R. Ba., Corriere della Sera 12/12/2010, 12 dicembre 2010
LA CLAUSOLA DEL 5% CHE IL LINGOTTO NON DIGERISCE
La vera ragione dell’ uscita della Fiat da Confindustria annunciata dal capoazienda Sergio Marchionne sta a pagina 4 dell’ accordo interconfederale del 1993 per la costituzione delle rappresentanze sindacali unitarie. Quando si stabilisce la possibilità per i lavoratori di presentare le liste per le elezioni delle Rsu (rappresentanza sindacale di base) raccogliendo le firme di almeno il 5% degli aventi diritto al voto. In questo caso la Fiom, che non ha firmato l’ intesa per Pomigliano - per esempio - può sempre rivendicare un ruolo dentro l’ azienda in base a questa vecchia intesa siglata tra Cgil-Cisl-Uil e la Confindustria allora guidata da Luigi Abete. Ed è quello che Marchionne non vuole, come ha chiaramente detto da New York quando ha ammesso che la Fiom «ha un punto di vista che non condivido proprio per niente, zero, ha una intransigenza che blocca lo sviluppo del Paese». La prospettiva di una guerra totale contro i metalmeccanici Cgil, di cui in questi giorni gli imprenditori aderenti a Confindustria si sono improvvisamente resi conto, spaventa non poco. È vero, commentano i giuslavoristi vicino a viale Astronomia, che il capitolo delle elezioni delle Rsu è uno dei pochi che le deroghe non possono toccare, ma anche con l’ uscita di Fiat da Confindustria non è detto che la Fiom non possa trovare un livello di tutela della sua rappresentanza nello Statuto dei lavoratori. Gli imprenditori meno muscolari della Fiat e che con la Fiom sono costretti a trattare (anche perché nella loro azienda magari è il sindacato maggiore) sono preoccupati dal probabile aumento di conflittualità. Di questo si parlerà mercoledì in viale Astronomia nel direttivo e nel comitato di presidenza.
R. Ba.