
Il fatto del giorno
di Giorgio Dell'Arti
Alì Agca ha finito di scontare la sua pena. Ieri è uscito dal carcere di Sincan dove era prigioniero dal 2000, ha passato la visita di leva per sentirsi dire che non è abile al servizio militare (ha 52 anni, ma in Turchia questo non conta), ha poi fatto sapere di avere un mucchio di impegni, lo cercano editori, giornalisti, proprietari di televisioni, avrebbe ricevuto già tre milioni di dollari per le sue memorie (notizia smentita) o forse due per un’intervista (smentita anche qui), lo cerca anche il fratello di Emanuela Orlandi, che secondo lui è viva e sta bene. Poi: scrivere a Dan Brown, trovare una bella moglie possibilmente religiosa e italiana, fare un film sulla sua vita, eccetera eccetera.
• Non ci ha ancora spiegato perché quest’uomo è così importante.
Il 13 maggio del 1981, festa della Madonna di Fatima, sparò a papa Wojtyla in piena piazza San Pietro. Tra le cose dette all’uscita dal carcere c’è anche questa: sull’attentato ho ancora molto da dire, e lo dirò. Agca, che pretende di essersi convertito al cattolicesimo, ha poi fatto leggere dai suoi avvocati il seguente comunicato-profezia: «Articolo 1: Dio è unico fino all’eternità. Dio è completo fino all’eternità. La trinità non esiste. Articolo 2: Io non sono Dio. Io non sono figlio di Dio. Io sono Gesù eterno, cioè il sacro verbo rinato con ossa e carne. Sono il servo superiore eterno di Dio, non esiste una cosa come la trinità. Articolo 3: Lo Spirito Santo è solo un angelo creato da Dio. La trinità non esiste. Articolo 4: Dichiaro che è arrivata la fine del mondo. Tutto il mondo sarà distrutto entro questo secolo. Ogni uomo morirà entro questo secolo. Articolo 5: La Bibbia è piena di errori. Io scriverò la Bibbia perfetta».
• E’ pazzo?
Forse. Però con i soldi. Uscito di galera si è diretto verso lo Sheraton di Ankara, un hotel a cinque stelle. Tra il milione di cose uscite a proposito di quell’attentato, ce n’è anche una fatta circolare dai servizi segreti turchi: Agca avrebbe incassato nel marzo 2001 tre miliardi dalla mafia turca per uccidere il Papa. Intermediario il capo europeo dei Lupi grigi, Musa Celebi, che Agca chiamò da Maiorca in aprile per dirgli: «Ho ricevuto i soldi, parto per l’Italia». Una storia farlocca come tutte quelle che riguardano questo assassino e il suo gesto in piazza San Pietro. Il Papa lo perdonò e questo permise a Ciampi di dargli la grazia e di spedirlo in Turchia dove s’è fatto questi dieci anni per scontare la colpa di un delitto precedente.
• Come andò quel giorno in piazza San Pietro?
Ma niente, nel più semplice dei modi. Il Pontefice era entrato da pochi minuti nella piazza per l’udienza generale e si vide la mano di questo qui che sbucava sulle teste impugnando una Browning calibro 9. Due colpi. Uno finito nella pancia del Papa, l’altro a vuoto. Mentre gli saltavano addosso e lo bloccavano, Giovanni Paolo veniva portato di corsa in ospedale. Lasciamo parlare Wojtyla: «Agca sapeva come sparare, e sparò certamente per colpire. Soltanto, fu come se qualcuno avesse guidato e deviato quel proiettile. Durante il tempo di Natale del 1983 ho fatto visita all’attentatore nella prigione. Abbiamo parlato a lungo. Alì Agca, come tutti dicono, è un assassino professionista. Questo vuol dire che l’attentato non fu un’iniziativa sua, che fu qualcun altro a idearlo, che qualcun altro l’aveva a lui commissionato. Durante tutto il colloquio apparve chiaro che Alì Agca continuava a domandarsi come mai l’attentato non gli era riuscito. Aveva fatto tutto ciò che doveva, curando ogni minimo dettaglio. Tuttavia la vittima designata era sfuggita alla morte. Come poteva essere accaduto?». Il Papa pensava che fosse stato Dio a deviare il proiettile. In Memoria e identità Giovanni Paolo II racconta che i medici lo operarono convinti che non ce l’avrebbe fatta. «Praticamente ero ormai dall’altra parte».
• E il mandante?
Il mandante più logico è Mosca. Wojtyla, che era papa da appena tre anni, minacciava di demolire il sistema sovietico grazie ai suoi rapporti con Solidarnosc e all’enorme influenza che esercitava nel mondo. Prove però non ce ne sono. Non ce ne sono neanche relativamente ai servizi bulgari (un’altra pista) né alla mafia turca. Non ci sono prove neanche di una connessione con il caso di Emanuela Orlandi.
• E allora?
L’attentato non fu poi così professionale come si pretende. Guardi com’è andata al killer di Benazir Bhutto, un professionista vero. Forse Agca era (è) un mitomane pazzo e basta. Forse dietro di lui non c’era nessuno. [Giorgio Dell’Arti, Gazzetta dello Sport 19/1/2010]
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