare ben poco. Da due anni Michael Adebolajo non fre­quentava più i raduni al Muhajiroun o di altri gruppi estremisti. Era diventato uno «zombie» invisibile o - per usare la terminologia dei servizi - una «minac­cia periferica» non collegabile a immi­nenti atti di terrorismo. In quella defini­zione c’è tutta la debolezza del sistema. Un sistema capace d’arrestare chi piani­fica un attentato, chi acquista compo­nenti chimici o chi tenta di entrare in possesso di armi da fuoco, ma impoten­te di fronte all’asimmetrica forza di un terrorista isolato, capace di colpire sen­za­preavviso usando solo un paio di col­tellacci da cucina. Ancor più disarmante è però la debo­lezza esibita nei confronti dei dissemi­natori d’odio che hanno innescato e ca­ricato gli assassini. A incominciare da quell’imam radicale Omar Bakri Mohammed riemerso ieri dalla sua tana ­libanese per definire Michael Adebo­lajo un eroe e annoverarlo tra i propri se­guaci. Fuggito in Medio Oriente dopo gli attentati alla metropolitana di Lon­dra del luglio 2005, il siriano Omar Bakri è conosciuto, fino ad allora, come una delle voci di Al Qaida nella capitale inglese e come il teorico di Al Mohaji­roun, il gruppo estremista frequentato da Michael Adebolajo e dal suo compli­ce. Eppure, negli oltre 20 anni di attività londinese, nessuno riesce ad arrestarlo o zittirlo. Neppure dopo i proclami e le comparsate televisive in cui inneggia ai «magnifici 19» attentatori dell’11 set­tembre o definisce la Gran Bretagna un «Dar al harb», un territorio di guerra in cui i «kafiri» (gli infedeli) devono «teme­re per le loro vite e le loro proprietà». Il tutto per scoprire, quand’è già in Liba­no, che tra gli attentatori della metropo­litana ci sono una dozzina di suoi fede­li.
Ma il legame più inquietante tra que­sto signore del male e Adebolajo è pro­prio l’odio per i militari inglesi. Quando nel gennaio 2007 la polizia arresta nove fanatici islamisti pronti a rapire un re­duce dell’Afghanistan e a decapitarlo davanti alle telecamere, l’intelligence non tarda a scoprire che l’ordine è parti­to proprio da Bakri. Un ordine portato a compimento da Adebolajo sei anni do­po ripetendo davanti alle telecamere la formula tanto cara al suo mentore. «Quello che è accaduto è vendetta. Oc­chio per occhio, dente per dente, vita per vita».
Concetti sfrontatamente ribaditi 48 ore fa da Anjem Choudary, il predicato­re­nato e cresciuto in Inghilterra che so­stituisce Bakri alla guida dei fanatici di Al Mohajiroun. Intervenendo giovedì a un dibattito della Bbc , Choudary rifiuta ostinatamente di condannare l’uccisio­ne di Lee Rigby e ripete più volte di non veder nulla di sbagliato in quelle farneti­cazioni assassine. E così mentre l’In­ghilterra e l’Europa s’interrogano sui come e sui perché, la chiamata all’odio, nuovamente propagata, attende il suo prossimo folle esecutore.