G. PAOLUCCI, M. SODANO, La Stampa 12/12/2010, pagina 35, 12 dicembre 2010
Le vie del gas sono finite Centrex verso la chiusura - Centrex, la società al centro del caso dei rapporti energetici Italia-Russia sollevato dai cablo di Wikileaks, si avvia a chiudere la filiale italiana
Le vie del gas sono finite Centrex verso la chiusura - Centrex, la società al centro del caso dei rapporti energetici Italia-Russia sollevato dai cablo di Wikileaks, si avvia a chiudere la filiale italiana. Secondo i timori degli americani, Centrex, che avrebbe dovuto internediare ingenti quantità di gas russo in Italia, sarebbe stata lo snodo del rapporto affaristico tra Mosca e Roma. Sfumato l’ affaire Eni, la società parte comunque. Viene costituita nel febbraio del 2007, resta inattiva in attesa delle autorizzazioni che arriveranno solo a metà del 2008. In tempo per la stagione «gasifera», che va da settembre a settembre e parte con ottimi risultati. Nel primo trimestre di attività vende 323,3 milioni di metri cubi di gas, proveniente da Gazprom e pagato alla controllante austrica 126,9 milioni di euro. Rivendendolo, incassa un milione in più e il primo anno di attività finisce in rosso. Anche perché ci sono da pagare consulenti, collaboratori e lo stoccagio del gas, (alla Stogit, gruppo Eni). I clienti (due) sono municipalizzate del Centro-Nord. L’anno dopo, nuova stagione, si riparte. L’asta prevista dall’Autorità per l’energia si tiene davanti al Notaio il 22 settembre del 2008. Si presenta un solo offerente per tutti i lotti, ma i prezzi offerti non sono ritenuti adeguati da Centrex Italia. La società diventa una scatola vuota, salvo vendite di piccoli quantitativi. E si avvia verso la liquidazione. Il fatto è che gli affari si fanno in fretta, ma altrettanto in fretta si può cambiare rotta. Gazprom puntava al mercato domestico italiano - cioé a rifornire direttamente le famiglie -, non se ne fece nulla per il veto Antitrust, la storia è cambiata. Anche perché, dicono i tecnici del settore, per un grossista monopolista come Gazprom non sembrava un grande affare entrare come competitor in un mercato al dettaglio in regime di concorrenza.Le forniture, d’altra parte, sono già un bel business: Algeria e Russia sono in testa, garantiscono - circa metà per una - all’Italia una fornitura da 60 miliardi di metri cubi su un consumo annuo di 80. Fino a due anni fa gli algerini erano primi da soli. Subito dopo c’è la Libia. Un po’ di gas arriva anche dal Nord Europa attraverso la Svizzera e infine c’è un 10% di produzione nazionale, che sta calando con costanza. Tubi che portano energia e, di conseguenza, denaro: soprattutto dopo la liberalizzazione del mercato energetico. A metà degli anni 90 fu chiaro che bisognava attrezzarsi per partecipare agli affari. Per poter offrire gas sul mercato, bisognava andare a cercarlo alla fonte. Servivano intermediari capaci di trattare direttamente con i produttori: in Algeria con Sonatrach, in Russia con Gazprom. In cambio di guadagni alti, ma in un ambiente non facile. Ci sono società che sono arrivate direttamente dall’estero, come l’austriaca Centrex, grande intermediatore dei combustibili di Gazprom. E altre nate «in casa», per iniziativa di qualche imprenditore intraprendente. A Brescia, sul finire del ’99 nasceva ad esempio l’italiana Electric Source. L’idea era di un gruppo di imprenditori - c’era anche Chicco Gnutti -: consorziarsi per fare gli acquisti insieme spuntando prezzi più bassi. L’idea ha avuto successo, tanto che tre anni fa è finita sotto il controllo del colosso russo Renosa, guidato da Victor Vekselberg, (il valore della società è stimato in un centinaio di milioni) e sta puntando su altre società, sempre nello stesso settore: ora sta lavorando a un progetto sul fotovoltaico in Puglia. Sempre tre anni fa Vekselberg ha acquistato personalmente per 40 milioni di euro il Grand Hotel Villa Feltrinelli, sul lago di Garda. Non c’è dubbio che il capo di un big come Renosa abbia rapporti più che buoni con il Cremlino. D’altra parte, gli affari sono affari. Per arrivare al fornitore che poi ce lo girerà al rubinetto di casa (e naturalmente in bolletta), il gas passa attraverso società di questo tipo. Gli scambi si fanno all’asta: la utility di un Comune pensa che avrà bisogno di tanto combustibile per i prossimi anni, organizza una gara per procurarselo. Il margine per gli intermediari sta nelle bizze del mercato. Il petrolio ha un andamento più o meno costante ma indipendente dalle stagioni. Inveceil gas d’estate costa meno che d’inverno, e ha prezzi più volatili. Chi partecipa all’asta di una utility gioca a vendere a prezzi alti ciò che ha comprato a prezzi bassi (come in tutti i commerci). E chi ha una platea di clienti più ampia vince. Non si ricorda tanto spesso che durante la crisi del gas Ucraino (2006, Mosca chiuse i tubi e l’Europa ebbe paura di restare al freddo), anche in Italia si avvertì penuria di gas. Non che non ce ne fosse, nei serbatoi dei grandi stoccaggi. Il problema è che quello che c’era, con l’impennata dei prezzi, lo vendevamo all’estero. Intermediare conviene, ma non sempre. E così Centrex chiude e i russi rivedono la strategia italiana.