PAOLO MASTROLILLI, La Stampa 12/12/2010, pagina 29, 12 dicembre 2010
Custer, l’ultima bandiera venduta per 2,2 milioni - Se un paese che ha bisogno di eroi è sventurato, figuriamoci quello che ha bisogno dei loro simboli, soprattutto quando raccontano una disfatta
Custer, l’ultima bandiera venduta per 2,2 milioni - Se un paese che ha bisogno di eroi è sventurato, figuriamoci quello che ha bisogno dei loro simboli, soprattutto quando raccontano una disfatta. Eppure venerdì un anonimo collezionista americano ha pagato 2,2 milioni di dollari, per comprare all’asta da Sotheby’s l’unica bandiera del colonnello Custer sfuggita alla cattura degli indiani, durante il massacro di Little Big Horn. Un segno della grandezza degli Stati Uniti, forse, che non si vergognano neppure delle loro vergogne. George Armstrong Custer, «Autie» per gli amici, era un uomo singolare. Nato in Ohio nel 1839 da un fabbro di origine tedesche, non aveva pensato neppure un momento di rassegnarsi alla placida esistenza delle fattorie del Midwest. Dopo la scuola si era iscritto all’Accademia militare di West Point, laureandosi non a caso come ultimo del suo corso. I superiori lo avrebbero cacciato volentieri, soprattutto a causa dei terribili scherzi che faceva ai compagni. Se la spassava pure fuori dall’Accademia, al punto che durante le libere uscite si beccò la gonorrea che lo avrebbe reso sterile. C’era la Guerra Civile, però, e l’esercito nordista aveva un bisogno disperato di ufficiali. Così lui si ritrovò in divisa, fino a testimoniare di persona la resa del generale sudista Lee. Era scellerato ma sveglio, e a 23 anni era già generale. Merito della Guerra Civile, che una volta finita lo obbligò a restituire il grado, tornando indietro a capitano nel nuovo esercito riunificato. Finché c’era guerra, però, c’era avventura, e George intraprese subito quella di cacciare gli indiani dal West. In realtà la sua reputazione di sanguinario persecutore dei nativi è un po’ controversa: la leggenda, che nel suo caso ricorre spesso, racconta che aveva sposato in segreto Monaseetah, la figlia del capo Cheyenne Little Rock, nonostante fosse già felicemente accasato con la waspissima Elizabeth Bacon. Fatto sta che nel 1874 proprio una missione guidata da Custer scoprì l’oro nelle Black Hills del South Dakota, segnando il suo destino. Il governo americano decise di cacciare gli indiani da quelle terre, per recuperare il prezioso metallo. Così, nel giugno del 1876, l’ormai tenente colonnello si ritrovò alla testa del Settimo Cavalleggeri, che marciava dalle parti del fiume Little Big Horn, in Montana. Il caso volle che Toro Seduto riunisse proprio in quelle pianure i Lakota e i Cheyenne, per decidere insieme a Cavallo Pazzo come contrastare l’avanzata dei bianchi. Custer si era alleato con la tribù locale dei Crow, che un secolo e mezzo dopo avrebbe adottato tra le sue fila anche il candidato presidenziale Barack Obama, e gli scout lo portarono proprio sotto all’accampamento nemico. Il 25 giugno George, vestendo la sua abituale cravatta rossa fuori ordinanza, ordinò la carica. «Hurrà ragazzi, li abbiamo beccati!», urlò prima di spingere i cavalli al galoppo: «Finiamoli e poi andiamo a casa». Fu un massacro. Tutti i duecento soldati che seguirono Custer furono ammazzati, compreso lui: un foro di proiettile vicino a cuore e uno alla tempia sinistra, forse sparato col colpo di grazia prima di mutilarlo. Per i critici, incluso il presidente Grant, fu tutta colpa della follia di George, che rifiutò i rinforzi dei colleghi prima di attaccare e divise le sue truppe per accerchiare i nemici. Altri lo difesero, incolpando l’intelligence militare, che gli aveva dato una stima sbagliata degli indiani che aveva davanti. Quando aveva capito che si metteva male il caporale John Foley, portabandiera, aveva cercato di scappare a cavallo. C’era quasi riuscito, ma poi inspiegabilmente si era fermato e si era sparato alla testa. Qualche giorno dopo il sergente Ferdinand Culberston, membro della squadra incaricata di recuperare i cadaveri di Little Big Horn, trovò il corpo di Foley riverso a terra: sotto proteggeva ancora una bandiera a stelle e strisce insanguinata, l’unica del Settimo che non fosse caduta in mano agli indiani. Quella bandiera andò alla vedova di un soldato, che nel 1895 la vendette per 54 dollari al Detroit Institute of Arts. Nel frattempo i resti di Custer erano stati seppelliti con gli onori militari nel cimitero di West Point, perché i soldati americani non abbandonano mai un compagno, mentre Toro Seduto era finito a fare la comparsa nel circo di Buffalo Bill per 50 dollari a settimana. Ora, siccome Nemesi non si stanca mai di giocare con i miti, il museo di Detroit ha venduto la bandiera, per incassare soldi da investire nell’acquisto di opere d’arte indiane. Beato il paese che sa riciclare persino gli eroi sconfitti.