
Il fatto del giorno
di Giorgio Dell'Arti
Sabato ricco di eventi politici. A Roma, in piazza San Giovanni, manifestazione del Pd, con Bersani sul palco e migliaia di militanti ad applaudire; a Milano, Berlusconi a ruota libera davanti a un gazebo del Pdl predisposto dalla Brambilla e poi a passeggio per le vie della città (con spuntino da Peck, insieme a La Russa); intanto a Vienna, il presidente Napolitano definiva la nostra attuale fase politica «interessante» («In Italia, con la politica, non ci si annoia mai»). Aggiungiamo che, in mattinata, 16 parlamentari del centro-destra hanno scritto a Berlusconi e Fini implorandoli di evitare il voto di sfiducia di martedì.
• Tutti del Pdl?
No, 10 del Pdl e 6 del Fli. Chiedono di avviare un confronto su tre tavoli per discutere di riforma costituzionale ed elettorale, economia e fisco, nuova articolazione del centro-destra. Promotori, due “colombe” o “pontieri”: Andrea Augello del Pdl (è un ex An di grande capacità, è lui che ha fatto eleggere Alemanno a Roma) e Silvano Moffa del Fli. Le sei firme dei futuristi in fondo alla lettera mostrano che i finiani sono in fibrillazione, se non addirittura spaccati. Ci sarebbero state molte richieste, al presidente della Camera, di lasciare libertà di voto. Fini, che ieri era a Genova, ha sempre risposto di no. Ai sedici pontieri, che hanno offerto al Cavaliere la possibilità di non partecipare alla votazione di martedì, ha replicato Bocchino: «L’iniziativa è tardiva. Il gruppo di Futuro e libertà non si divide. Voteremo compatti la sfiducia sia alla Camera che al Senato». Berlusconi invece ha apprezzato, valutando positivamente «l’appello del senatore Augello e dell’onorevole Moffa». Ha aggiunto che è stato il Fli a rompere: «Spero che molti di loro cambino idea e ci ripensino». Ha anche promesso che, nel discorso di martedì (che annuncia di alto tono istituzionale) proporrà qualche modifica alla legge elettorale, senza però che venga snaturato l’impianto bipolarista e quindi il premio di maggioranza. Ha poi aggiunto: «Avremo la fiducia ma i numeri saranno inferiori rispetto al passato e quindi sarà più difficile governare, sarà più difficile far approvare dal Parlamento le leggi proposte dal governo. Comunque credo che andremo avanti lo stesso».
• E Bersani?
Comizio in piazza San Giovanni, con bandiere e canti (“Bella ciao” e “Cambierà”). Bersani ha gridato «vergogna, vergogna» riferendosi al traffico o compravendita di parlamentari in corso in queste ore (e su cui indaga la magistratura). «Siamo sereni, non sarà un voto compravenduto a cambiare la situazione». Un’allusione, piuttosto forte, a Di Pietro: «A chi ci ha fatto continuamente le pulci su come facciamo opposizione diciamo che, se siamo a questo punto, è anche merito nostro. Abbiamo messo noi, al tempo giusto, la mozione di sfiducia. Al tempo giusto, non tutti i giorni come le solite tifoserie e i soliti focosi amici ci suggerivano. Fatemelo dire, adesso. Ce l’abbiamo la patente per fare l’opposizione, non abbiamo bisogno di maestri che ci tirino la giacca tutti i giorni. Credo che lo si sia visto». Due dei deputati che si apprestano a votare per il governo vengono tra l’altro proprio dall’Idv, cosa che ha indotto molti commentatori a criticare Di Pietro per il modo con cui ha reclutato i suoi parlamentari.
• Com’è la storia di queste compravendite?
I due dipietristi che hanno cambiato casacca sono Antonio Razzi e Domenico Scilipoti. Lo stesso Razzi, in un’intervista a Radio 24, ha detto che quelli del Pdl avrebbero promesso di pagargli il mutuo. Calearo – un industriale reclutato da Veltroni, e poi scappato dal Pd – ha detto che il voto di fiducia sarebbe compensato con 350-500 mila euro. Se le camere si sciogliessero, 345 parlamentari andrebbero a casa senza pensione, e perdendo anche i 15 mila euro di stipendio mensile. Questo partito di precari, trasversale a qualunque schieramento, potrebbe fare la differenza. Calearo: «Un nutrito gruppo di parlamentari del Pd mi sta tempestando di messaggi del tipo: Massimo, almeno tu che hai la possibilità di farlo, vota a favore del governo». Un sacco di gente, infatti, non sarebbe ricandidata – in caso di scioglimento – né a sinistra né a destra.
• Quindi Berlusconi ce la può fare?
Gli ultimi calcoli sono questi: 310 per la fiducia, 307 per la sfiducia. Mancano i sei radicali, perché Pannella – che tecnicamente starebbe all’opposizione – non dice che cosa vuol fare. Pare che voterà no, in cambio di un intervento di cinque minuti, invece che di uno. Se i radicali si esprimessero contro il governo, il conteggio sarebbe 310 a 313.
• Quindi Berlusconi è sotto.
No, perché mancano ancora i voti di Guzzanti, Calearo, Scilipoti e Catone. Decideranno domani, ma tutti pensano che alla fine appoggeranno Berlusconi. [Giorgio Dell’Arti, Gazzetta dello Sport 12/12/2010]
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