Lettere a Sergio Romano, Corriere della Sera 12/12/2010, 12 dicembre 2010
LUCHINO VISCONTI NEL 1944 IL CARCERE E LA CINEPRESA
Il regista Luchino Visconti, durante la Seconda guerra mondiale, svolgeva un’ attività partigiana. Per questo motivo fu catturato dalla banda Koch e avrebbe corso dei grossi rischi se non ci fosse stato l’ intervento di Maria Denis, che a quel tempo aveva una relazione con Visconti, che intercedette in suo favore presso il capo della banda Pietro Koch accettando di esserne l’ amante per un breve periodo. In seguito a ciò Visconti ruppe la relazione con Maria Denis, la quale ancora oltre cinquanta anni dopo ne parlava con rimpianto e con disappunto per quella che considerava ingratitudine. Da letture diverse che rammentavano il processo che venne intentato a Koch dopo la liberazione, in base al quale egli fu giustiziato, non ho capito se la testimonianza di Visconti sia stata a carico dell’ imputato, di cui è ben nota la crudeltà, o a discarico in quanto, grazie all’ intervento di Maria Denis, Visconti aveva potuto godere di un trattamento particolarmente benevolo. Antonio Fadda antoniofadda2@virgilio.it Caro Fadda, H o parlato con persone che hanno conosciuto Visconti e, fra queste, con Caterina d’ Amico che ne ha lungamente studiato l’ opera. La storia, per grandi linee, è quella che lei ha ricordato, ma con alcune differenze importanti. Visconti non fu partigiano, nel senso corrente della parola, ma prese pubbliche posizioni antifasciste dopo il 25 luglio 1943 e cercò di attraversare le linee per passare al Sud dopo l’ 8 settembre. Quando dovette rientrare a Roma, dopo il fallimento del tentativo, fu arrestato dalla polizia speciale di Pietro Koch e rinchiuso nella pensione Jaccarino, una villetta di via Romagna dove la banda aveva il suo quartier generale. Se venne trasferito qualche giorno dopo nell’ ospedale di San Gregorio, da cui uscì con l’ arrivo degli Alleati, il merito fu probabilmente di Maria Denis, un’ attrice di origine argentina, allora ventottenne, che aveva già fatto una ventina di film con i maggiori registi dell’ epoca, da Carmine Gallone ad Alessandro Blasetti. Non credo che fosse l’ amante di Visconti, ma ne era, a quanto pare, perdutamente innamorata. E non so dirle se, per salvare l’ amico, sia divenuta l’ amante di Koch. Forse si limitò a lusingarne l’ amor proprio accettandone gli inviti e lasciandosi vedere con lui in giro per Roma. Si disse addirittura che fosse stata imprudente e che, per salvare Visconti, avesse compromesso altri antifascisti romani. Fu questa, probabilmente, la ragione per cui Visconti che di lei, certamente, non era innamorato preferì evitare la sua compagnia. Ma non fu ingrato. Quando Maria Denis, nel 1946, venne arrestata e processata per collaborazionismo, Visconti pagò l’ onorario dei suoi avvocati. Non so, caro Fadda, se e in quali termini Visconti abbia testimoniato al processo di Pietro Koch, ma dubito che le sue parole siano state favorevoli all’ imputato. È più interessante ricordare invece che il regista ha lasciato di quegli eventi una documentazione cinematografica. Fu autorizzato a riprendere con macchine da presa il processo del questore di Roma Pietro Caruso, fu il testimone cinematografico della sua esecuzione e filmò anche quella di Koch nel settembre dell’ anno successivo. Questi documenti, insieme ad altro materiale girato dalla Resistenza al Nord, furono montati da Mario Serandrei in un film intitolato «Giorni di gloria». Manca tuttavia nel film la lunga sequenza girata da Visconti di fronte al Palazzo di giustizia di Roma quando, durante il processo Caruso, la folla s’ impadronì di Donato Carretta, direttore di Regina Coeli, e lo fece letteralmente a pezzi. Carretta era stato convocato come testimone ed era noto a molti come l’ uomo che aveva favorito l’ evasione da Regina Coeli di Giuseppe Saragat e Sandro Pertini. Ma la folla aveva sete di sangue. Fu deciso che in «Giorni di gloria» quell’ episodio avrebbe stonato. Sembra che il materiale sia andato perduto.
Sergio Romano