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 2013  maggio 25 Sabato calendario

IL TAR, TRIBUNALE ORTOPEDICO PER INGESSARE L’ITALIA INTERA

L’Italia è messa male e non certo per colpa della sola Merkel come amano dire molti. Le riforme utili, ma che costano, non si possono fare perché mancano i soldi. Ok. Ma neanche quelle che sarebbero utili e si potrebbero fare perché non costano niente si possono fare perché il Tar non vuole.

Il principio, devastante, è sempre lo stesso: non disturbare il manovratore, soprattutto quand’esso pisola beatamente perché, pil o non pil, il suo stipendio corre lo stesso e il suo posto è blindato dalla disoccupazione altrui.

Coscienti dei loro doveri nei confronti degli studenti universitari e dello sviluppo del Paese, il corpo accademico del Politecnico di Milano, che costituisce una delle nostre poche eccellenze mondiali, ha deciso di impartire le lezioni in alcuni suoi indirizzi esclusivamente in inglese. Il motivo è chiaro a tutti salvo che al Tar. Ai tempi della globalizzazione (che ha per orizzonte il mondo) e dei computer e del web (che rendono la comunicazione gratuita e istantanea fra tutti gli angoli del globo) l’inglese ha cessato di essere la lingua della Gran Bretagna e degli Usa per diventare la lingua del mondo.

Ad esempio, il nuovo amministratore delegato della Deutsche bank (la più grande banca tedesca e la quinta al mondo) è un indiano che non sa il tedesco. Nell’assemblea della scorsa settimana ha salutato, per qualche minuto, i soci in tedesco (lingua che non conosce) e poi, pur parlando a Francoforte a un uditorio tedesco, ha proseguito in inglese perché, a quel livello, l’inglese è la lingua franca.

La Cina, da parte sua, ha istituito, in un sol colpo, 13 centri universitari post laurea. In essi si usa solo l’inglese perché la Cina vuole che in essi insegnino i migliori professori e studino i migliori studenti del mondo senza porli davanti all’ostacolo insuperabile della lingua cinese. E proprio questa settimana è stata approvata, in Francia, una legge che consente l’insegnamento in inglese nelle università, nonostante che in Francia l’orgoglio della francofonia (che resta un risibile e velleitario retaggio del passato napoleonico) sia molto radicato fra l’opinione pubblica ma non certo fra i ricercatori che sanno benissimo come stanno le cose.

Solo in Italia il Tar (che parla in latino, credo) dice che non si può fare. Appellandosi a una legge? Se sì, si abroghi la legge, perdinci.